San Michele Arcangelo in Perugia, tempio cosmico

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Un poggio si erge a ridosso delle mura cittadine, e su di esso un edificio sacro che riflette, come fosse a esso speculare, l’armonia del cosmo. La chiesa di San Michele Arcangelo in Perugia è circolare, simbolo della perfezione di tutto il creato, ma anche immagine e anticipazione della Gerusalemme celeste. V’è un significato escatologico nelle ricercate simbologie, nel ripetersi delle forme e nelle simmetrie eleganti: l’edificio racchiude in sé i principi fondamentali dell’universo, esso è vero tempio alla maniera cristiana. Il cerchio, il quadrato e la croce sono i presupposti architettonici per elevare lo spazio alla dimensione del sacro, per condurre verso il cielo la Chiesa pellegrina in terra.

Architettura e simbologia

Le origini del Tempio di San Michele, presso il Borgo di Sant’Angelo in Perugia, sono da collocare intorno al VI-VII secolo, sebbene non sia chiaro se debba essere ascritto a maestranze bizantine1 o longobarde2. In ogni caso, l’edificio si sviluppò sulla base di una preesistente struttura paleocristiana, la quale aveva inglobato molti elementi romani di reimpiego, e non pagana come vuole invece la tradizione del luogo3.

La pianta del Tempio di San Michele Arcangelo in Perugia

L’architettura della chiesa altomedioevale prevedeva una pianta centrale, a croce greca, con quattro cappelle radiali orientate in direzione dei punti cardinali. Sebbene questi vani siano andati in parte perduti – oggi se ne conservano soltanto due – può ancora esserne intuita l’originale spazialità. A essi si accedeva dall’interno della chiesa, attraverso ampie aperture a tre archi, detti triforia, oppure direttamente dall’esterno. Faceva eccezione il vano orientale, l’unico di forma non rettangolare. Uno degli ingressi, posto a sud, corrisponde oggi al portale marmoreo che fu realizzato in stile gotico nel XIV secolo. È logico ipotizzare che le cappelle accessibili dall’esterno potessero fungere da matronei4, mantenendo separati uomini e donne durante la liturgia, mentre a est vi fosse il presbiterio.

Il peristilio

A differenza delle cappelle radiali, il peristilio circolare che separa il vano interno della chiesa dall’ambulacro, più periferico, è giunto intatto sino a noi. Esso si compone di sedici colonne disposte a coppie5, come si evince dai sostegni di base e dalle arcate superiori. Sono in granito grigio le coppie orientate verso i punti cardinali (eccetto a ovest) in asse con le cappelle, mentre le altre sono costituite di marmi policromi. Tale disposizione geometrica riconduce alla simbologia del numero otto, immagine del tempo di Cristo che non finisce; dopo che Dio creò il mondo in sette giorni, giunse l’ottavo, il dì della vita eterna.

Le colonne sono certamente di reimpiego: è stato ipotizzato che possano risalire addirittura al II secolo6. In corrispondenza delle coppie poste a nord e sud, i capitelli corinzi recano le incisioni di otto epigrafi in lettere greche. I solchi ottenuti sono stati poi ripassati con vernice nera. Tali incisioni rappresentano un mistero giacché non è mai stato chiarito cosa volessero indicare. Sette delle epigrafi contengono tre lettere, mentre su un solo capitello è incisa la lettera eta (H). Sono state proposte varie teorie per spiegare le incisioni greche del Tempio di Sant’Angelo. Si tratta dei nomi degli scalpellini che realizzarono i capitelli7? O forse appartenevano a un’antica sepoltura8?

Un’ipotesi plausibile è che le incisioni siano dei veri e propri cristogrammi dal significato escatologico, scritti attraverso i caratteri greci nel VII secolo9.

La simbologia della luce

Le colonne del peristilio, con capitelli corinzi e pulvini, sono interconnesse per mezzo d’archi a tutto sesto. Esse sorreggono il tamburo centrale che, elevandosi rispetto al livello dall’ambulacro, ospita dodici monofore ad arco. Non essendovi la presenza di un rosone, tali finestre rappresentano l’unica fonte di luce, la quale penetra nell’edificio in maniera uniforme e soffusa, dall’alto verso il basso.

Ciò fa sì che il vano centrale, dove si trova l’altare, sia ammantato dai raggi del sole, mentre resti in ombra tutto il resto. La luce, immagine della Trinità, illumina le tenebre del mondo attraverso il sacrificio eucaristico. Così la spoglia mensa, costituita dalla pietra di un sepolcro di età romana e una sezione di colonna, trasmuta simbolicamente dalla morte alla resurrezione. La disposizione delle monofore, orientate secondo i quattro punti cardinali in corrispondenza dei sottostanti triforia, risponde a una precisa scelta simbolica. Il numero dodici nell’esegesi cristiana è associato alla totalità delle cose: dodici sono le tribù di Israele, dodici gli apostoli, ma soprattutto dodici sono le porte della Gerusalemme celeste.

V’è dunque un messaggio escatologico nei due corpi circolari e sovrapposti della chiesa di Sant’Angelo in Perugia; essa tende prospetticamente verso l’alto, predispone cioè a una metafisica ascensione dell’anima. Il pavimento in cotto mima la condizione della morte e delle tenebre. Sul piano di calpestio, infatti, si osservano numerose lapidi con gli stemmi delle corporazioni artigiane perugine. Ma elevando lo sguardo ci si accorge che il soffitto a travi converge verso l’alto, eleva simbolicamente lo spirito in direzione del tamburo e delle sue dodici monofore. Ivi penetra la luce, che con potenza ingenera il diradarsi delle ombre, metafora della risurrezione.

Un tempio cosmico

Le scelte architettoniche che contraddistinguono l’edificio di San Michele Arcangelo riflettono l’archetipo di un tempio cosmico. Esso racchiude in sé l’immagine del creato, riassume i principi strutturali e fondamentali dell’universo: la chiesa fu realizzata in accordo a precisi criteri geometrici a essi corrispondenti.

Il cerchio

La figura del cerchio, che si ripete nell’alzato a livello del corpo centrale e del tiburio, rappresenta la perfezione del creato nella sua totalità. Si credeva, a quel tempo, che l’universo fosse una grande sfera al cui centro era collocata la terra10 e quindi l’uomo, creatura a immagine e somiglianza di Dio. Presso il centro strutturale del Tempio di San Michele si trova la mensa eucaristica: è qui che si realizza il disegno di salvezza per l’umanità attraverso l’opera sacramentale di Cristo.

La croce

La liturgia e l’architettura sono quindi un tutt’uno inscindibile, costituiscono tra loro una relazione funzionale e simbolica che eleva lo spirito alla dimensione del sacro. La chiesa perugina è templum del corpo mistico di Cristo, le sue fondamenta sono rappresentate dalla croce in senso architettonico – le cappelle radiali in origine formavano una croce greca in pianta – e parimenti metaforico. Come la Gerusalemme celeste ospita l’assemblea dei santi al cospetto di Dio, così la chiesa di Perugia, di quella profetico riflesso, accoglie l’ecclesia sulla terra. L’opera salvifica del Cristo è per tutta l’umanità, e questa totalità è costantemente richiamata, come visto, negli elementi costitutivi dell’edificio: il simbolismo dell’otto nelle colonne presso il peristilio, e il ricorrere del numero dodici delle monofore. È Giovanni, nel Libro dell’Apocalisse, a definire l’archetipo sacro cui si ispirarono i suoi costruttori:

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

Apocalisse 21, 10-14

Il quadrato

La chiesa perugina è orientata secondo i quattro punti cardinali, altro principio universale attraverso cui, nel Medioevo, i mastri costruttori definivano l’architettura del tempio cristiano. Il quadrato stabiliva la disposizione armonica della materia nello spazio. Quattro sono i punti cardinali, le stagioni e parimenti gli elementi che costituiscono il mondo sensibile: acqua, fuoco, terra, aria.

È attraverso di essi che si sviluppa la liturgia, poiché segni tangibili della creazione e quindi intimamente costitutivi del tempio cosmico. L’acqua è fonte da cui si origina la vita, e così la rinascita del cristiano nel battesimo; il fuoco è la luce che rischiara le tenebre, come nel cero pasquale rappresenta l’eucarestia e la resurrezione di Cristo; la terra è simbolo penitenziale: “Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai”11; Dio aveva infatti creato l’uomo dalla “polvere della terra”, quindi “gli soffiò nelle narici un soffio di vita” (ruah), affinché divenisse un essere vivente12.

La chiesa di San Michele Arcangelo in Perugia tra microcosmo e macrocosmo

Diverse decine d’anni dopo, nel Rinascimento, questa analogia tra la chiesa-tempio e il creato poteva essere espressa nei termini della relazione tra microcosmo e macrocosmo. L’edificio perugino era dunque una parte del tutto, ma allo stesso tempo riassumeva in sé i principi dell’universo. In ambito ermetico si esprimeva ciò attraverso il simbolo del pentacolo13: ai quatto elementi naturali, costitutivi del cosmo, si aggiungeva quello spirituale. Ora, non è possibile accertare se si tratti di un caso, ma nel Tempio di Sant’Angelo, non lontano dall’ingresso, si mostra in bella vista un pentacolo inciso su una lastra pavimentale.

La dedicazione a San Michele Arcangelo

All’atto della sua fondazione, il Tempio di Sant’Angelo sorgeva fuori le mura della città di Perugia, in posizione a essa dominante. Fungeva, pertanto, da spazio sacrale alto, luogo d’incontro privilegiato con il divino in cui si realizzava un’intermediazione tra la terra e il cielo.

Tale compito era demandato a Michele Arcangelo e, alla luce di quanto sinora esposto, ben si comprende il perché. Michele è innanzitutto il comandante delle milizie angeliche (ἀϱχάγγελοϚ), ossia è principe della Gerusalemme celeste14. Egli è il garante dell’ordine cosmico, e in quanto tale è colui che soffoca la ribellione di Lucifero e lo confina negli inferi, fuori dal creato divino. L’Arcangelo rappresenta quindi l’archetipo del guerriero giusto che combatte secondo la somma volontà di Dio. Nel VII secolo, egli veniva invocato sia dai Bizantini che dai Longobardi, da quest’ultimi in particolare come difensore del Regnum Langobardorum. Michele, con il suo Tempio, si ergeva a ridosso delle mura affinché potesse proteggere i perugini ed essere invocato al bisogno.

Il Tempio di San Michele in Perugia e i Cavalieri Templari

La chiesa di San Michele Arcangelo di Perugia tradisce l’influenza di maestranze orientali e bizantine; numerosi sono gli elementi stilistici che la accomunano alla Basilica di San Vitale a Ravenna, o all’anastasis del complesso bolognese di Santo Stefano. Verosimilmente, chi costruì l’edificio intendeva imitare l’architettura del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Quando i Templari si insediarono a Perugia – la loro presenza è ben attestata presso la chiesa San Bevignate – di certo non poterono rimanere indifferenti a quelle architetture. Il Tempio di Sant’Angelo evocava i luoghi santi gerusalemiti, la cui custodia era stata affidata proprio all’Ordine cavalleresco di Hugues de Payns. Troviamo traccia del passaggio dei Templari in alcuni elementi secondari, indizi labili ma rivelatori, incerte eredità che persistono nella memoria dei posteri anche dopo la loro dissoluzione (1312-1314), come una croce patente rossa su di un affresco quattro-cinquecentesco della Madonna delle Grazie.

Samuele Corrente Naso

Note

  1. D. Scortecci, Riflessioni sulla cronologia del tempio perugino di San Michele Arcangelo, in RACrist, LXVII, 1991. ↩︎
  2. P. Castellani, Un’ipotesi di lettura longobarda per la chiesa di S. Michele Arcangelo a Perugia, Arte medievale 10 (1), 1996.. ↩︎
  3. D. Viviani, Tempio di S. Angelo in Perugia. Studio di ripristino, Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria XVI, 1911. ↩︎
  4. Ibidem. ↩︎
  5. P. Belardi, La chiesa di S. Michele Arcangelo a Perugia, in Rotonde d’Italia. Analisi tipologica della pianta centrale, a cura di V. Volta, Milano, Jaca Book, 2008. ↩︎
  6. L. Cenciaioli, I capitelli romani di Perugia, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia, 1977/78. ↩︎
  7. B. Orsini, Dissertazione sull’antico Tempio di Sant’Angelo, 1792. ↩︎
  8. G. B. Vermiglioli, Antiche iscrizioni perugine. Raccolte dichiarate e pubblicate, volume secondo, Perugia, Tipografia Baduel, 1834. ↩︎
  9. A. Bazzoli, Vera deum facies. A proposito delle iscrizioni greche del Tempio di Sant’Angelo in Perugia, Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, 2012. ↩︎
  10. E. Grant, La scienza bizantina e latina: la nascita di una scienza europea. La cosmologia. In Enciclopedia Treccani – Storia della Scienza, 2001. ↩︎
  11. Libro della Genesi 3, 19. ↩︎
  12. Libro della Genesi 2, 7. ↩︎
  13. Heinrich Cornelius Agrippa, Three Books of Occult Philosophy, Book 3, 1533. ↩︎
  14. Lettera di Giuda 9. ↩︎

Autore

Samuele

Samuele è il fondatore di Indagini e Misteri, blog di antropologia, storia e arte. È laureato in biologia forense e lavora per il Ministero della Cultura. Per diletto studia cose insolite e vetuste, come incerti simbolismi o enigmatici riti apotropaici. Insegue il mistero attraverso l’avventura ma quello, inspiegabilmente, è sempre un passo più in là.

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