Nelle città comunali italiane, alla metà del Duecento, il numero e l’altezza delle torri rappresentavano un buon indicatore della ricchezza del luogo. Difatti, sebbene siamo abituati a pensare a tali costruzioni come mere strutture difensive castellari, esse divennero da un certo momento appannaggio delle famiglie nobiliari. Venne concepita in sostanza la casa-torre, tipologia abitativa esclusiva delle famiglie più facoltose. Le case-torri venivano erette all’interno del centro cittadino e avevano la funzione di rendere manifesta la potenza e la ricchezza dei suoi proprietari. Più la costruzione s’innalzava verso il cielo e più svettava il blasone di un certo casato nobiliare. E poiché in un borgo c’erano molte famiglie aristocratiche, talvolta ciò si traduceva in una vera e propria competizione per la torre più alta, tanto che non di rado i comuni dovevano deliberare dei limiti.
Nel corso dei secoli successivi molti dei tessuti urbani dei borghi italiani medioevali hanno subito profondi cambiamenti. Delle case-torri che ornavano i centri cittadini sopravvive solo un numero esiguo, confinato in quei centri che il tempo, i terremoti, le guerre e le ricostruzioni non sono riusciti a scalfire. Tra questi ve n’è uno in particolare, San Gimignano in Toscana, che restituisce ancor oggi uno spaccato molto verosimile di come dovesse apparire una città del Medioevo.
Il borgo sulla Via Francigena
L’arcivescovo di Canterbury Sigerico, dopo essersi recato a Roma in pellegrinaggio, annotò sul suo diario di viaggio i 79 luoghi presso i quali aveva ottenuto ospitalità1. Così, nel 990 egli ci lasciò una vivida istantanea di quel tracciato chiamato via Romea o Francigena che permetteva di giungere sulla tomba di Pietro2. Da qui molti proseguivano poi fino in Puglia e si s’imbarcavano alla volta di Gerusalemme.
Tra le mansioni di cui Sigerico tenne traccia lungo il cammino, ve n’era una chiamata Sce Gemiane, collocata in corrispondenza di un rilievo noto come Monte della Torre. Su tale collina, posta a guardia della via e degli ameni paesaggi della Val d’Elsa, sorgeva una fortificazione appartenente al vescovo di Volterra, Adalardo, come attesta una donazione del re d’Italia Ugo di Provenza nel 9293. Il documento riferisce che il castello fosse “prope Sancto Geminiano adiacente“: poco a valle sorgeva infatti il borgo, di cui abbiamo menzione nel 9494. A quel tempo, l’abitato di San Gimignano era circondato da una prima cinta muraria fortificata con tre porte d’ingresso principali 5.
La nascita del libero comune
Giacché San Gimignano era collocata lungo la Francigena, ebbe modo di sfruttare le opportunità di commercio che la via permetteva. Le terre ubertose, le vallate tutt’intorno al borgo, erano impiegate per la produzione di prodotti agricoli molto richiesti dai mercanti, come lo zafferano. Non tardò pertanto a raggiungere una notevole ricchezza, che alla metà del dodicesimo secolo permise al borgo di affrancarsi dal vescovado volterraneo. Con la nomina di quattro consoli locali, infatti, nel 1147 San Gimignano assumeva il pieno controllo del suo territorio6. Appena l’anno successivo veniva consacrato il Duomo cittadino, la Collegiata Santa Maria Assunta, con la dicitura rivelatrice di “Pieve del Popolo“, alla presenza di papa Eugenio III7. Era questa di fatto la nascita del libero Comune, che vedeva tuttavia l’elezione del primo podestà nel 1199.
San Gimignano visse quindi un periodo di rapida espansione che vide lo sviluppo delle due frazioni di San Giovanni e San Matteo fuori le mura cittadine. Si dovette quindi pensare a un ampliamento della primitiva cinta del X secolo. Nello Statuto del 1255 troviamo riscontro di come già da diversi decenni si lavorasse a un nuovo disegno urbanistico che comprendeva una nuova fortificazione perimetrale8. Nel 1239 iniziarono i lavori per la ricostruzione del vecchio Palazzo del Podestà nelle attuali forme.
Guelfi e ghibellini
Ciò nondimeno, tale volontà dovette fare i conti con i conflitti interni tra le famiglie del borgo. Storicamente il governo di San Gimignano fu guidato dalla fazione ghibellina, sovente allineato alla politica della vicina Siena per contrastare Firenze. Ma all’inizio del secolo XIII abbiamo notizia di tumulti che spinsero i ghibellini, capeggiati dalla famiglia degli Ardinghelli, ad assalire le abitazioni dei guelfi Salvucci. Tale discordia si protrasse per decenni finché la città non finì sotto assedio da parte di Firenze, ch’era stata da quegli chiamata in soccorso. I nemici abbatterono le mura da poco edificate e ci volle il 1261, un anno dopo la vittoria dei senesi a Montaperti, prima che esse potessero essere ricostruite9. Il nuovo tracciato, che inglobò anche il Monte della Torre e l’altura di Montestaffoli, è quello che possiamo osservare ancor oggi.
San Gimignano e le sue torri
La fiorente economia di San Gimignano, dovuta alla prossimità della via Francigena e dei suoi commerci, arricchì la nobiltà locale, la quale manifestò il proprio potere sociale per mezzo dell’edificazione di imponenti case-torri. Delle originarie settantadue costruzioni turrite di San Gimignano oggi ne sopravvivono quattordici, un numero comunque considerevole.
La Torre Rognosa e il divieto del Podestà
Tra queste bisogna citare la Torre Rognosa, che si eleva dal Palazzo vecchio del Podestà con i suoi cinquantadue metri d’altezza. La struttura, eretta intorno al 1200 circa, deve il nome all’uso carcerario cui venne adibita dopo l’edificazione del nuovo palazzo cittadino. La Torre Rognosa fu a lungo la più elevata del borgo poiché il Podestà, per limitare la competizione tra le famiglie nobiliari, nel 1255 impose che la sua altezza non dovesse essere superata10. Sebbene a fatica, il divieto venne fatto rispettare per le due torri dei Salvucci, datate in quegli anni, e per quelle degli Ardinghelli in Piazza della Cisterna, anche ordinando la demolizione dei metri eccedenti la soglia legale.
In ogni caso, già intorno al 1300 la questione non doveva essere più così rilevante. Lo stesso Podestà faceva erigere i cinquantaquattro metri della Torre Grossa. La costruzione si trova oggi affiancata al Palazzo nuovo, già Palazzo del Popolo, in piazza Duomo. Torre Grossa è caratterizzata alla base da un corridoio con volta a botte e archetti pensili che sorreggono un parapetto sommitale.
Le altre torri di San Gimignano
Ancora su piazza Duomo si affaccia l’elegante prospetto della Torre Chigi, che presenta una porzione inferiore rivestita in pietra e una superiore in laterizio. A ridosso dell’Arco dei Becci, porta meridionale della cinta muraria del X secolo, sorgono la Torre dei Becci, la Torre dei Cugnanesi e quella dei Campitelli. Si fa menzione, inoltre, delle torri di Palazzo Pellari, Pettini e Ficarelli. Sulla Torre del Diavolo in Piazza della Cisterna, invece, esiste una curiosa leggenda. Si narra che il proprietario, di ritorno da un lungo viaggio, la trovò più alta di quanto fosse al momento della partenza; attribuì tale artificio a un intervento del maligno. A pian terreno la Torre si apre attraverso un doppio portale; un tempo tale passaggio consentiva l’accesso alla via degli orafi. In cima, invece, una serie di mensole suggeriscono che vi fosse un ballatoio ligneo.
La chiesa di San Francesco e gli ordini cavallereschi a San Gimignano
Le torri dominano il centro urbano di San Gimignano, catturano l’attenzione del visitatore che volge lo sguardo all’insù. Ma tra le mura del borgo altri tesori si nascondono: sono quelli della storia e della simbologia. Camminando lungo via San Giovanni capita così di imbattersi nella facciata di una chiesa, ma che chiesa non è più. San Francesco, costruzione di culto del XIII secolo e spedale degli Ospitalieri di San Giovanni, fu infatti acquistata da un privato nel 1787 e demolita. Se ne lasciò intatto il solo prospetto11.
La chiesa di San Francesco a San Gimignano
La chiesa era costituita da un’unica aula rettangolare, non absidata, coperta da travatura lignea. Dell’originale facciata romanica, d’ispirazione pisana, sopravvive solo la porzione inferiore rivestita da blocchi in travertino; il paramento è intervallato da due fasce di gabbro. Il prospetto è scandito in cinque arcate cieche da colonnine con capitello. A livello dell’arco centrale trova posto il portale d’ingresso, non privo di simbologia. Uno dei conci d’imposta dell’archivolto reca scolpito un capo d’ariete: come l’animale offerto dal Signore in luogo di Isacco, così Cristo si sacrifica per l’umanità intera. È interessante notare come l’ariete sia anche la prima costellazione dello Zodiaco; il segno introduce alla primavera e in senso figurato alla rinascita del cosmo.
L’arco dell’intradosso è invece bordato da una corda, il cui significato viene richiamato dai nodi posti a livello della cornice marcapiano, ormai sulla sommità del prospetto. Il motivo simbolico vuole alludere al legame tra Dio e l’uomo, Dio che fornisce grazia e protezione dai perigli del viaggio ai pellegrini in transito sulla via Francigena. Accanto ai nodi, sui conci affiancati, si rivelano simboli dal significato cristologico: alcuni fiori a cinque petali e la vesica piscis. Al centro della lunetta del portale di San Francesco appare in bella vista la croce degli Ospitalieri di San Giovanni, oggi Cavalieri di Malta.
San Jacopo al Tempio
Non si trattava dell’unico ordine monastico-cavalleresco presente a San Gimignano nel Medioevo. La chiesa di San Jacopo al Tempio, edificata in prossimità dell’omonima porta cittadina, apparteneva infatti ai Cavalieri Templari.
I Templari dovettero ivi stabilire una magione a partire dagli inizi del secolo XIII, con l’intenzione di assistere i pellegrini che transitavano lungo la Francigena. Di essa possediamo una prima attestazione in un documento datato al luglio 122112, che riferisce della presenza di un hospitale de Templo. Nulla più resta in San Gimignano di quell’Ordine che venne tragicamente dissolto nel 1312, se non una croce patente sull’architrave di San Jacopo, indizio di un passato glorioso e perduto.
Samuele Corrente Naso
Note
- Itinerario di Sigerico, British Library di Londra, catalogato come MS Cotton Tiberius B. V, ff. 23v – 24r. ↩︎
- Nell’Actum Clusio dell’876, conservato presso l’Abbazia di San Salvatore, compare per la prima volta la dicitura “via Francigena”. ↩︎
- Regestum Volaterranum, 20, Pavia, 30 Agosto 929 in F. Schneider, Regestum Volaterranum, Roma, 1907. ↩︎
- Regestum Volaterranum, 30, Volterra, Settembre 949: “[…] et res pertinentes plebe ecclesia S. Johanni prope burgo Sancti Geminiani in Marciniano”. ↩︎
- R. Razzi, San Gimignano e le sue mura, San Gimignano, 2020. ↩︎
- E. Fiumi, San Gimignano, Olschki, Firenze, 1961. ↩︎
- L. Pecori, Storia di San Gimignano, Firenze, 1853. ↩︎
- S. Diacciati, L. Tanzini, Lo statuto di San Gimignano del 1255, Firenze, Olschki, 2016. ↩︎
- Ibidem nota 6. ↩︎
- Ibidem nota 8. ↩︎
- R. Stopani, Chiese medievali della Valdelsa. I territori della via Francigena tra Siena e San Gimignano, Empoli, Editori dell’Acero, 1996. ↩︎
- Ibidem. ↩︎