Alle pendici del Parnaso, luogo sacro e impervio come solo le dimore degli dei potevano essere, sorgeva il Santuario di Apollo, la casa dell’Oracolo di Delfi. Si diceva che la montagna ospitasse le nove Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine, dea della memoria. Qui i poeti dell’antichità cercarono ispirazione e conoscenza bevendo alla fonte Castalia, situata in una gola del Monte tra i due speroni rocciosi delle Fedriadi1. Triste è la storia della ninfa Castalia che si era trasformata in una sorgente per fuggire all’amore di Apollo2, e ora giaceva circondata da un bosco di allori3. Il dio aveva consacrato la fonte alle Muse, di cui era sommo protettore, e le sue acque cristalline erano impiegate dai fedeli per le abluzioni prima di giungere al Tempio di Delfi.
Un sentiero accarezzava le pendici delle nobili Fedriadi. Sull’una si trovavano le cave di Marmarià e il santuario di Atena Pronaia, ricolmo di templi memorabili. Sull’altra ecco adagiarsi il temenos di Apollo, circondato da un peribolo di pietra, luogo sacro ove un potere indescrivibile era invocato da coloro ch’erano in cerca di risposte. L’Oracolo di Delfi! Quale profezia giungerà dalle viscere della terra, quale dalla bocca inebriata della Pizia? Somma sacerdotessa, i suoi vaticini risuonavano in tutta la Grecia e non v’era uomo illustre che non la interpellasse innanzi a una decisione difficile. Si diceva che ella parlasse per bocca di Apollo, le sue parole sibilline rivelavano i cuori. La Pizia affermava né sì, né no; consigli enigmatici in versi eleganti, poche frasi che andavano scrutate, soppesate, tenendo a bada i desideri dell’animo. Il rischio era di interpretarle secondo il proprio convincimento, un errore che il Fato non avrebbe perdonato.

La via sacra per l’Oracolo di Delfi
Il Santuario di Apollo era frequentato da molte genti, soprattutto nei nove giorni dell’anno in cui l’Oracolo si pronunciava4. Con mistico sentore si giungeva alla porta d’accesso principale; il sentiero imboccava la via sacra, che s’inerpicava sulle pendici della Fedriade occidentale. Lungo il cammino si ammiravano statue, altari votivi e thesauroi, piccoli edifici eretti come ex voto dalle città elleniche sin dai tempi arcaici usati per raccogliere le offerte. Così il fedele alzava gli occhi verso il Toro di Corcira, il Carro di Rodi, la colonna dei Nassi con la sfinge, i tesori di Sicione, dei Beoti, dei Sifni, degli Cnidi, quelli di Corinto, Tebe e Megara, tra gli altri.

Le polis della Grecia gareggiavano a chi edificasse a Delfi il monumento più bello, voluta ostentazione di ricchezza e di potere. Atene aveva eretto un elegante thesauros all’indomani della Battaglia di Maratona contro i Persiani (490 a.C.). Il minuto edificio sorse in stile dorico, distilo in antis, in marmo pario, ricalcando l’architettura templare di quell’epoca. Le metope sulla trabeazione celebravano la vittoria degli Ateniesi attraverso un parallelismo tra le gesta di Eracle e Teseo, il mitico fondatore della città attica.
La via sacra si adagiava su una rampa naturale del terreno. Dopo un ampio gomito proseguiva nel percorso ascensionale verso il Tempio di Apollo, vetta sacra e punto focale di tutto il complesso, ove si compiva il miracolo della profezia. Si oltrepassava quindi il Bouleuterion, sede delle riunioni cittadine, di forma rettangolare, edificato nel VI secolo a.C.

Il primo Oracolo di Delfi secondo il mito
Il cammino conduceva a un’area antica posta ai piedi dell’edificio della Sibilla. Qui, lungo il lato sud della scenografica terrazza del Tempio, si trovavano alcune rocce. Si narrava che tra questi massi aveva avuto origine l’Oracolo di Delfi. Il sacro si era manifestato sin dalla notte dei tempi con alcuni segni divini, ierofanie oscure e piene di mistero: un gorgoglio arcano proveniva da una fessurazione della roccia, fumi e vapori esalavano dal profondo della terra. Pare che le pecore venissero attratte dalla voragine e i pastori che vi si avvicinavano ottenessero il dono della profezia5. Perciò nella Grecia arcaica e classica si credeva che in ere remote, nell’età Micenea degli eroi omerici, ivi si adorasse la dea della Terra Gaia, signora che possedeva l’Oracolo6. Esso apparteneva così al tempo di prima, momento sospeso nel mito antecedente alla nascita di tutti gli dei7.
“Dunque per primo fu Chaos, e poi Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti gli immortali che tengono la vetta nevosa d’Olimpo”
Esiodo, Teogonia, VII secolo a.C., traduzione di G. Arrighetti
La dea Gaia e l’Omphalos
A Delfi il sito dell’Oracolo addirittura sarebbe stato la personificazione stessa della dea Gaia. Si narrava che la fessura tra le rocce fosse la bocca della divinità, fonte di segreti responsi e conoscenza che originava dalla terra stessa, le due Fedriadi i suoi seni. E d’altronde il nome del luogo, Delphòi, condivideva la radice etimologica di delphýs, utero. L’ombelico della Madre, l’omphalòs, era costituito da un sacro betilo di pietra che nella tradizione divenne il centro del mondo. Secondo una tarda leggenda, Zeus aveva fatto volare due aquile, l’una da Oriente e l’altra da Occidente, che si incrociarono a Delfi. In quel luogo il dio lanciò una pietra dal cielo per indicare il centro della terra.

Ancora si diceva che l’Oracolo sarebbe stato condiviso con il dio Poseidone, che oggi associamo ai mari e agli oceani ma in principio egli era signore ctonio degli inferi, di cui le acque erano potente simbolo8.
L’Oracolo di Apollo
Come Apollo giunse a Delfi? Come il dio si impossessò dell’Oracolo, sì che un grandioso tempio venisse eretto in suo onore? Il mito è oscuro, confuso e contraddittorio. Secondo alcuni Apollo, sopraggiungendo dal nord, sconfisse un enorme drago che Gaia aveva posto a guardia dell’Omphalos, un serpente primordiale chiamato Python9. Così fu che il dio si appropriò con la forza dell’Oracolo, immagine dell’affermazione di un nuovo culto a Delfi, nelle fonti letterarie chiamata Pito. Tale racconto, presente in Euripide10, è infatti il riflesso dei cambiamenti nella cultura e nella religiosità della Grecia a partire dall’VIII secolo a.C., che presero le mosse, reinterpretando la realtà, da un vissuto lontano e leggendario. L’uccisione del drago Python segna in tal modo la costituzione di un nuovo ordine cosmogonico.

A quel tempo l’Oracolo di Apollo appare nei racconti più famosi: nell’Iliade è Achille a citare le ricchezze che “racchiude al suo interno la soglia marmorea di Febo Apollo, l’arciere, nella Pito rocciosa” in un discorso contro Agamennone11; nell’Odissea il re degli Achei aveva ricevuto una profezia dalla Sibilla di “Pito divina”, la prima attestata dalle fonti letterarie12.
Altri racconti mitici
Secondo altre versioni del mito, come in Eschilo13, Apollo ricevette in dono il Santuario da Gaia, Temi e Febe. L’Inno omerico ad Apollo narra che il dio fosse in cerca di un luogo dove fondare un oracolo e scelse la città di Crisa, “sotto gli anfratti del Parnaso”14. Qui egli uccise una dragonessa portatrice di peste e flagelli, figurazione del serpente Python – il nome deriva infatti dal verbo pythō, ossia imputridire dopo la morte – e fondò un santuario. Nelle vesti di un delfino, Apollo condusse al suo tempio alcuni sacerdoti ch’erano su una nave salpata da Creta. Perciò la città sarebbe divenuta Delphòi, Delfi.
“Con impeto veloce di qui ti lanciasti alle vette, e pervenisti, sotto le nevi del monte Parnaso, a Crisa, che, battuta da Zefiro, sembra uno stinco. Sopra le incombe una roccia, la cinge una valle profonda, tutta aspra; e quivi Apollo, Signore dell’arco, decise d’edificare il suo tempio gradito”.
Inni omerici, 3, Ad Apollo Pizio
Il potere politico dell’Oracolo di Delfi
Con l’avvento di Apollo tutti gli elementi mantici e naturalistici dell’Oracolo confluirono nella figura enigmatica della Pizia, giovane e vergine in onore del dio. La profetessa era scelta di volta in volta tra le donne di Delfi e, per un certo periodo, per far fronte alle crescenti richieste di divinazioni, si ebbero tre Pizie in contemporanea. Il Santuario apollineo, infatti, fu uno dei luoghi di culto più importanti e frequentati di tutta la Grecia, divenne Panellenico, appartenne ai Greci di tutte le Polis.
Vi fu un tempo in cui le parole della Pizia avevano il potere di indirizzare le sorti di interi regni. Così era stato quando Creso, re della Lidia aveva interpellato la sibilla per sapere se avrebbe vinto contro i Persiani. L’Oracolo aveva sentenziato: “Se Creso supera l’Halys, distruggerà un grande regno”. Creduta la profezia a suo vantaggio, il re della Lidia mosse guerra fiducioso. Ma ad essere distrutto fu il suo regno! Le parole della sibilla, ambigue e metaforiche, non andavano mai prese troppo alla lettera, erano piuttosto un segno spirituale da interpretare con la mente aperta.
“Il signore, di cui è l’oracolo che si trova a Delfi, né dice, né nasconde, ma dà segni”.
Eraclito, frammento 9315.

L’Anfizionia e le guerre sacre
Il potere sociale dell’Oracolo non fu esente da tentativi di influenza politica, finanche da vicende militari. Per vigilare sull’imparzialità dei responsi sibillini, nel VI secolo a.C. venne fondata una lega sacrale tra dodici tribù, chiamata Anfizionia pilaico-delfica16, che aveva giurisdizione anche sul Tempio di Demetra presso le Termopili. Ben presto tale confederazione assunse carattere militare, oltre che religioso.

Così volse le truppe contro la città di Cirra, che aveva imposto dei dazi ai fedeli diretti a Delfi, nella prima guerra sacra (595–582 a.C.). Dopo questi eventi presso il Santuario di Apollo ogni quattro anni si celebrarono i Giochi pitici, competizioni antesignane delle Olimpiadi in cui a gareggiare v’erano atleti, poeti e musici. La seconda guerra sacra fu causata dai tentativi dei Focesi di prendere il controllo di Delfi (458 a.C.), cui si opposero gli Spartani. Ancora i conflitti con i Focesi causarono lo scoppio di una terza (356-346 a.C.) e di una quarta (339–338 a.C.) guerra sacra; la neutralità dell’Oracolo di Delfi venne salvaguardata dall’intervento militare del macedone Filippo II, padre di Alessandro Magno.
Il Tempio di Apollo
La via sacra raggiungeva il suo culmine innanzi alle colonne del Tempio, maestose e lucenti quali si addicevano alla casa del dio del sole. S’innalzavano, doriche, e mantenevano l’edificio come Atlante il mondo. Il Tempio di Apollo, esastilo periptero, mostrava nel pronao le frasi che la tradizione attribuiva ai Sette Savi del periodo arcaico: “conosci te stesso”, donde il famoso insegnamento socratico; “nulla sia in eccesso”; “la certezza porta rovina”; “impegnati e il male ti sarà vicino”17. Tali motti, che rammentavano all’uomo la distanza dalla divinità, appartenevano all’ultima ricostruzione dell’edificio apollineo. Il fuoco distrusse il Tempio più antico, eretto dai leggendari architetti Trofonio e Agamede nel 548 a.C. Gli Alcmeonidi di Atene ne finanziarono la ricostruzione, ma anche questa struttura venerabile andò perduta durante il terremoto del 373 a.C. Venne edificato l’ultimo Tempio dopo quel giorno terribile, in cui pareva che l’ira degli dei si fosse abbattuta su Delfi.

La Pizia, sacerdotessa dell’Oracolo di Delfi
La Pizia non riceveva chiunque si recasse al suo cospetto, ma soltanto i meritevoli, coloro che erano graditi ad Apollo. Il fedele che voleva un responso oracolare doveva rispettare delle rigide norme. Bisognava innanzitutto essere accompagnati da un cittadino garante di Delfi, oppure aver ricevuto la promanzia (promanteia) che dava diritto a consultare la Pizia senza intermediari. Si pagava un tributo (pélanos) ed era poi necessario sottoporsi a delle prove mantiche, così da accertarsi che Apollo fosse disposto a rispondere. Su un altare esterno veniva officiato un sacrificio cruento su un animale (próthysis), in genere una capra. Prima di essere uccisa, però, la bestia veniva aspersa con acqua fredda: se tremava era questo il segno di buon auspicio e il richiedente poteva accedere al Tempio.

La Pizia non profetava nella cella, ove si trovavano invece l’altare di Poseidone, la statua di Apollo e un fuoco perpetuo, né nell’opistodomo. Il potere dell’Oracolo si manifestava nell’Adyton, che a Delfi era costituito da un locale ipogeo accessibile tramite uno stretto corridoio laterale. In questa cripta angusta e sotterranea venivano preservati gli oggetti più preziosi di tutto il complesso santuariale. L’Omphalòs, che si diceva posto sulla tomba dell’antico serpente Phyton, giaceva coperto da una rete di lana. V’erano poi una scultura dorata che rappresentava le due aquile di Zeus, il sarcofago di Dioniso e una statua aurea di Apollo.
Il responso della sibilla
Fumi e tremori, sbuffi e gorgoglii, suffumigi e deliqui frammisti a un’atmosfera di mistero. La vista si annebbiava, la mente piombava in una mistica trance, obnubilata da ciò che accadeva intorno. Nel buio dell’anfratto appariva d’improvviso la Pizia, vestita in abiti di scena e con una foglia d’alloro tra le labbra. La sibilla assideva su un tripode sacrificale, simbolo del trono di Apollo, collocato in corrispondenza di una fessura rocciosa (chasma) da cui era fatto sgorgare un rivolo d’acqua, la fonte Cassotide. Pausania sosteneva che da questa sorgente promanassero dei vapori (pneuma) che conferivano l’ispirazione profetica18.

Un ramoscello tra le mani della Pizia ondulava al ritmo delle parole, di movimenti e gesti oscuri alla ragione. Al cospetto dell’Omphalos la fanciulla rispondeva alla domanda del consultante. Alcuni profeti (prophétes) assistevano al vaticinio per interpretare tutti i segni. Due anziani sacerdoti di Apollo componevano il responso in esametri dattilici, in versi sibillini, e lo consegnavano al dubbioso fedele. Il momento dell’estasi terminava, il mondo tornava alla sua realtà consueta. Soltanto restavano parole ancora da comprendere, frasi inintelligibili giunte da chissà quale profondità dei numi. Quale destino?
Samuele Corrente Naso
Note
- Erodoto, Storie, VIII, 39, 440-429 a.C. ↩︎
- Lattanzio Placido, Statii Thebaida Commentum, I, 698, IV secolo d.C. ↩︎
- Properzio, Elegie, III, 3, 13, I secolo a.C. ↩︎
- Plutarco, Questioni Greche, 9,II secolo d.C. ↩︎
- Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVI, 26, I secolo a.C. ↩︎
- Eschilo, Eumenidi, 1-33, 458 a.C.; Euripide, Eracle, 781-795, 423- 420 a.C. ↩︎
- Esiodo, Teogonia, 498, VII secolo a.C. ↩︎
- Pausania, Periegesi della Grecia, X, 24, 4-6, II secolo d.C. ↩︎
- Ovidio, Metamorfosi, I, 2-8 d.C. ↩︎
- Euripide, Ifigenia in Tauride, 414-409 a.C. ↩︎
- Omero, Iliade, I 405, 750 a.C. circa. ↩︎
- Omero, Odissea, VIII, 80, fine VIII secolo a.C. ↩︎
- Eschilo, Eumenidi, 458 a.C. ↩︎
- Inni omerici, 3, Ad Apollo Pizio, 522 a.C. ↩︎
- H. Diels, W. Kranz, I presocratici, Bompiani, Milano 2012. ↩︎
- Si trattava degli Achei, Enieni, Ftioti, Dolopi, Dori, Ioni, Tessali, Locri, Meliesi, Perrebi, Focesi, Magneti. ↩︎
- Platone, Carmide 164d–165a, IV secolo a.C.; Pausania, Periegesi della Grecia, X, 24, 1, II secolo d.C. ↩︎
- Pausania, Periegesi della Grecia, X, 24, 7, II secolo d.C. ↩︎