Nel Medioevo uno dei centri monastici e culturali più influenti in tutta Europa sorgeva in un piccolo borgo dei Colli Piacentini, sulla sponda sinistra del fiume Trebbia. Era questa l’abbazia di San Colombano a Bobbio, potente presidio territoriale e al contempo luogo di studio e contemplazione. La sua preziosa biblioteca custodiva manoscritti su ogni branca del sapere umano allora conosciuto, il fiorente scriptorium era frequentato dalle personalità più importanti del tempo. L’antica chiesa era poi adorna di grandi ricchezze d’arte. Tra di esse v’era lo splendido pavimento musivo con le Storie dei Maccabei e il Ciclo dei mesi, giunto sino a noi come eredità di un passato eccezionale.
La nascita del monastero di Bobbio è legata alle vicende del monaco irlandese Colombano. Intorno al 590 il santo era approdato in Bretagna per evangelizzare i regni Merovingi, fondare nuovi cenobi in Europa e infine intraprendere una peregrinatio pro Christo verso la tomba dell’apostolo Pietro a Roma1. Ma nella città del papa egli non arrivò mai. Colombano si fermò a Bobbio, sua ultima dimora, ove nel 614 stabilì l’Abbazia con il beneplacito dei re longobardi Agilulfo e Teodolinda.

Il monaco irlandese Colombano
Ma chi era Colombano e cosa aveva di diverso il suo insegnamento, giacché fu accolto con benevolenza nel Regno Longobardo? Le fonti storiche, prima fra tutte l’agiografia redatta da Giona di Bobbio tra il 618 e il 6402, rivelano che egli fosse nato intorno al 550 nel Regno di Leinster, da una famiglia di proprietari terrieri3. In giovane età dopo aver studiato le arti liberali decise di farsi monaco. Lasciò il Leinster ed entrò nella comunità di un abate che il biografo Giona definisce “vir venerabilis” Senilis, forse da identificarsi con Sinell Mac Mianiach di Claen Inis4. Colombano prese quindi l’abito monastico nell’abbazia di Bangor, retta a quel tempo dal severo abate Comgall5.
L’influenza di Comgall fu determinante nella formazione religiosa del giovane Colombano che dal suo mentore prenderà ispirazione per la stesura di una Regula monachorum e di una Regula coenobialis: il monaco deve ricercare la mortificazione della carne affinché, per mezzo della penitenza più dura, possa giungere al cielo6. Lo stile di vita del monachesimo irlandese era infatti contraddistinto da rigida austerità e grande rigore morale.
La peregrinatio pro Christo
“Peractis itaque annorum multorum in monasterio circulis, coepit peregrinationem desiderare, memor illius Dominici imperii ad Abraham: exi de terra tua, et de cognatione tua, et de domo patris tui, et vade in terram quam tibi monstravero”.
“Dopo aver trascorso molti anni nell’ambiente monastico, cominciò a desiderare un pellegrinaggio, ricordando quel comando di Dio ad Abramo: esci dal tuo paese, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, e va’ nella terra che io ti indicherò”.
Ionas, Vita Columbani et discipulorum eius
Giunto all’età di quarant’anni, il medesimo tempo simbolico degli Israeliti nel deserto, Colombano decise di intraprendere il suo cammino di predicazione in Europa, una peregrinatio pro Christo, nonostante la riluttanza di Comgall a lasciarlo andare. In compagnia di dodici compagni raggiunse così la Borgogna governata da sovrani Merovingi, dove stabilì i cenobi di Annegray, Luxeuil e infine Fontaines. Si fermò quindi a Luxeuil e qui ricoprì la carica di abate. Dopo venti anni di permanenza in Borgogna Colombano entrò in conflitto con l’episcopato per via del computo della Pasqua e soprattutto con il sovrano Teodorico II, del quale aveva criticato i costumi dissoluti. Il monaco irlandese fu quindi costretto a riprendere la peregrinatio.
L’arrivo nel Regno Longobardo
Colombano si fermò presso le corti di Clotario II di Neustria e di Teodoberto II d’Austrasia, quindi nel 611 raggiunse l’Italia7. Venne accolto dai sovrani del Regnum Langobardorum, Agilulfo e Teodolinda, che intendevano favorire la conversione al cattolicesimo del loro popolo.
“Beatus ergo Columbanus […] relicta Gallia atque Germania, Italiam ingreditur, ubi ab Agilulfo Longobardarurn rege honorifice receptus est”.
“Dunque il beato Colombano […] lasciata la Gallia e la Germania, entrò in Italia, dove fu ricevuto con onore da Agilulfo re longobardo” .
Ionas, Vita Columbani et discipulorum eius
La scelta dei regnanti non rispondeva solo a un indirizzo religioso, ma soprattutto politico. I Longobardi erano discesi in Italia solo nel 568 e si voleva così ottenere il pieno riconoscimento della regia potestà da parte dei latini, oltre che migliorare i rapporti con il papato. L’unità religiosa doveva rappresentare agli occhi dell’ariano Agilulfo e di Teodolinda, aderente allo scisma dei Tre capitoli, un potente strumento di unificazione del Regno. Colombano non poteva che essere il benvenuto nella corte longobarda: fervente cattolico e sostenitore del trinitarismo tradizionale8, di provenienza non bizantina, rappresentava l’interlocutore perfetto da presentare al pontefice. La sua predicazione era il carisma da sfruttare per rinnovare la comunione di culti nella Penisola, al tempo divisa tra paganesimo, arianesimo e cattolicesimo.

La fondazione dell’abbazia di San Colombano a Bobbio
Il santo irlandese venne incaricato di fondare un monastero a Bobbio, nella Val Trebbia. La tradizione agiografica racconta che Agilulfo incontrò Colombano a Milano, dove al tempo si trovava la corte regia, mentre questi predicava contro gli ariani9. Il sovrano gli tributò tutti gli onori e lo invitò a trasferirsi a Bobium, un luogo ove si trovava un oratorio diroccato dedicato a San Pietro, famoso per i miracoli ivi avvenuti. Colombano accettò di buon grado e prima di ogni cosa fece ricostruire la chiesa. La concessione dei terreni da parte di Agilulfo è contenuta in un diploma datato 613, a noi giunto in una copia del X secolo e conservato nell’Archivio di Stato di Torino10.
Fin dal momento della sua fondazione, l’abbazia di San Colombano a Bobbio poté dunque beneficiare della protezione regia e di ampie concessioni fiscali e giuridiche, divenendo in breve tempo un caposaldo della predicazione cattolica nell’Italia settentrionale. Colombano importò nel Regno il modello del monachesimo irlandese, meno centralizzato in quanto ogni cenobio dipendeva dalle famiglie nobiliari del luogo, che spesso nominavano un abate. La figura del vescovo non era preminente come nell’Europa continentale, ma relegata all’esercizio del solo potere sacramentale. La giurisdizione territoriale era infatti appannaggio dell’abate.
Un importante presidio territoriale
È evidente come tale modello comunitario ben si adattasse all’organizzazione sociale dei Longobardi, suddivisi in famiglie e farae, garantendo una gestione a livello locale ma direttamente sotto il comando del re. Attraverso la fondazione del monastero di Bobbio i sovrani longobardi si assicuravano un importante centro di controllo territoriale in modo da indirizzare gli equilibri di potere tra famiglie aristocratiche. Inoltre, non bisogna trascurare che Bobbio si trovava a quel tempo non lontano dal confine occidentale del Regnum Langobardorum. Nelle aree costiere della Liguria vi erano infatti ancora i Bizantini. Tale posizione strategica faceva del monastero di Colombano un importante presidio rivolto a ovest, oltre che situato sulle principali vie di comunicazione appenniniche verso la capitale Pavia.

L’abbazia di San Colombano a Bobbio, luogo di cultura
Il santo Irlandese morì il 23 novembre del 615 e le sue spoglie furono sepolte nell’area del monastero di Bobbio. Non sono noti né il luogo né l’aspetto della tomba originaria. Le reliquie di Colombano furono in seguito traslate nella cripta dell’attuale chiesa e collocate entro un sarcofago marmoreo con scene scolpite della sua vita, datato 1480, opera di Giovanni dei Patriarchi.
Gli abati che succedettero a Colombano nel corso dei secoli, tra i quali Attala (615-627) e Bertulfo (627-639), fecero del monastero di Bobbio un importante centro religioso e di cultura. Sotto il dominio del re Liutprando (712-744) l’abbazia poté essere rinnovata e ampliata. Al suo interno si trovavano un fiorente scriptorium e una delle biblioteche più importanti d’Europa, contenente straordinarie opere manoscritte, alcune giunte dall’Irlanda come l’Antifonario di Bangor del VI-VII secolo.

Tale status perdurò immutato anche dopo la caduta di Pavia per mano di Carlo Magno. Lo stesso sovrano, con diploma datato 5 giugno 774 donava all’abbazia la selva di Montelungo e l’Alpe Adra11. Un breve memorationis dell’abate Wala, datato 830-835, testimonia in età carolingia il possesso di un ampio patrimonio fondiario12. E d’altronde un diploma di immunità concesso dall’imperatore Ludovico II nell’860 riconfermava tutti gli antichi privilegi concessi sin dai tempi dei regnanti Longobardi13, legando l’attività e la ricchezza del monastero direttamente al sovrano con vincolo feudale.

Le ricostruzioni e la nascita della diocesi di Bobbio
Al declinare del IX secolo l’abate Agilulfo (887-896) fece rinnovare l’intero complesso monastico, abbattendo le preesistenze longobarde. A quest’epoca risale la realizzazione delle cripta, della torre campanaria, nonché l’ampliamento della chiesa, ora a tre navate con transetto, presbiterio sopraelevato e abside circolare.
L’abbazia di San Colombano ottenne il culmine del prestigio nel 1014 quando l’imperatore Enrico II riuscì a ottenere da papa Benedetto VIII la sua erezione a sede diocesana14. La nomina serviva soprattutto a porre un freno ai dissidi del monastero con le diocesi confinanti, che miravano a usurparne il patrimonio fondiario. Il primo vescovo di Bobbio fu Pietroaldo (999-1017), che già ricopriva la carica di abate. In un documento datato 7 aprile 1017 si legge infatti “Petroaldis abbas et episcopus monasterio sancti Columbani sito Bobio“15. Non ci dilungheremo nelle vicissitudini successive del monastero, retto fino al 1448 dai monaci di San Colombano, quando vennero sostituiti dai Benedettini. La diocesi di Bobbio perdurerà invece fino al 198616.

Il mosaico romanico
L’avvento dei Benedettini a Bobbio coincise con una generale ricostruzione della basilica in forme rinascimentali. I lavori si protrassero per un secolo a partire dalla metà del Quattrocento, cancellando ogni traccia della precedente struttura romanica. O almeno di ciò si era convinti sino al 1910 quando, durante dei lavori di restauro della cripta, riaffiorò una porzione dell’antico pavimento musivo. Il tessellato, datato tra il 1140 e il 1150, si estende per circa cento metri quadri e rappresenta un’opera preziosa di quest’arte in area lombarda.

Le Storie dei Maccabei
Quattro registri orizzontali sono scanditi da fasce con motivi geometrici. I due registri superiori del mosaico ospitano scene tratte dal Libro dei Maccabei, racconto biblico sulla rivolta degli Israeliti contro il re di Siria Antioco IV Epifane (215-164 a.C.), il quale aveva ordinato contro di loro una feroce persecuzione. Giuda Maccabeo, l’eroe ebraico, guida lo scontro armato contro i pagani per la riconquista di Gerusalemme e del suo sacro Tempio. Nel secondo registro l’anziano capostipite Mattatia cede lo stendardo reale a Giuda. Segue una battaglia contro i pagani che stanno assediando la città Israelita di Antiochia, preceduti da un grosso elefante. Dalle mura turrite della città si fa avanti Eleazaro per affrontare l’animale. All’estrema destra il re Antioco IV è assiso su un trono mentre comanda le sue truppe.


Nel primo registro è rappresentato lo scontro definitivo in cui Giuda Maccabeo mette in rotta le armate nemiche. Il mosaicista scelse di rappresentare una battaglia tra cavallerie con lance e scudi alla maniera medievale, come se si stesse svolgendo nel suo tempo. Bisogna cogliere nelle raffigurazioni del tappeto musivo di Bobbio un richiamo agli eventi della prima crociata, durante la quale gli eserciti cristiani e musulmani si scontrarono ad Antiochia. Il medesimo registro prosegue con scene di combattimento tra animali fantastici. Un centauro affronta una chimera mentre un drago viene fronteggiato da un essere senza testa chiamato Lemnas, armato di spada e scudo rotondo. La contrapposizione di mostri e bestiari rappresentava un’allegoria della lotta escatologica tra bene e male, dei conflitti della Chiesa come di quelli interiori del cristiano, chiamato a sconfiggere vizi e peccati.

Il Ciclo dei mesi dell’abbazia di San Colombano a Bobbio
Gli ultimi registri contengono un pregevole Ciclo dei mesi con le attività agricole e i segni zodiacali. A Gennaio Giano bifronte è seduto accanto a un fuocherello, mentre l’Acquario è un fanciullo che cavalca un’idra. Febbraio taglia dei rami con un’ascia, in compagnia dei Pesci. Marzo soffia in due corni, accompagnato dall’Ariete. Aprile regge un vaso di fiori ed è associato al Toro. Maggio è rappresentato nelle vesti di un cavaliere sul suo destriero, affiancato dai Gemelli. In giugno un contadino falcia il fieno, con l’immagine del Cancro. In luglio, con un possente Leone, un fattore miete il grano. Agosto prepara le botti per il vino e una vergine indossa un velo. A settembre, associato alla Bilancia, un ragazzo raccoglie l’uva. Ottobre è il mese della semina e dello Scorpione. A novembre, periodo del Sagittario, si raccolgono i frutti dagli alberi. Infine, a dicembre un giovane uccide un maiale, mentre il segno zodiacale è il Capricorno.
La scansione dell’anno attraverso le umili attività contadine ricordava all’uomo medievale che Dio è Signore del tempo e della vita. La rappresentazione musiva è completata da due scene laterali, ormai molto danneggiate. Il biblico Sansone affronta con coraggio il leone, simbolo del combattimento tra Cristo e il male. Ecco che Giona, gettato dalla nave, sta per essere divorato da un pesce, “come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra”.17
Samuele Corrente Naso
Note
- M. Pacaut, Monaci e religiosi nel Medievo, Bologna 1989. ↩︎
- Giona fu monaco a Bobbio, venne incaricato dai successori di Colombano, Attala e Bertulfo, di stendere una biografia del santo raccogliendo informazioni da testimoni oculari o persone che lo avevano conosciuto. ↩︎
- Ionas, Vita Columbani et discipulorum eius, a cura di M. Tosi, Piacenza, 1965. ↩︎
- C. Plummer, Vitae Sanctorum Hiberniae, Oxford 1910; J. F. Kenney, Sources for the Early History of Ireland, I, Ecclesiastical, New York 1929. ↩︎
- Vita Comgelli in Vitae sanctorum Hiberniae, a cura di C. Plummer, II, 1910. ↩︎
- G. S. M. Walker, Sancti Columbani Opera, Dublino, 1957 ↩︎
- F. G. Nuvolone, Viaggiatori e pellegrini a e da Bobbio: dall’inizio ai «Miracula Columbani» (VII – X secolo), in La fondazione di Bobbio nello sviluppo delle comunicazioni tra Langobardia e Toscana nel Medioevo, a cura di F. G. Nuvolone, Atti del Convegno internazionale, Bobbio 1-2 ottobre 1999, Archivum Bobiense, Studia III, Bobbio 2000. ↩︎
- Circa il pensiero di Colombano si veda il corpus delle Epistulae e delle Instructiones della biblioteca del monastero di Bobbio, conservati oggi a Torino presso la Biblioteca nazionale. ↩︎
- Ibidem nota 3. ↩︎
- Codice, I, III, Archivio di Stato di Torino. ↩︎
- Codice, I, XXVII, Archivio di Stato di Torino. ↩︎
- Codice, I, XXXVI, Archivio di Stato di Torino. ↩︎
- Ludovici II, Codice Diplomatico di San Colombano, LX. ↩︎
- Monumenta Germaniae Historica, Thietmari Merseburgensis episcopi. Chronicon. Scriptores rerum Germanicarum, Nova series tomus IX, Ed. R. Holtzmann, Berlin 1935. ↩︎
- Codice Diplomatico di San Colombano, libro I, doc. n. CXIV. ↩︎
- A. Bulla, La Diocesi di Bobbio, dalle origini ai giorni nostri, in Le diocesi d’Italia, II, Cinisello Balsamo (Milano), 2007. ↩︎
- Vangelo di Matteo 12, 40. ↩︎