Il drago nella simbologia medievale

in , aggiornato il

L’immagine oggi così diffusa del drago, rettile mostruoso con ali possenti, zampe aguzze e in grado di sputare fuoco dalle fauci, si deve all’iconografia medievale occidentale. Ma nell’arte e nella simbologia, riflesso di molteplici e radicate credenze popolari, l’animale compare sin da tempi molto più remoti. Un indizio delle sue origini mitiche e lontane è già contenuto nell’etimo del suo nome: drago, dal greco arcaico drákōn, l’essere “dallo sguardo acuto”1. Gli antichi credevano che l’animale possedesse una vista molto sviluppata. Ma l’accezione terminologica è da intendersi anche in senso metaforico: il drago è capace di penetrare la mente degli uomini, di comprendere gli istinti e le ragioni, è custode dei segreti della natura.

Il drago nella mitologia

Per i Greci il drákōn era anche il serpente, animale dallo sguardo fisso poiché senza palpebre. Tale attribuzione dà ragione, come si vedrà più avanti, di un certo parallelismo nel significato simbolico tra le due bestie nel corso del Medioevo. Nei tempi antichi il drago non aveva ancora degli attributi fisiologici ben definiti, era piuttosto la figurazione di qualcosa di mostruoso e indistinto, della paura interiore di fronte al caos della natura. In generale, tuttavia, i miti greci descrivono i draghi come grandi rettili striscianti, di rado provvisti di ali o di molteplici teste. Li ritroviamo come custodi di luoghi sacri, primordiali guardiani di tesori e sapienze2. Ecco che Ladone dalle cento teste sorvegliava i pomi d’oro nel Giardino delle Esperidi3, l’Idra di Lerna era una drago d’acqua dal velenoso respiro4, Pitone un enorme serpente a guardia dell’Oracolo di Delfi5, solo per fare alcuni esempi.

Nell’antichità occidentale i draghi incarnano dunque il caos atavico e primigenio che si contrappone all’ordine cosmogonico della creazione. Per questo nel mito sono spesso avversari degli dei e degli eroi, che hanno il compito di annientarli. In Oriente, invece, al drago corrisponde un’immagine più benevola. In Cina esso è un animale fortemente simbolico connesso alla regalità e al potere, è l’incarnazione dello yang, il principio maschile della fecondità. Per tale ragione il drago cinese è tutt’oggi invocato durante i periodi di siccità. In quanto padre creatore cosmogonico, possiede le caratteristiche di tutti gli esseri viventi: ha il corpo del serpente, le fauci dell’alligatore, le zampe del gallo, le corna del cervo e i baffi del pesce gatto.

Il drago nelle prime fonti documentali

Gli antichi non mancarono di interrogarsi sulla reale esistenza del drago. Aristotele, nell’Historia Animalium, tentò un approccio razionale confinando tale figura animalesca al mito o alla rappresentazione di un grosso serpente. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, ne ricostruì alcuni aspetti naturalistici attraverso i racconti che provenivano da varie parti del mondo conosciuto6. Per lo storico romano il drago era un serpente che si cibava di elefanti e proveniva dall’Etiopia e dall’India.

“In Africa nascono elefanti al di là dei deserti delle Sirti ed in Mauritania, ed anche nei territori degli Etiopi e dei Trogloditi, come si è già detto; ma l’India produce gli esemplari più grandi, ed enormi draghi-serpenti che combattono con essi in perpetua discordia, di tali dimensioni anche questi che facilmente riescono ad avvolgere un elefante nelle loro spire e a stringerlo nella stretta del loro nodo. Questo combattimento provoca la morte di entrambi i contendenti, perché l’elefante sconfitto, cadendo, col suo peso schiaccia il drago-serpente che lo tiene avvinto”7.

Plinio, Naturalis historia, VIII, 11.

All’alba del Medioevo v’era dunque una ricca tradizione che prendeva le mosse dai testi latini, dai racconti orali che giungevano dall’Oriente e, non ultime, dalle fonti cristiane dei primi secoli. Nell’Apocalisse di San Giovanni il drago è associato al serpens antiquus, il tentatore che indusse Adamo ed Eva a commettere il peccato originale. Esso ha pertanto gli attributi dell’avversario biblico, il diavolo:

“Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.”

Apocalisse di Giovanni 12, 7-9.

Il Physiologus e le fonti cristiane

Questo variegato corpus di conoscenza sul drago che mesceva religione e naturalismo confluì nei bestiari medievali, testi illustrativi contenenti un’interpretazione simbolica e cristiana degli animali, reali e fantastici. Sin dal Physiologus greco, di autore alessandrino del II-III secolo8, vero capostipite di questa categoria letteraria, si cominciò ad associare alle bestie degli attributi morali. Vizi e virtù degli uomini venivano trasposti nelle figure animalesche, che divenivano così uno specchio delle sfaccettature dell’animo, riflettevano le azioni del bene e del male. La figura del drago è nel Physiologus greco il nemico di ogni animale che possiede connotati cristologici:

“Il Fisiologo ha detto del cervo che è acerrimo nemico del drago. Se il drago sfugge al cervo e si nasconde nelle crepe del terreno, il cervo va ad empiere le cavità del suo ventre d’acqua di fonte e la vomita nelle crepe del terreno, e ne trae fuori il drago, e lo schiaccia
e lo uccide. Così anche il Signore nostro ha ucciso il grande drago per mezzo delle acque celesti di virtuosa sapienza”.

Il Fisiologo9.

Si tratta di un’interpretazione che ha accompagnato l’idea occidentale del drago sino ai nostri giorni. Su di essa si basa l’opera letteraria di molti esegeti dei secoli successivi come Agostino d’Ippona10, Giovanni Damasceno, che descrive i diavoli come enormi draghi volanti11, e Isidoro di Siviglia. Con l’Etymologiae sive Origines del VII secolo12 Isidoro, riprendendo quanto narrato in Plinio il Vecchio e nel Physiologus greco, fissa le fattezze dell’animale nell’immaginario collettivo e nell’iconografia cristiana:

“Il drago è il più grande di tutti i serpenti e di tutti gli animali della terra […], si libra nell’aria, e l’aria si agita per colpa sua. Ha la cresta, bocca piccola e gola stretta, attraverso cui esala il respiro e tira fuori la lingua. La sua forza non sta nei denti, ma nella coda, e nuoce più con i colpi che con le fauci. Da quest’animale, per la grandezza del suo corpo, non è al sicuro nemmeno l’elefante.”

Isidoro di Siviglia, Etymologiae sive Origines, XII.

Il Liber monstrorum de diversis generibus e il simbolismo del drago nei bestiari medievali

Negli scritti medievali il drago, figura malefica, ha dunque attributi definiti e creduti reali. Nel Liber monstrorum de diversis generibus, una raccolta sulle creature fantastiche del secolo VIII,13 di ambito anglosassone, si ribadisce che esso viva in India. Inoltre, si afferma, il mostro è provvisto di due o più teste crestate, possiede un alito mortifero e devasta ogni cosa al suo passaggio. Nella gran parte dei manoscritti, delle pitture e delle sculture che precedono il Duecento il drago è dunque un grosso serpente, solo qualche volta alato. Spesso le teste sono presenti in numero di sette, come descritto nell’Apocalisse, di cui sei sul dorso14.

Nel Medioevo l’animale era sovente raffigurato presso le decorazioni scultoree che ornavano i portali dei luoghi di culto, con funzione apotropaica. In tal modo si credeva che il male rimanesse confinato all’esterno; il drago segnava pertanto la soglia tra il mondo profano e lo spazio sacro in maniera non dissimile alle narrazioni dei miti antichi.

La diffusione del simbolismo escatologico connesso all’animale, nonché dei suoi attributi malefici, si deve alla fortuna letteraria dei bestiari. A partire dal XII secolo sono molti i testi illustrati che lo includono nelle loro descrizioni con intenti morali. Così, ad esempio, si ritrova nel De bestiis et aliis rebus dello pseudo-Ugo di San Vittore (XII secolo)15 e nel Bestiaire di Pierre de Beauvais (XII secolo)16. La rappresentazione del drago inizia a essere anche più articolata: ha teste poggianti ciascuna su un proprio collo17, acquisisce ali membranose, diviene capace di sputare fuoco, caratteristica assimilata forse dall’Oriente a causa delle crescenti interazioni politiche e commerciali.

La lotta contro il drago

Nel mito come nelle arti, il drago è sovente coinvolto nella lotte escatologiche. Sulla scorta dei testi biblici, sauroctono per eccellenza è Michele Arcangelo, colui che uccide il drago-serpente in quanto comandante delle milizie celesti. Si tratta di una rivisitazione in chiave cristiana dei miti antichi e della lotta tra l’eroe e la bestia. Michele è l’incaricato di ristabilire l’ordine universale, figura che incarna la provvidenza e la giustizia. Egli è anche il modello al quale si ispirò Jacopo da Varazze per descrivere la lotta tra San Giorgio e il drago, nella Legenda Aurea del XIII secolo18.

La Legenda Aurea di Jacopo da Varazze incarna gli ideali cavallereschi del Medioevo, in un’epoca contraddistinta dalle Crociate in Terra Santa. San Giorgio, soldato e martire vissuto durante l’impero di Diocleziano (303), nel Medioevo diviene emblema di Cristo che trionfa sul nemico. Il drago simboleggia il diavolo, insaziabile divoratore di anime che tutto distrugge e tutto brama, ma anche i nemici della fede cristiana. L’animale è immagine escatologica e politica al tempo stesso: l’iconografia è visione profetica della fine dei tempi, della parusia in cui Cristo tornerà per sconfiggere le tenebre; San Giorgio è la personificazione della supremazia della Chiesa sulle altre religioni. La lotta contro il drago, figurazione dello scontro tra la fede e la tentazione del male, è in definitiva la metafora della vita di ogni cristiano19.

Samuele Corrente Naso

Note

  1. L. Rocci, Vocabolario Greco-Italiano, ed.ne 1995. ↩︎
  2. E. Pottier, Draco, in Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, II, 1, Paris 1892. ↩︎
  3. Esiodo, Teogonia, 333. ↩︎
  4. Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, I-II secolo d.C. ↩︎
  5. Ovidio, Metamorfosi, I, 438-462. ↩︎
  6. Plinio, Naturalis historia, VIII,11-13. ↩︎
  7. G. M. Turi, La figura del drago nella narrativa francese medievale, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, AA 1997-98. ↩︎
  8. A. Scott, The date of the Physiologus, Vigiliae Christianae, 52, 1998. ↩︎
  9. Il Fisiologo, a cura di F. Zambon, Piccola Biblioteca Adelphi n. 22, 1975. ↩︎
  10. Evangeliario di Sant’Agostino, secolo VI. ↩︎
  11. Giovanni Damasceno, Opusculi de draconibus et strygibus fragmentum, in J. P. Migne, Patrologia Graeca, 94, 1864. ↩︎
  12. Isidoro di Siviglia, Etymologiae sive Origines, XII – De animalibus, 5. ↩︎
  13. Liber Monstruorum de diversis generibus, De serpentibus, 6. ↩︎
  14. Si vedano ad esempio le illustrazioni dell’Apocalisse, del sec. 9°, Treviri, Stadtbibl., 31, cc. 9r, 38r, 39r. ↩︎
  15. Pseudo-Ugo di San Vittore, De bestiis et aliis rebus, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. soppr. F.7.339, ff. 73va-94va. ↩︎
  16. C. Rebuffi, Il “Bestiaire” di Pierre de Beauvais. Edizione critica, Pavia 1971-72. ↩︎
  17. Bodleian Library, Auct. D. 4.17, c. 8v. ↩︎
  18. Jacopo da Varagine, Leggenda aurea, tradotto dal latino da Cecilia Lisi, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2006. ↩︎
  19. M. P. Ciccarese, Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano, Vol. 2, Bologna Edizioni Dehoniane, Bologna, 2007. ↩︎

Autore

Avatar Samuele
error: Eh no!