La Santa Casa di Loreto tra fede e mistero

in ,

articolo pubblicato il

e aggiornato il

Sotto la cupola del Santuario di Loreto è conservata una piccola camera, oggetto di fede e devozione profondissime. Per i credenti tale angusto vano è il luogo ove a Nazareth la Vergine Maria nacque, visse e ricevette l’Annunciazione dall’Arcangelo Gabriele. Ma come giunse in Italia? Secondo la tradizione, la Santa Casa a Loreto fu trasportata in volo da una schiera di angeli e posata a Recanati la notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294. È questa una leggenda affascinante, dai contorni sfumati e misteriosi. Da secoli gli studiosi cercano di ricondurre la traslazione miracolosa entro confini storici certi. Si tratta di sbrogliare un’intricata matassa costituita da documenti, racconti e testimonianze archeologiche, di rintracciare gli elementi che nel tempo hanno generato il mito di Loreto, con le sue particolari declinazioni artistiche e cultuali.

D’altra parte, i molti fedeli che ogni anno visitano il Santuario lauretano lo fanno in virtù di una fede pura e autentica. Oltre la ragione ammettono la possibilità del miracolo e dell’insondabile, abbracciano la speranza che le leggi naturali del mondo possano essere superate. Accolgono il segno, qui visibile e tangibile, del trascendente. Solo con questa consapevolezza è possibile comprendere l’importanza della Santa Casa di Loreto e, di conseguenza, approcciarsi allo studio della sua pia tradizione con doveroso rispetto.

La Santa Casa di Loreto e la sua basilica

I pellegrini entrano nella basilica di Loreto, percorrono in silenzio le navate e si mettono in fila per accedere alla Santa Casa, una delle più sacre reliquie al mondo per i cristiani. La dimora è costituita da tre sole pareti, ben conservate, e vi si accede da due ingressi laterali. Il vano rettangolare misura 9,50 x 4 metri e la muratura è alta 4,65 metri. Un altare marmoreo con inserti bronzei chiude il lato mancante e ospita la famosa statuetta della Madonna Nera. La scultura è una copia in legno di cedro realizzata da Leopoldo Celani giacché l’originale andò perduta in un incendio nel 1921. I muri della Santa Casa sono spessi 90-100 centimetri e, fatto insolito e curioso, sono privi di fondamenta. La muratura di conci d’arenaria è “a sacco”, riempita da ghiaia, ciottoli e lacerti di età romana. In seguito i recanatesi rialzarono le pareti con un laterizio.

Nella parete ovest, sotto un crocifisso ligneo duecentesco con un Christus patiens, si apre la finestrella “dell’Angelo”, un’apertura quadrangolare dalla quale l’Arcangelo Gabriele avrebbe annunciato a Maria la notizia della dolce attesa. La Santa Casa venne cinta con un muro di consolidamento fra la fine del XIII e la metà del XIV secolo. Allo stesso periodo risalgono pure gli affreschi votivi che ricoprivano interamente le pareti interne. I dipinti sono sopravvissuti solo sul registro superiore a causa dei fumi di ceri e candele1. Vi si possono riconoscere le figure della Vergine in trono con Bambino e di diversi santi. Tra questi si citano Luigi IX di Francia, Santa Caterina d’Alessandria e San Giorgio contro il drago2. La volta a botte che sovrasta le sacre pareti è un’aggiunta del XVI secolo.

Il santuario di Loreto

La Santa Casa appare rivestita dal prezioso scrigno marmoreo che Donato Bramante ideò per volere di papa Giulio II nel 1507-1511. L’opera venne scolpita con scene della vita di Maria da prestigiosi artisti rinascimentali. Tra di essi Francesco da Sangallo, Andrea Sansovino, Baccio Bandinelli e Raffaele da Montelupo. Intorno alla Santa Casa, dal 1469 al 1587, su impulso di Paolo II venne innalzata la grande basilica mariana, opera di molti architetti che vi lavorarono. Giuliano da Maiano innalzò le absidi, Baccio Pontelli i camminamenti di ronda, Giuliano da Sangallo ideò la cupola (1499 circa). La facciata tardo-rinascimentale fu realizzata da Giovanni Boccalini, Giovan Battista Ghioldi e Lattanzio Ventura (1571-1587). L’elegante campanile è invece opera di Luigi Vanvitelli (1756).

Prima del trasporto miracoloso della Santa Casa, su questo colle nei pressi dell’antica Recanati non vi erano abitazioni, ma solo una strada che conduceva al porto della cittadina. Alcune strutture di accoglienza vennero edificate per ospitare i numerosi pellegrini diretti alla dimora della Vergine. Da queste prime casupole pian piano si formò il tessuto urbano che diede vita al borgo di Loreto.

La Translatio miraculosa della Santa Casa di Loreto

I primi racconti scritti sulla traslazione miracolosa della Santa Casa risalgono al XV secolo. Una Translatio miraculosa Ecclesie beate Marie virginis de Loreto, o Relatio Teramani, fu opera di Pietro Giorgio Tolomei da Teramo, rettore del santuario di Loreto, intorno al 14723. Ebbene, la pia leggenda narra che la dimora “della beata madre del nostro Signore Gesù Cristo […] si trovava in una città della Galilea chiamata Nazareth”. Era questo il luogo ove ella “nacque, fu educata e venne salutata dall’Arcangelo Gabriele”. Quindi gli apostoli la trasformarono in una chiesa per celebrarvi l’Ufficio divino in ricordo di Maria. E “l’evangelista Luca fece con le sue mani un’immagine a somiglianza della Beata vergine”. Tuttavia, quando “il popolo abbandonò la fede in Cristo e abbracciò la fede di Maometto” gli angeli “rimossero la chiesa e la trasportarono nella Schiavonia, posandola presso un castello chiamato Fiume”.

L’arrivo a Recanati

Ma poiché “lì non veniva onorata in modo degno” la tolsero di nuovo e la portarono attraverso il mare. Venne quindi collocata “nel territorio di Recanati, in una selva di proprietà di una gentildonna chiamata Loreta, da cui prese il nome la chiesa di Santa Maria di Loreto”. Purtroppo, i pellegrini che vi si recavano subivano spesso furti e violenze. Pertanto le creature celesti spostarono nuovamente la Santa Casa sul Monte Prodo, in un terreno appartenente a due fratelli4. Ma non era ancora questa la collocazione definitiva. I fratelli incominciarono a litigare perché volevano trarre profitto dalla sacra dimora. Così, secondo la Translatio, “a causa di ciò gli angeli la rimossero dal luogo montuoso e la posarono in una via pubblica”. Era la strada che collegava Recanati al distretto portuale, sito dove ancor oggi la Santa Casa risiede, in modo che tutti potessero visitarla liberamente.

A corredo della leggenda Pietro Giorgio Tolomei riferisce i racconti dei discendenti di due testimoni oculari che avrebbero visto la Casa in volo trasportata dagli angeli. Il bisavolo di Paolo di Rinalduccio vide la dimora mentre veniva depositata nella selva di Loreta. Quello di Francesco, detto il Priore, la osservò mentre era trasportata sul Monte Prodo.

Le fonti documentali e la storicità della miracolosa traslazione

Pietro Giorgio Tolomei non fornisce la data in cui sarebbe avvenuta la miracolosa traslazione, ma solo un indizio: l’evento avvenne dopo che il popolo di Nazareth “abbracciò la fede di Maometto”. Il fondamento storico del trasporto ci viene fornito infatti da uno scritto molto più tardo, la Lauretanae Virginis historia del segretario comunale di Recanati, Girolamo Angelita, pubblicato tra il 1525 e il 15305. La Santa Casa avrebbe lasciato Nazareth all’indomani della caduta del crociato Regno di Gerusalemme, nel 1291, quando le reliquie cristiane erano ormai in mano ai musulmani. L’abitazione di Maria sarebbe poi rimasta nei pressi di Fiume, in una località oggi identificata in Tersatto, per tre anni e mezzo. Dunque nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294 venne posata dagli angeli nella selva di Loreta, a Recanati.

Ora, Pietro Giorgio Tolomei scrisse nel XV secolo quando i fatti narrati si erano svolti da più di due secoli. Possibile che nessuno prima di allora, né a Nazareth né a Recanati, si fosse accorto della comparsa della Santa Casa? Il silenzio delle fonti che precede gli scritti del XV secolo è sospetto e non ha mancato di suscitare dubbi tra gli studiosi. La tradizione risponde a questo vuoto con le parole di un altro cronista del tempo, il Beato Giovanni Spagnoli. In una lettera al cardinale Girolamo Della Rovere del 22 settembre 1479, egli raccontava l’identica storia della traslazione miracolosa del Tolomei, ma aggiungeva che nel Santuario di Loreto vi fosse affissa una tavoletta antica “nella quale era scritta la ragione per cui quel luogo aveva raggiunta una così grande autorità”6. E continuava: “ho voluto raccogliere dalla tavoletta, consumata dal tarlo e dalla polvere, la serie dei fatti”.

Paolo II e una versione differente

Il racconto di come la Santa Casa giunse a Loreto era pertanto contenuto su una fonte più antica, che venne trascritta dagli autori successivi? Nondimeno, questa Translatio miraculosa sembra essere ignorata finanche dal papa, Paolo II. Il 12 ottobre 1470, due anni prima dello scritto del Tolomei, il pontefice emanava il Super etereas per concedere l’indulgenza ai pellegrini di Loreto. Nel riassumere la vicenda del santuario, egli riferiva di “un’immagine della Vergine trasportata in volo da alcuni angeli e adagiata nella piccola chiesa già esistente situata sul monte Prodo”. Paolo II raccontava una versione differente dei fatti: un’icona sarebbe discesa dal cielo, non una dimora. Se pertanto esisteva già una tradizione sull’arrivo della Santa Casa da Nazareth, è impossibile che il papa non ne fosse a conoscenza, soprattutto perché fu lui ad avviare i lavori di costruzione della nuova basilica.

Che il culto fosse rivolto a un’immagine della Vergine, piuttosto che a delle mura, sembra trasparire anche dagli atti di un processo per furto che si svolse a Macerata tra il 1312 e il 1315. Vi si legge che alcuni ladri “Entrarono nella Chiesa di Santa Maria di Laureto […] prendendo anche e asportando sopra l’immagine della Beata Vergine e la sua cornice […] tutte le ghirlande offerte in argento con e senza spille”7.

La “questione lauretana”

I primi dubbi sul racconto della Translatio sorsero negli anni immediatamente successivi alla sua pubblicazione. Già nel 1485 il francescano Francesco Suriano, custode della Terra Santa e Delegato Apostolico per l’Oriente, nel suo Trattato di Terra Santa e dell’Oriente affermava come il trasporto miracoloso fosse un evento improbabile8. Pietro Paolo Vergerio (1496-1565), vescovo convertitosi al protestantesimo, negava l’autenticità della Santa Casa9. Il benedettino Augustin Calmet (1672-1757) sosteneva che la dimora della Vergine fosse solo una copia di quella palestinese, realizzata con pietre locali10. Anche per il canonico lateranense Giovanni Crisostomo Trombelli (1697-1784) la Santa Casa è una riproduzione dell’originale di Nazareth, ma edificata con materiale importato dal Medio Oriente11. Più di recente, il professore di storia medievale all’Università Cattolica di Lione, Ulisse Chevalier (1841-1923) definiva Loreto un “miracolo della superstizione”12.

A partire dagli scritti di Pietro Giorgio Tolomei il trasporto miracoloso è dunque argomento di grande dibattito, anche in seno alla Chiesa stessa. La Santa Casa di Loreto è davvero la dimora della Vergine di Nazareth? In che modo è giunta nei pressi di Recanati? Inoltre, a Nazareth esiste già un luogo venerato da secoli come la dimora della Vergine, la Grotta dell’Annunciazione. Come dunque conciliare la tradizione palestinese con quella di Loreto? Bisogna subito dire che tutt’oggi tale “questione lauretana” non è affatto risolta. Anzi, sia i cosiddetti “critici della tradizione” che i suoi difensori oppongono tesi e dimostrazioni ugualmente convincenti.

Una cappella contra pestem?

Le indagini archeologiche condotte da Nereo Alfieri negli anni 1962-1965 hanno ricostruito le varie fasi edilizie della Santa Casa, compresi i lavori di consolidamento effettuati dalla comunità locale di Recanati. Era invece già noto dagli scavi di Federico Mannucci del 1921 che la struttura non possiede le fondamenta. Ora, è chiaro che qualunque tentativo di comprendere la storia della camera di Loreto non può prescindere da tale mancanza, fatto inusuale e particolarissimo. Per i fedeli che credono nel miracolo è una prova del trasporto degli angeli, i quali avrebbero sollevato in volo le sole pareti della Casa. Per i critici della tradizione questa anomalia si spiega invece con l’usanza locale delle cappelle contra pestem, senza fondamenta perché erette nell’arco di una giornata13. Padre Mario Sensi rintracciò una serie di chiesette votive marchigiane del XIV-XV secolo, contro la diffusione del morbo, edificate direttamente sul terreno .

Ora, una pergamena del monastero di Fonte Avellana rivela che il 4 gennaio 1194 il vescovo Giordano di Numana donò ai monaci camaldolesi la chiesa di Sancta Maria in fundo Laureti. Non può tuttavia trattarsi della Santa Casa: la data è anteriore a quella della traslazione, avvenuta solo in dicembre. È stato ormai appurato che questa prima chiesa dedicata alla Vergine sorgesse a fondovalle, presso un’area denominata Contrada Banderuola. Dunque è possibile che alla fine del Duecento, complice l’impaludamento della piana lauretana14, il diffondersi della peste abbia costretto gli abitanti a trasferirsi sul monte Prodo, dove dislocarono il culto in una nuova chiesa mantenendo l’intitolazione a Sancta Maria de Laureto. D’altro canto, è la stessa tradizione della Translatio a raccontare come la Santa Casa fu spostata dalla selva di Loreta, a fondovalle, fin sulla montagna.

Una chiesa da demolire?

Per i critici della tradizione c’è un’altra evidenza che nega la provenienza miracolosa della Santa Casa. Padre Floriano Grimaldi faceva notare che la camera di Loreto non è in asse con la navata della basilica. Se davvero il santuario lauretano è stato costruito per accogliere la Casa, centro simbolico e cultuale dell’intero complesso, si tratta di una disarmonia difficile da spiegare, specie per un tempio rinascimentale15. Invece, è possibile che il progetto originale, proposto nel 1468 dal vescovo Nicolò Delle Aste, prevedesse l’erezione di una nuova chiesa in sostituzione dell’antica cappella contra pestem, ormai troppo piccola per accogliere i flussi di pellegrinaggio. La chiesetta di Santa Maria doveva essere demolita a fine dei lavori.

D’altronde, come visto, per Paolo II la vera reliquia era costituita da un’immagine della Vergine. Un’icona dipinta citava anche il canonico di Brescia Giacomo Ricci nella sua opera Virginis Mariae Loretae Historia16. Nel XV secolo ad essa si affiancò la statuetta della Madonna di Loreto, annerita nel tempo dai fumi delle candele a olio.

Tuttavia, la cappella era il simbolo della devozione popolare e, secondo questa ricostruzione dei fatti, i fedeli si opposero al suo abbattimento. L’unico modo per salvarla era dimostrare che fosse una reliquia preziosissima, dalle origini sacre e miracolose. Quindi cominciarono a circolare delle storie sulla sua provenienza da Nazareth. Appena quattro anni dopo l’inizio dei lavori, il Tolomei redasse il racconto di fondazione della Santa Casa, la Translatio miraculosa. La pia leggenda sarebbe così l’espressione del popolo in difesa della tradizione locale contro la mentalità rinascimentale della gerarchia ecclesiastica, che intendeva rinnovare la chiesa. Il 21 ottobre 1507 papa Giulio II ufficializzò il culto della Santa Casa con la bolla Apostolice Sedis, riconoscendola come la dimora della Vergine a Nazareth.

La Santa Casa di Loreto e la Grotta dell’Annunciazione di Nazareth

Tutt’altra ricostruzione dei fatti è sostenuta dai difensori della tradizione, per i quali la Santa Casa di Loreto proviene davvero dalla Palestina. Tra il 1955 e il 1960 lo Studium Biblicum Franciscanum, sotto la guida di padre Bellarmino Bagatti, ha condotto alcune importanti campagne di scavo nell’area della Grotta dell’Annunciazione a Nazareth, ossia il luogo da secoli venerato come l’abitazione natale di Maria. Le indagini archeologiche hanno appurato che la Grotta venne adibita a chiesa dai primi discepoli cristiani sin dal II-III secolo18, come narrato nella Translatio laureatana. La tesi dei difensori della tradizione è che la Santa Casa costituisse una porzione in muratura antistante la Grotta dell’Annunciazione. Ciò spiegherebbe l’assenza delle fondamenta, in quanto la camera di Loreto sarebbe stata a Nazareth poggiata direttamente sulla roccia.

Padre Giuseppe Santarelli evidenzia come le dimensioni e l’orientamento della Santa Casa combacino con il perimetro della Grotta dell’Annunciazione. A Nazareth l’abitazione della Vergine era dunque composta da una spelonca scavata nella roccia e dalle tre pareti lauretane addossate ad essa? La tesi dà ragione del perché la Santa Casa manchi del muro a est: ove adesso è innalzato l’altare con la statua della Madonna Nera vi era l’apertura verso la Grotta. Gli archeologi hanno rilevato che già nel V secolo l’abitazione della Vergine a Nazareth fu inglobata entro un edificio di culto per salvaguardarla dalle intemperie. Nell’XI secolo questa piccola chiesa bizantina lasciò il posto a una basilica di dimensioni maggiori, in cui la Grotta con la Santa Casa costituivano la cripta. La premura con cui la dimora di Maria venne racchiusa in edifici più grandi è per Santarelli la ragione della sua perfetta conservazione sino ai nostri giorni.

Le “fonti mute

Per i difensori della tradizione di Loreto vi sono altre evidenze della provenienza palestinese della Santa Casa, “fonti mute” per usare la definizione di Santarelli. Ad esempio, sulle sue pareti sono state rintracciate delle invocazioni grafitiche simili a quelle in uso in Terra Santa e in particolare proprio a Nazareth19. È il caso di una scritta in caratteri greci abbreviati, in cui si riconoscono le lettere ebraiche lamed e waw. Essa compare nella Casa di Loreto come nella Grotticella di Conone a Nazareth, attigua alla Grotta dell’Annunciazione, e vuol dire “O Gesù Cristo, Figlio di Dio!”. Da un incavo murato sotto la “finestra dell’Angelo” sono invece riemerse cinque croci patenti di stoffa rossa, come in uso presso i Cavalieri Templari, reperti dell’avventura crociata a Outremer.

Ancora, i resti di un uovo di struzzo rinvenuti nella Santa Casa sono testimonianza di un uso cultuale cristiano tipico del Medio Oriente. Si credeva infatti che le uova di tale animale, sepolte nella sabbia, venissero fecondate direttamente dal sole, come Maria era stata gravida per opera dello Spirito Santo. In ultimo, secondo i difensori della tradizione, la tecnica muraria e la scelta delle tipologie di pietre da impiegare nella costruzione della Santa Casa sono tipiche della Palestina dei primi secoli dopo Cristo. Le indagini archeologiche condotte sulla camera lauretana hanno permesso di appurare che le tre pareti non hanno subito alterazioni o rimontaggi, evidenza che fa supporre un loro, eccezionale, trasporto per intero.

Il Chartularium Culisanense e gli Angeli di Costantinopoli

Dunque, la Santa Casa è un autentico manufatto giunto da Nazareth alla fine del XIII secolo? Ma se così fosse, perché le fonti storiche sembrano ignorare l’evento fino agli scritti quattrocenteschi? Se davvero le sacre pareti furono calate dal cielo per mano degli angeli, è impossibile che questo enorme miracolo non venisse raccontato in numerosissimi scritti! Per Padre Santarelli una possibile spiegazione a questo buco documentale è fornita da un equivoco storiografico. Nella Biblioteca pubblica statale di Montevergine è conservato il Chartularium Culisanense, un insieme di documenti dei secoli XIII-XVI, collezionati nel palazzo di Collesano a Palermo. La raccolta è a noi giunta in una copia del 1859 commissionata dal paleografo e vescovo di Monreale Benedetto d’Acquisto, perché l’originale fu disperso durante la seconda guerra mondiale. Il Chartularium contiene alcuni manoscritti che sappiamo essere falsi, altri la cui attendibilità è stata a lungo dibattuta20.

Tra questi ultimi è di particolare interesse il foglio 181, un elenco di cinquantadue beni che Filippo d’Angiò ricevette in dote da Ithamar d’Epiro, figlia del despota Niceforo I Comneno Ducas, in occasione del loro matrimonio. Che cosa ha di speciale questo documento? Filippo avrebbe ereditato le “pietre sante portate via dalla casa di nostra Signora la Vergine Madre di Dio” e “una tavola lignea dipinta dove la Signora Vergine Madre di Dio tiene in grembo il bambin Gesù, Signore e Salvatore nostro”. Il foglio 181 del Chartularium potrebbe riferirsi alla Santa Casa di Loreto. Il matrimonio tra Filippo e Ithamar si celebrò il 10 dicembre 1294, la stessa data in cui la tradizione colloca la miracolosa traslazione a Recanati. Ora, Ithamar e suo padre Niceforo I potevano vantare importanti origini nobiliari. Discendevano infatti da una delle famiglie che regnò a Costantinopoli nel XIII secolo, gli Angeli.

Le testimonianze sul trasporto della famiglia Angeli

Quindi si è fatto presto a trarre la conclusione che le “pietre sante” di Loreto vennero traslate dagli Angeli bizantini e non da quelli celesti. Da tale equivoco sarebbe poi nata la tradizione di Loreto, quando i fedeli avevano ormai dimenticato l’originale fatto storico. La medesima tesi sosteneva il vescovo di Digione, Maurice Landrieux, che il giorno 17 maggio 1900 annotava nel suo diario: “una famiglia Angeli, branca della famiglia imperiale che regnava a Costantinopoli […] tra le altre cose, portarono via i materiali della Santa Casa di Nazareth e li trasportarono a Loreto”. Il presule aveva appreso tale rivelazione dal medico archiatra di Leone XIII, Giuseppe Lapponi, che a sua volta l’aveva rintracciata in alcuni documenti segreti degli Archivi vaticani. Ma questi manoscritti da allora nessuno li ha più visti.

Una concreta testimonianza del possibile legame tra la Santa Casa e la famiglia Angeli di Costantinopoli è invece fornita dal ritrovamento di due denari tornesi nel sottosuolo della dimora lauretana. Sulle monete si legge la scritta Gui Dux Atene. Guy de La Roche fu duca di Atene dal 1285 al 1308 e nipote proprio di Niceforo I. I denari attestano forse il momento della fondazione santuariale e i veri artefici del trasporto a Loreto. Se la Santa Casa venne ereditata da Filippo d’Angiò, come tramandato dal Chartularium Culisanense, si spiega perché, tra tutti i luoghi, essa fu posata nel territorio recanatese. Basta ricordare che il papa in quegli anni era Celestino V, pontefice poco avvezzo alle questioni politiche, sostenuto in tutto e per tutto da Carlo II Angiò, re di Napoli e padre di Filippo, nonché dal potente Vicarius Urbis Salvo, vescovo di Recanati.

Samuele Corrente Naso

Note

  1. S. Papetti, I dipinti del sacello della Santa Casa di Loreto, in F. Grimaldi, Il sacello della Santa Casa di Loreto. Storia e devozione, Loreto, 1991. ↩︎
  2. L. Réau, Iconographie de l’art chrétien, III, Paris, 1958. ↩︎
  3. Tolomei Pietro di Giorgio, detto il Teramano, Historia Virginis Loretae, 1472 circa. Link al testo online. ↩︎
  4. Identificati in seguito in Stefano e Simone Rinaldi di Antici. ↩︎
  5. G. Angelita, Lauretanae Virginis historia, Roma, 1525-1530. ↩︎
  6. G.B. Spagnoli, Historia ecclesiae Lauretanae, Bologna 1489. ↩︎
  7. G. Santarelli, La Santa Casa di Loreto. Tradizioni e ipotesi, Edizioni Santa Casa, 6a edizione, Loreto, 2017. ↩︎
  8. F. Suriano, Il Trattato di Terra Santa e dell’Oriente, 1485. ↩︎
  9. P. P. Vergerio, De Idolo Lauretano, 1554. ↩︎
  10. A. Calmet, Dictionnaire historique, critique, chronologique, géographique et litteral de la Bible, IV, à Toulouse chez N. Étienne Sens, 1783. ↩︎
  11. G. C. Trombelli, Mariae Santissimae vita ac gesta, cultusque illi adhibitus, VI, Bononiae typis a Laelii, 1765. ↩︎
  12. Mons. Ulysse Chevalier, Notre-Dame de Lorette. Étude historique sur l’authenticité de la Santa Casa, Alphonse Picard et Fils Libraires, Paris, 1906. ↩︎
  13. M. Sensi, Santuari politici “contra pestem”. L’esempio di Fermo, in G. Paci, Miscellanea di studi marchigiani in onore di Febo Allevi, Agugliano (An), 1987, ↩︎
  14. A. Veggiani, L’impaludamento della piana di Loreto nel XIII secolo e la trasmigrazione dei luoghi di culto, in F. Grimaldi, Il sacello della Santa Casa di Loreto. Storia e devozione, Loreto, 1991. ↩︎
  15. F. Grimaldi, La Chiesa di Santa Maria di Loreto nei documenti dei secoli XII-XV, Ancona, 1984. ↩︎
  16. G. Ricci, Virginis Mariae Loretae Historia, 1468-1469. Nuova edizione a cura del p. G. Santarelli, Edizioni Congregazione Universale della Santa Casa, Loreto 1987. La datazione dell’opera è dibattuta e la maggior parte della critica l’assegna agli anni successivi alla Translatio del Tolomei. ↩︎
  17. G. Strafforello, La patria, geografia dell’Italia, III. Provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro e Urbino, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1898. ↩︎
  18. N. Monelli, La Santa Casa a Loreto, la Santa Casa a Nazareth, Loreto, 1992. . ↩︎
  19. G. Santarelli, I graffiti nella Santa Casa di Loreto, Provincia Picena dei Frati Cappuccini, Ancona, 1994. ↩︎
  20. A. Nicolotti, Su alcune testimonianze del Chartularium Culisanense sulle false origini dell’Ordine costantiniano angelico di Santa Sofia e su taluni suoi documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli, Giornale di storia, 8, 2012; Y.M. Bercé, Lorette aux XVIeet XVIIe siècles. Histoire du plus grand pèlerinage des Temps modernes, PU Paris-Sorbonne, Paris, 2011. ↩︎

Autore

Samuele

Samuele è il fondatore di Indagini e Misteri, blog di antropologia, storia e arte. È laureato in biologia forense e lavora per il Ministero della Cultura. Per diletto studia cose insolite e vetuste, come incerti simbolismi o enigmatici riti apotropaici. Insegue il mistero attraverso l’avventura ma quello, inspiegabilmente, è sempre un passo più in là.

error: