Il grande fiume Rodano nasce dalle Alpi svizzere, con anse e flutti imperiosi s’insinua tra le vallate della Francia sud-orientale e infine, traversando la Camargue, si getta nel Mar Mediterraneo. Le acque trascinano con sé detriti e sedimenti che plasmano in un ampio delta una terra insolita, fatta d’isole improvvisate, lingue di sabbia, stagni, paludi e saline. Così è il paesaggio che circonda il borgo di Aigues-Mortes.
Oggi come allora quando Luigi IX, il Santo dei Francesi, lo fece edificare di sana pianta affinché divenisse il porto del suo regno. E così era ancora mentre da quelle banchine cavalieri, paggi e scudieri s’imbarcavano a migliaia, in obbedienza al re, alla conquista della Terra Santa per un’ultima volta. Aigues-Mortes coi suoi bastioni fu testimone del cambio di un’epoca e della fine degli ideali crociati. Ma perché il re di Francia scelse di edificare una città fortificata per le sue imprese in Camargue, proprio lì dove la terra aveva conosciuto nient’altro che acquitrini e distese di sale?
Luigi IX, il Santo
Alla morte di Luigi VIII, l’8 novembre del 1226, il Regno di Francia possedeva un erede giovanissimo. Luigi IX aveva infatti appena dodici anni, sebbene mostrasse già una maturità fuori dal comune. Il fanciullo crebbe con la madre, Bianca di Castiglia, che gli fece da reggente sino alla maggiore età e sopra ogni altra cosa lo educò alla fede e al fervore religioso. D’altronde era quello l’evo del sentire spirituale, delle crociate e della santa missio a Gerusalemme, degli ordini monastici e al contempo cavallereschi, dei pellegrini che sulla via desideravano trascendere lo spazio per rassomigliare a Cristo. Eppure Luigi IX superò di gran lunga ogni dedizione, inclinazione e impegno cristiano che qualunque sovrano vissuto prima di lui avesse mostrato al mondo, tanto da essere creduto santo già in vita.
L’umiltà di un re
Il re di Francia fu a suo modo una vera immagine del Cristo, considerandosi un penitente più che un potente sovrano qual era. La dimensione religiosa avvolgeva ogni ambito della vita privata come del suo governo. Luigi IX non mancava occasione di indossare il cilicio e di praticare astinenze e digiuni1. Il sovrano incoraggiò la fondazione di monasteri e in un caso particolare, l’Abbazia cistercense di Royaumont, vi contribuì al punto di partecipare egli stesso ai lavori. Non solo il re si mise a trasportare pietre con le proprie mani ma volle unirsi ogni giorno alla preghiera dei monaci, come fosse un loro confratello. Salimbene de Adam, nella Cronica2, tramanda l’immagine di un uomo “sottile e gracile” ma soprattutto umile:
“Erat autem rex subtilis et gracilis, macilentus convenienteret longus, habens vultum angelicum et faciem gratiosam. Et veniebatad ecclesiam fratrum Minorum non in pompa regali, sed inhabitu peregrini, habens capsellam et burdonem peregrinationisad collum, qui optime scapulas regias decorabat. Et veniebat noneques, sed pedes; […]”
“Il re era sottile e gracile, di una giusta magrezza e di alta statura. Il suo volto era angelico e i suoi lineamenti pieni di grazia. Veniva verso la chiesa dei frati minori non in pompa regale, ma in abito da pellegrino, con il bordone e la sacca a tracolla, che adornava nel modo migliore le spalle del re. E non veniva a cavallo, ma a piedi […]”
Salimbene de Adam, Cronica, XIII secolo.
E ancora Fra’ Salimbene ce lo descrive seduto per terra nella polvere, come l’ultimo tra gli ultimi, mentre chiedeva delle preghiere ai frati Francescani riuniti a Sens per il capitolo generale dell’Ordine. L’incrollabile fede del re, tuttavia, non faceva di lui uno sprovveduto. Fu infatti un sovrano saggio e ben attento alle esigenze interne del Regno quanto a quelle politico-militari. Non per niente decise di edificare il porto di Aigues-Mortes.
Aigues-Mortes, un porto per il Regno di Francia
Alle prime decadi del Tredicesimo secolo, per quanto oggi possa sembrare sorprendente, il Regno di Luigi IX non possedeva uno sbocco sul Mar Mediterraneo. Nel 1240 il sud-est della Francia, ossia la Contea di Provenza con la ricca città portuale di Marsiglia, si trovava sotto l’orbita del Sacro Romano Impero di Federico II Hohenstaufen. A sud-ovest la situazione non era migliore giacché, sebbene Luigi IX avesse strappato i territori della Linguadoca ai Catari e ai Conti di Tolosa anni prima, ci volle molto tempo prima di riuscire a ottenere la fedeltà della popolazione locale. Inoltre, era stato stabilito che la regione, nella quale rientrava il porto di Agde, dovesse rimanere ancora per qualche anno sotto il controllo del conte Raimondo VII di Tolosa come stato vassallo3.
La costruzione di Aigues-Mortes
Ordunque, l’unica propaggine del Regno di Francia che raggiungeva il Mediterraneo era costituita dalle insalubri terre della Camargue. Si trovavano, le distese di aigues mortes, paludose e inospitali, nelle terre dell’abbazia benedettina di Saint-Pierre de Psalmody, i cui monaci ricavavano da esse dei guadagni attraverso il commercio del sale.
Nel 1240 Luigi IX inviava degli emissari presso l’abate del cenobio, cui non pareva vero di scambiare quelle “acque morte” con le terre coltivabili di Sommières offerte dal re4. L’intenzione del sovrano era di costruire ad Aigues-Mortes il porto sul Mediterraneo che mancava al suo Regno e da cui egli voleva far transitare le rotte marittime più importanti. Luigi IX voleva realizzare in questa località della Camargue una nuova frontiera di scambi commerciali e attirare innanzitutto i ricchi mercanti italiani5.
I lavori per l’edificazione della città vennero affidati al Magister Caementarius Operum Domini Regis Eudes de Montreuil, ma i cronisti dell’epoca riferiscono di come Luigi IX intervenne di persona nei progetti. Il re ordinò la realizzazione di un ingegnoso sistema di canali d’acqua per far giungere i materiali di costruzione da Beaucaire e Les Baux-de-Provence. Far sorgere una città nel bel mezzo degli stagni di Aigues-Mortes era un’impresa di non poco conto. I lavori si rivelarono oltremodo duri e faticosi tanto che, con la Charte de Coutumes del 1246, il sovrano decretò l’esenzione da gabelle, imposte e pedaggi a chi si trasferisse nel borgo per prendere parte alla sua costruzione.
Una città portuale fortificata
Aigues-Mortes fu concepita come un quadrilatero, alla maniera delle antiche città romane. Venne prevista una poderosa cinta muraria, edificata tuttavia solo a partire dal 1272 sotto il regno di Filippo III e terminata un secolo dopo. La cerchia è giunta a noi nella sua interezza: lunga più di milleseicento metri, è provvista di venti torri e sei porte principali. Il castello della città sorgeva sulle rovine di una preesistente costruzione chiamata torre Matafère, eretta da Carlo Magno intorno al 790 per avvistare le incursioni nemiche. Ciò nondimeno i Saraceni distrussero l’abbazia di Psalmody nel 908 e fu necessario ricostruirla6. Del castello di Aigues-Mortes oggi non rimangono tracce, fu demolito durante la guerra tra Armagnacchi e Borgognoni del XV secolo.
Si conserva in tutta la sua imponenza, invece, la torre di Costanza, un mastio fortificato che fungeva da faro per le navi dirette a Aigues-Mortes. Collocata in prossimità della porta nord-ovest, l’edificio è costituito da una base a sezione cilindrica alta circa trenta metri, sulla quale poggia una torretta a cuspide. La Torre di Costanza fu edificata a partire dal 1242 mentre, alla fine del XIII secolo, venne eretta la Tour Carbonnière, una struttura di avvistamento e di pedaggio collocata fuori dalla città.
In quanto al porto di Aigues-Mortes, invece, esso si trovava in mezzo al grande stagno della Marette ed era collegato al mare per mezzo del Canal-Viel. Nella città di Luigi IX il Santo non poteva mancare una chiesa. Notre Dame des Sablons, edificio dal nome evocativo del luogo ossia “Nostra Signora delle Sabbie”, sorse in stile gotico nel 1246 su una precedente costruzione in legno e canne. L’abside della chiesa è rivolta a Oriente, direzione in cui sorge il sole e visse il Cristo, dov’è la santa città di Gerusalemme.
La malattia del re e il voto della crociata
Mentre la costruzione di Aigues-Mortes procedeva in maniera spedita, un evento inatteso rischiò di compromettere i piani di Luigi IX per il suo regno. Sul finire del 1244, infatti, il sovrano si ammalò tanto gravemente che si temette per la vita. Il biografo ufficiale di corte, Jean de Joinville, racconta che il 10 dicembre il re sembrò sul punto di spirare7. Ma quando la rassegnazione si era ormai impadronita dell’animo di chi lo assisteva, “il Signore Gesù Cristo, che ebbe compassione del re, gli ridonò la salute”. Si trattò di un vero miracolo, o quantomeno fu così percepito sia dai sudditi che dallo stesso sovrano.
Avvenne allora l’imponderabile. Ancora debole e adagiato sul proprio giaciglio, Luigi IX annunciò che avrebbe compiuto un voto. Per ringraziare Dio dell’avvenuta guarigione “chiese di farsi crociato”8. Il re promise che avrebbe condotto una spedizione cristiana in Terra Santa per liberare Gerusalemme e convertire i Saraceni9. Alla corte, ai nobili del Regno, alla madre Bianca e finanche al vescovo di Parigi, parve subito un pensiero ardito. La scelta di Luigi IX di organizzare una crociata sembrava anacronistica in un momento in cui la spinta politica e gli ideali della missio in Terra Santa stavano venendo meno.
Le precedenti crociate
D’altronde l’annuncio del re arrivava dopo decenni di spedizioni fallimentari. Dopo la conquista di Gerusalemme nel 1099 le crociate successive avevano infatti incontrato difficoltà crescenti, culminando talvolta in esiti catastrofici.
La seconda crociata (1147-1150), condotta da Luigi VII di Francia e Corrado III di Svevia, si era miseramente dissolta contro le mura di Damasco. La terza crociata (1189-1192) non era riuscita a riconquistare Gerusalemme, caduta nelle mani di Saladino, e aveva visto la tragica morte per annegamento dell’imperatore Federico Barbarossa mentre guadava il fiume Göksu. La quarta crociata (1202-1204), voluta da Innocenzo III, si era risolta con il drammatico saccheggio di Costantinopoli, senza mai nemmeno giungere in Terra Santa. E così pure la quinta crociata (1217-1221) che, dopo la conquista di Damietta in Egitto, si era arenata a causa di profonde divergenze nella coalizione cristiana su come proseguire la guerra. In ultimo la sesta crociata (1228-1229) aveva permesso di ottenere Gerusalemme, ma soltanto tramite quello che fu ritenuto un disonorevole accordo tra Federico II e il sultano Al-Malik al-Kāmil.
L’ostinazione di Luigi IX
L’appello alla crociata di Luigi IX non riscosse l’entusiasmo sperato nemmeno da parte del papa. In quel momento Innocenzo IV era troppo impegnato nelle dispute con l’imperatore Federico II per poter dare un reale contributo. Si limitò pertanto a benedire l’intenzione del sovrano, e così fece Ferdinando III di Castiglia, già occupato nella Reconquista della penisola iberica.
Un cronista dell’epoca, Matteo Paris, mise per iscritto i tentativi di dissuadere il re dalle sue intenzioni, soprattutto da parte della madre e delle alte cariche ecclesiastiche. La preoccupazione di tutti era che il sovrano avrebbe trascurato il Regno di Francia se fosse partito per il Medio Oriente, dove i Musulmani Corasmi avevano conquistato Gerusalemme pochi mesi addietro, nel luglio 1244. Luigi IX, tuttavia, fu irremovibile. All’obiezione che avesse pronunciato il voto in stato di infermità, e quindi in uno stato di volontà imperfetto, egli strappò una croce che aveva cucita sul petto e ingiunse al vescovo di Parigi di restituirgliela, così che “nessuno potesse più dire che aveva preso la croce senza sapere quello che faceva”10.
La settima crociata
Non vi fu modo di far desistere Luigi IX dai suoi propositi. Il Re pianificò ogni dettaglio della spedizione che intendeva condurre in Outremer. E se fino ad allora gran parte delle milizie cristiane potevano raggiungere Gerusalemme soltanto via terra, adesso disponevano di un porto sul Mediterraneo. Luigi IX decise infatti che la crociata sarebbe partita da Aigues-Mortes. Risoluto com’era, il re incominciò i preparativi nel 1248, in completa autonomia. Il 12 giugno di quell’anno presso l’Abbazia di Saint-Denis il sovrano ricevette il solenne invio da parte del cardinale Eudes de Châteauroux. Come segni della missio prese lo stendardo reale Oriflamme, il bordone e la bisaccia del viandante. Luigi IX, infatti, concepiva la crociata come un pellegrinaggio con valore penitenziale, necessario per l’espiazione delle colpe sue e dell’intero Regno.
Per evitare che fallisse bisognava dunque arrivarvi pronti tanto nella materia quanto nello spirito. Il sovrano fece redigere un elenco delle ingiustizie e degli sbagli commessi dai giudici dell’amministrazione regia. Quindi per due anni ripagò a sue spese coloro che avevano subito i torti. Da Saint-Denis ritornò a Parigi a piedi scalzi, in abiti umili e senza orpelli d’oro e d’argento11, seguito da una grande folla in processione. Quindi si diresse dapprima all’abbazia Saint-Antoine-des-Champs, dove chiese alle suore di pregare per la sua anima12, e poi a Sens, nel luogo in cui lo vide Fra’ Salimbene. Giunse infine a Aigues-Mortes per i preparativi della crociata.
Ad Aigues-Mortes il re prepara la crociata
Luigi IX si trasferì ad Aigues-Mortes con un gran seguito di genti, tra cui la moglie Margherita di Provenza e i fratelli Carlo d’Angiò e Roberto I d’Artois. Sebbene la città fosse ancora in costruzione, venne allestita per ospitare la moltitudine di soldati che da lì sarebbero salpati per la Terra Santa.
In pochi mesi Aigues-Mortes si riempì a perdita d’occhio di tende e stendardi; di animali e carriaggi; di nobili cavalieri accompagnati da migliaia di palafrenieri e di scudieri; non ultimo di una massa disordinata di semplici uomini d’arme. Non è facile quantificare le effettive dimensioni di tale esercito, le fonti dell’epoca riportano forse numeri più ampi di quanto fu in realtà, per questioni di propaganda. In ogni caso, a sentire Jean de Joinville, che partecipò egli stesso alla crociata, è verosimile che s’imbarcarono per l’impresa circa 2.800 cavalieri con 8.000 cavalli, per un totale di 20.000 soldati13. Per trasportare questa moltitudine di uomini vennero allestite centinaia di navi, gran parte delle quali noleggiate dai Genovesi, mentre i finanziamenti per l’impresa provennero dai Templari.
Luigi IX conduce la crociata in Egitto
La flotta crociata salpò dal porto di Aigues-Mortes il 28 agosto del 1248 dopo tre giorni di bonaccia. Gli eserciti cristiani raggiunsero Cipro a metà settembre, dove furono accolti da Enrico di Lusignano e attesero la fine dell’inverno. Luigi IX aveva deciso di condurre i crociati in Egitto, fulcro del dominio musulmano in Medio Oriente, anziché direttamente verso Gerusalemme. Quindi il 30 maggio del 1249 la spedizione lasciò l’isola di Cipro verso sud e appena pochi giorni più tardi sbarcò nella terra dell’emiro Fakhr al-Dīn Yūsuf. Il 5 giugno i crociati riuscirono a conquistare Damietta, abbandonata dai suoi abitanti14.
La scelta di Luigi IX non era stata frutto del caso: il possesso di tale città, situata presso il delta del Nilo, era strategico. Da lì, infatti, era possibile avere il controllo su tutto il fiume e tentare la conquista dell’Egitto. Dall’Egitto sarebbe stato poi più semplice giungere a Gerusalemme via terra.
La battaglia di Mansura
I piani di vittoria di Luigi IX dovevano passare tuttavia dalla conquista del Cairo, che si trovava più a sud. Ma una piena del Nilo rese impossibile per diversi mesi raggiungere la città e ciò diede il tempo ai Musulmani di organizzare le difese. Quando infine gli eserciti del re di Francia poterono attraversare la riva orientale del fiume, nel febbraio 1250, incontrarono una ferrea resistenza a Mansura, le cui difese erano guidate dal valoroso Baybars. L’assedio della città fortificata si rivelò una delle pagine più drammatiche dell’intera epopea crociata, risolvendosi in un massacro dei cristiani. A ciò contribuì l’improvvisazione delle tattiche condotte in battaglia: sebbene le decisioni sul campo spettassero a Luigi IX, i singoli condottieri, signorotti e cavalieri godevano di una certa autonomia. I più valorosi potevano decidere, ad esempio, di effettuare la prima carica al nemico, considerato questo un fatto d’onore di primaria importanza.
Così, non appena Roberto d’Artois ebbe superato le acque del Nilo con le sue truppe, si lanciò in una coraggiosa carica al galoppo verso la città di Mansura. I Templari del maestro Guillaume de Sonnac, alla vista di quell’oltraggio, per evitare che il fratello del re li sopravanzasse, fecero lo stesso. Il grosso dell’esercito francese, tuttavia, stava ancora guadando il Nilo insieme a Luigi IX e non poté raggiungere l’avanguardia prima che il disastro fosse compiuto. Gli uomini di Roberto d’Artois e Guillaume de Sonnac riuscirono a penetrare le mura di Mansura ma vennero massacrati dalla guarnigione di Mamelucchi guidata dal valoroso Baybars. Il fratello del re perse la vita e solo tra i Templari si contarono 280 caduti. Una volta difesa la città, i Mamelucchi uscirono dalle mura e sbaragliarono le truppe crociate di Luigi IX che stavano sopraggiungendo, costringendole a ripiegare sull’altra sponda del Nilo15.
“E perciò scorgevamo, venendo avanti, il fiume coperto di lance e di scudi e di cavalli e di uomini che affondavano e perivano.”
Jean de Joinville, Vie de saint Louis
L’epilogo della settima crociata
All’esercito di Luigi IX rimaneva la sola opzione di tornare a Damietta, incalzato dalle truppe nemiche. E come se non fosse abbastanza i crociati furono colti da un terribile flagello, alcuni dei cui sintomi sembrano a noi ricordare il tifo e altri lo scorbuto. Così ne parlava Jean de Joinville:
“Nelle gambe la carne tutta seccava e la pelle coprivasi di macchie nere eterrose come un vecchio stivale; e le gengive marcivano; e chiunque fosse colpito da tale malattia non poteva sfuggire alla morte […]”.
Jean de Joinville, Vie de saint Louis
Era chiaro ormai che la crociata del re santo fosse fallita. Mentre tentavano di raggiungere Damietta, le truppe cristiane furono infine raggiunte a Fariskur, il 6 aprile 1250. Luigi IX venne fatto prigioniero dal nemico, che non esitò a trucidare i malati e i feriti cristiani16.
“I Saraceni trionfarono molte volte sull’esercito generale dei cristiani, vale a dire i Francesi, con il Re presente, i Templari, gli Ospitalieri, i Teutonici, i fratelli di San Lazzaro e tutti gli abitanti della Terra Santa furono conquistati, catturati, massacrati, ahimè!”
M. Paris, Flores historiarum, XIV secolo
La liberazione di Luigi IX e una decisione inaspettata
Il re di Francia rimase prigioniero dei Musulmani per circa un mese, e possiamo immaginare quali tormenti spirituali lo attanagliassero. La sua crociata era stata un fallimento nonostante tutto lo zelo profuso, le processioni, le preghiere e le penitenze. L’esercito del re era stato annientato non solo dai Mamelucchi ma anche dal morbo, che fu percepito al pari di un vero flagello di Dio. Luigi IX attribuì la sconfitta alla volontà divina di punire i peccati dei cristiani. Lo stato di detenzione del sovrano durò finché la moglie, Margherita di Provenza, non riuscì ad accumulare in tempi molto rapidi l’enorme cifra di 400000 lire tornesi, con le quali pagò il riscatto17. Il 6 maggio del 1250 Luigi IX era di nuovo libero, mentre le truppe cristiane abbandonavano l’Egitto.
Ciò nondimeno, non appena liberato il re prese una decisione del tutto inaspettata. Anziché rientrare in Francia, come ci si sarebbe aspettato, decise di restare in Terra Santa, esortando i sudditi a seguirlo. Affidò quindi il governo della Francia alla madre, Bianca di Castiglia, e si stabilì ad Acri. Strinse inoltre un accordo con il sultano d’Egitto che prevedeva una tregua di dieci anni. La volontà di Luigi IX era quella di preservare i regni crociati in Medio Oriente, e a tal fine non esitò a fortificare alcune importanti città come Giaffa, Cesarea e la stessa Acri. Ma con la morte della madre, avvenuta il 27 novembre 1252, il re dovette organizzare il suo rientro in Francia, che avvenne soltanto il 10 luglio del 1254.
L’ultima crociata
Luigi IX rientrò nel suo Regno in tono dimesso, nonostante un’accoglienza calorosa da parte dei sudditi. Non dismise mai i suoi abiti da crociato e il pensiero del fallimento di Mansura dovette tormentarlo a lungo. Almeno finché non decise, illuminato dalla grazia del Signore Iddio, di bandire un’altra crociata, l’ultima dell’Occidente. Il sovrano intendeva certo rimediare al disonore che le truppe francesi avevano subito in Egitto. Così, dopo aver ricevuto l’assenso da parte di papa Clemente IV, Luigi IX riprese l’Oriflamme a Saint-Denis il 14 marzo 1270. Si avviò quindi verso il porto Aigues-Mortes ancora come quel pellegrino penitente che, ventisei anni prima, aveva fatto voto di liberare Gerusalemme. Ma questa volta il sovrano non tornò più a casa.
La decisione del re, ancor più che per la precedente spedizione, destò grande scalpore. In tutta l’Europa cristiana il fine ultimo delle crociate, ossia liberare e custodire i territori della Terra Santa, non veniva più considerato di primario interesse. E se non fosse stato per la fama di santità che lo accompagnava, e la fiducia nelle sue virtù, nessuno avrebbe seguito Luigi IX in un’altra impresa così gravosa.
I sovrani che risposero all’appello furono in ogni caso meno di quanti il re sperasse. Alfonso X di Castiglia, ad esempio, non partecipò alla crociata, né s’imbarcarono armate tedesche del Sacro Romano Impero. Anche il fidato Jean de Joinville, che aveva accompagnato il sovrano in Egitto, si rifiutò di partire. Luigi IX lasciò il porto di Aigues-Mortes il 2 luglio 1270 alla testa di un esercito a grande maggioranza francese. Il giorno della partenza si rivolse ai tre figli presenti con queste parole:
“Voi vedete come già vecchio intraprendo per la seconda volta il viaggio d’oltremare, come io lascio la vostra madre già pure avanzata in età e il mio regno pieno di prosperità. Voi vedete come, per la causa di Cristo, non ho riguardo alla mia vecchiaia e come ho resistito alla desolazione di tutti quelli che mi erano cari. Io sacrifico a Dio, ricchezze, onori, piaceri; […]”
J. Fr. Michaud, Storia delle crociate, vol. 2, 1845
La morte di Luigi IX
Dopo una sosta in prossimità delle coste sarde, la crociata sbarcò a Cartagine, in Nordafrica. L’intenzione del re di Francia era di convertire con la forza il sultano di Tunisi e farne un alleato contro l’Egitto di Baybars. Si trattava tuttavia di una mera illusione. Il sultano non aveva infatti alcuna intenzione di convertirsi, anzi inviò un’ambasceria al campo crociato con la quale annunciò la volontà di difendere Tunisi con le armi. Luigi IX decise a quel punto di temporeggiare e attendere l’arrivo delle truppe di suo fratello Carlo I dalla Sicilia. Ma in questo tempo l’accampamento dei cristiani venne colto da un morbo insanabile, che finì per contagiare anche il sovrano.
Luigi IX si spense il 25 agosto 1270, a causa del tifo o della dissenteria. Con lui cessò la volontà stessa della crociata: il re aveva ormai incarnato, racchiuso in sé, tutti gli ideali della Missio cristiana in Terra Santa. Si narra che sul letto di morte egli abbia esclamato appena prima di spirare: “Gerusalemme! Gerusalemme!”18. Fu così che Luigi IX rese l’anima al creatore e da quel giorno, nel Regno di Francia, mai più si vide un re così santo, né un santo che divenisse re.
Samuele Corrente Naso
Note
- Guillaume de Saint-Pathus, La vie et les miracles de Mongseigneur saint Louis, a cura di P. B. Fay, Parigi, 1931. ↩︎
- J. Le Goff, San Luigi, Torino, Einaudi, 1996. ↩︎
- Si veda il trattato di Parigi dell’11 giugno 1229 tra Luigi IX e Raimondo VII di Tolosa in C. Petit-Dutaillis, Luigi IX il Santo, Storia del mondo medievale, 1999. ↩︎
- C. H. Bothamley, The Walled Town of Aigues-Mortes, Archaeological Journal, 1916. ↩︎
- Ibidem nota 2. ↩︎
- C. Boekholt, Les prieurés de Psalmody en Provence, Chroniques de Haute-Provence, Revue de la Société scientifique et littéraire des Alpes-de-Haute-Provence, 2012. ↩︎
- Jean de Joinville, Histoire de saint Louis, in Historiens et chroniqueurs du Moyen Age, Paris 1963. ↩︎
- Ibidem. ↩︎
- J. Richard, Saint Louis: roi d’une France féodale, soutien de la Terre sainte, Fayard, 1983. ↩︎
- Ibidem nota 2. ↩︎
- L. Le Nain de Tillemont, Vie de Saint Louis roi de France, 1688. ↩︎
- Ibidem nota 2. ↩︎
- Ibidem nota 7. ↩︎
- Jonathan Riley-Smith, Storia delle crociate: dalla predicazione di papa Urbano II alla caduta di Costantinopoli, Milano, Mondadori, 2017. ↩︎
- Ibidem nota 7. ↩︎
- Ibidem nota 2. ↩︎
- J. Flori, Le crociate, Il Mulino, Bologna 2000. ↩︎
- Ibidem nota 1. ↩︎