La Collegiata di Sant’Orso, il Sator e l’arte sacra d’Aosta

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Il complesso di Sant’Orso costituisce una delle più importanti testimonianze materiali di arte sacra ad Aosta, ed è contraddistinto dal sapiente accostamento di stili e dal mutare delle architetture lungo i secoli. La sua stratificazione monumentale ha assunto nel tempo una rilevanza autonoma e caratterizzante dell’identità culturale cittadina. La minuta piazza di Sant’Orso ad Aosta è avvolta, come in un candido abbraccio d’inverno, dai prospetti dei suoi più antichi edifici: il Priorato e la Collegiata dei Santi Pietro e Orso, con il suo vistoso campanile e il chiostro romanico, tradiscono una vetusta bellezza d’arte e di mistero. Un maestoso tiglio non sembra curarsi dei suoi cinquecento anni e osserva, fronduto e paziente, lo scorrere del tempo.

Il complesso di Sant’Orso

L’area, interessata dalle costruzioni che oggi definiscono il complesso di Sant’Orso, fu abitata sin dalla protostoria. Ancora in epoca romana essa era adibita a necropoli extraurbana. Sorgeva, infatti, al di fuori della cinta muraria cittadina di Augusta Praetoria, non lontana dall’asse viario che conduceva verso Eporedia, l’odierna Ivrea. La destinazione d’uso funerario dell’area si preservò in epoca paleocristiana e differenti scavi archeologici hanno riscoperto un importante complesso del V secolo, composto da almeno due distinte chiese con funzioni cimiteriali. Si tratta delle rimanenze collocate sotto la chiesa di San Lorenzo del XVII secolo, e di quelle poste inferiormente alla Collegiata di Sant’Orso.

La Collegiata di Sant’Orso

Le rimanenze archeologiche paleocristiane della Collegiata di Sant’Orso hanno rivelato l’esistenza di un edificio primitivo a navata unica, con abside semicircolare. Pochi residui dei muri perimetrali confermano l’esistenza di mausolei funebri. La Collegiata subì quindi corpose modifiche, e venne ricostruita interamente nel IX secolo. L’edificio era caratterizzato dall’addossamento del campanile sulla facciata (989), di cui costituiva accesso principale, elemento architettonico intuibile dalla presenza di archetti pensili e di una bifora tamponata sulla sinistra dell’odierno prospetto.

Aosta ebbe poi un periodo di vivace fioritura nel corso del vescovado di Anselmo (994-1026), rinnovamento a cui non si sottrassero gli edifici di culto. È in questi anni che viene tradizionalmente riconosciuto l’allargamento dell’aula della Collegiata in tre navate. La costruzione venne rimaneggiata secondo i nascenti stilemi romanici: una copertura a capriate lignee prese a sovrastare le navate suddivise da pilastri, ciascuna con abside semicircolare. Fu altresì realizzata una cripta a uso sepolcrale e di culto.

I rifacimenti successivi della Collegiata di Sant’Orso

Dell’epoca di Anselmo permangono poche testimonianze, giacché alla fine del XV secolo la Collegiata fu interessata dal rifacimento tardo-gotico del prospetto e degli interni. Presso la facciata fu abbattuto il primitivo campanile, realizzando l’odierna disposizione a salienti tramite l’avanzamento del prospetto. Fu inoltre realizzato il portale centrale con arco a sesto acuto, e sormontato da una ghimberga slanciatissima; la facciata fu infine coronata da brevi pinnacoli. Internamente la Collegiata subì la rimozione della copertura a capriate lignee in favore di un sistema con volte a crociera.

Il campanile che oggi svetta sulla piazza di Sant’Orso fu realizzato a partire dal XII secolo. La porzione inferiore della struttura era originariamente parte delle mura cittadine, e soltanto nel secolo successivo fu innalzato sino all’attuale quota di circa quarantaquattro metri.

I resti musivi della Collegiata di Sant’Orso e il Quadrato del Sator

Nel 1999, durante i lavori di scavo presso la Collegiata di Sant’Orso, è stato messo in luce un prezioso mosaico pavimentale inferiormente al piano di calpestio del presbiterio. Il tappeto musivo, ben conservato, è oggi osservabile attraverso un pannello di vetro protettivo, che consente di ammirarne l’eccezionale valenza simbolica e artistica. L’opera si contraddistingue per una generale bicromia delle tessere, bianche e nere, solo in alcuni tratti interrotta da una vivace colorazione ocra. Il mosaico ha forma quadrata (3,02 m x 3,02 m) e circoscrive un disegno circolare, i cui tasselli convergono verso la decorazione centrale attraverso sei fasce concentriche. Gli spigoli del quadrato sono orientati esattamente in direzione dei quattro punti cardinali. Le corrispondenti losanghe ospitano le raffigurazioni di un leone, di un’aquila, di un uomo con coda di pesce che imbraccia un serpente, e di un drago.

Le fasce circolari e il medaglione

La fascia circolare più esterna racchiude le scritte “+ INTERIUS DOMINI DOMUS HEC ORNATA DECENTER + QUERIT EOS QUI SEMPER EI PSALLANT REVERENTER”. Curiosamente la prima frase (“Questa casa del Signore dignitosamente adornata al suo interno” ) è leggibile in senso orario, mentre la successiva (“accoglie coloro che sempre cantano a Lui con riverenza”) è ribaltata come se si dovesse leggere allo specchio. In buona sostanza, la dicitura sembra riferirsi sia ai vivi che stanno sopra il piano di calpestio – ai quali spetta il compito di prendersi cura della Chiesa – sia a coloro che idealmente vi giacciono al di sotto.

Una seconda fascia decorativa ospita una sequenza di nodi intrecciati, simbolo del legame ineluttabile tra la volontà di Dio e l’uomo. Le fasce più interne, nel loro complesso, definiscono una sequenza di lettere di grandissimo interesse. Si tratta della frase latina palindroma del Quadrato del Sator, qui ad Aosta in forma eccezionalmente circolare. La dicitura è stata rinvenuta in differenti luoghi d’Europa e tutt’oggi le interpretazioni sul suo significato non sono unanimi. Il Quadrato del Sator è composto da cinque parole latine, le quali possono essere lette in ogni direzione.

S A T O R
A R E PO
TENET
OPERA
ROTAS

La traduzione letterale più accreditata vuol riferirsi all’opera di Dio creatore di tutto l’universo, in quanto “seminatore che tiene con cura tutte le ruote del carro”. Tuttavia, il termine arepo non è di origine latina e la sua traduzione è lungi dall’essere ben definita.

Presso il medaglione, al centro del mosaico, è rappresentato invece il combattimento tra Sansone e il leone, figurazione di Cristo che sconfigge il diavolo.

L’interpretazione del Sator di Aosta

Il pavimento musivo con il Sator è posto in continuità con un piano in cocciopesto del XV secolo. Ciò nondimeno, esso è certamente più antico e, attraverso un confronto paleografico con alcune scritte nei capitelli del chiostro (in particolare il n. 25), viene tradizionalmente associato alla prima metà del XII secolo.

In relazione al contesto di rinvenimento e all’epoca di realizzazione è possibile operare un’interpretazione globale dell’opera e della dicitura del Sator in essa contenuta. Il mosaico è, in primis, ospitato nell’area del presbiterio: qui si officiavano le funzioni religiose della Collegiata. Tra di esse avevano grande valenza di culto la celebrazione eucaristica e quella penitenziale. In tal senso, le figure presso le losanghe sono la rappresentazione dei peccati, in accordo con il bestiario medioevale. L’umanità intera, in tutte le direzioni cardinali e fino agli angoli più remoti della Terra, dove albergano mostri e fiere, è infatti redenta per l’opera salvifica di Cristo. Il Salvatore è qui personificato dalla figura biblica di Sansone, nell’atto di sconfiggere il diavolo-leone.

In quest’ottica il palindromo del Sator, similmente a quanto osservato a Pieve Terzagni, intende significare la funzione liturgica sacerdotale, “che dignitosamente adorna la sua chiesa“. Presso il presbiterio, infatti, si collocavano la sede del presbitero e la mensa. Il mosaico pavimentale, inoltre, è certamente correlato al concetto biblico della Sacra Scrittura: essa è la Merkavah descritta dal profeta Ezechiele1 e, come un carro di fuoco, raggiunge tutti gli angoli della Terra. D’altronde non è forse il Sator colui che “tiene con cura tutte le ruote del carro“?

Il Palazzo del Priore

All’interno del complesso di Sant’Orso si erge, lateralmente alla Collegiata, il Priorato. Si tratta di una costruzione del XV secolo, edificata a partire dal 1468 per ospitare le stanze del priore Giorgio di Challant. La costruzione è in cotto e si sviluppa attraverso tre distinte strutture: accanto a una torre ottagonale con cuspide, si adagiano i due prospetti laterali. Essi si articolano su tre ordini separati da cornice marcapiano e si aprono inferiormente per mezzo di ampie arcate. Il palazzo contiene la sala priorale e una cappella decorata con affreschi del XV secolo.

Il chiostro romanico della Collegiata di Sant’Orso

Il chiostro del complesso di Sant’Orso rappresenta una preziosa testimonianza della vita conventuale nel XII secolo2. Esso fu fatto realizzare dal priore Arnolfo di Avise, forse a partire dal 1132, per ospitare la comunità di agostiniani che ivi si era insediata per volontà del vescovo di Aosta, Eriberto. La datazione, pur dibattuta, sembrerebbe confermata dall’iscrizione incisa su uno dei capitelli che lo impreziosiscono, la quale riporta che “ANNO AB INCARNATIO (N) E DOMINI MC XXX III IN HOC CLAUSTRO REGULAR (I) S VITA INCEPTA EST”. Le arcate a tutto sesto e le volte furono rifatte nel corso del XV secolo durante il priorato di Giorgio di Challant. Il chiostro ospita cinquantadue capitelli riccamente scolpiti ed era decorato con affreschi sulla vita di Sant’Orso, oggi purtroppo non più leggibili.

I capitelli del chiostro della Collegiata di Sant’Orso

L’iconografia dei capitelli oscilla tra scene del Vecchio Testamento e dell’agiografia di Sant’Orso. Non mancano, inoltre, decorazioni zoomorfe e antropomorfe, anche nell’ottica di rivisitazione cristiana di figure pagane. La tecnica scultorea rivela una spiccata plasticità delle forme e dei volumi, forse ispirata alla scultura romanica lombarda. I capitelli mostrano una particolare colorazione nerastra che si dice dovuta all’apposizione di un composto di colla e cenere, al fine di impermeabilizzarli. Tale miscela, tuttavia, con il passare degli anni si è inscurita, conferendo al chiostro l’odierno aspetto austero. Lo storico Robert Berton vi attribuisce un monito alla conversione e alla penitenza3.

Gli scavi di San Lorenzo

I lavori di scavo presso le fondamenta della chiesa di San Lorenzo, condotti a partire dal 1972, hanno riscoperto una preesistente basilica con pianta a croce latina e bracci absidati. La costruzione si sviluppava intorno a una solea centrale che, protendendosi dal presbiterio alla navata, scandiva lo spazio adibito alle sepolture dei primi vescovi di Aosta: Grato, Agnello e Gallo. Per questa ragione la basilica era detta Concilium Sanctorum. L’area riservata al clero terminava, presso il coro e in prossimità dell’abside, con una gradinata a semicerchio che fungeva da panca (synthronon).

La basilica paleocristiana di San Lorenzo venne distrutta da un incendio nell’VIII secolo e ricostruita de novo. Essa subì ripetuti rifacimenti nei secoli successivi e l’attuale aspetto si deve ai lavori del XVII secolo.

I mosaici del Duomo di Aosta

Importanti testimonianze dell’arte sacra di Aosta si rinvengono altresì presso la Cattedrale. L’edificio ebbe origini paleocristiane presso il luogo dove sorgeva una Domus Ecclesiae4. Riedificata durante il vescovado di Anselmo (X-XI secolo), attraverso la realizzazione di tre navate separate da pilastri a fascia, la chiesa vide nell’XI secolo l’aggiunta del westwerk. La struttura si trasformò lungo i secoli, soprattutto in epoca tardogotica e rinascimentale, come tradisce la facciata del XVI secolo. Quest’ultima venne infine racchiusa da un arco neoclassico con timpano, alla fine del XIX secolo.

Nonostante i numerosi rifacimenti, la Cattedrale preserva ancora importanti testimonianze dell’epoca paleocristiana, anselmiana e romanica. Tra questi vi è il fonte battesimale ottagonale paleocristiano, situato inferiormente alla navata principale. Del periodo anselmiano si conserva, in particolare, la cripta.

Presso il coro, invece, è possibile osservare i mosaici di enorme pregio detti del Ciclo dei mesi (XII secolo) e quello degli Animali reali e fantastici (XIII secolo). Il primo ospita la rappresentazione del Cristo, figurazione dell’Anno che regge il sole e la luna. Tutt’intorno a esso si dispongono le riproduzioni dei dodici mesi. Ai quattro angoli del tappeto musivo sono posizionate invece le allegorie dei quattro fiumi dell’Eden: Tigri, Eufrate, Pison, Ghicon.

Il secondo mosaico, di reimpiego, presenta la raffigurazione di animali reali e fantastici. Tra questi vi sono un elefante, una chimera e un altro richiamo al tema fluviale del Paradiso terrestre. Di epoca romanica sono altresì i due campanili che svettano sulla città.

Samuele Corrente Naso

Mappa dei luoghi

Note

  1. Ezechiele, 1, 4-26. ↩︎
  2. S. Barberi, Collegiata dei Ss. Pietro e Orso. Il chiostro romanico, Umberto Allemandi Editore, Torino 2002. ↩︎
  3. R. Berton, I capitelli del chiostro di Sant’Orso: un gioiello d’arte romanica in Val d’Aosta, De Agostini, 1956. ↩︎
  4. M. Cortelazzo, R. Perinetti, La Cattedrale di Aosta; dalla domus ecclesiae al cantiere romanico, Collana Cadran Solaire, 2007. ↩︎

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