Il Tempietto del Clitunno, centro sacro dei Longobardi

in , aggiornato il

Vi sono luoghi ammantati d’innata sacralità e tale inafferrabile percezione del trascendente, pur traversando i secoli, si preserva, si manifesta a chiunque ivi decida di soffermarsi. Un rivo d’acqua che scorre con grazia al chiarore della luna sul fondovalle; una foresta silenziosa di faggi e cipressi il cui limitare declina con brio lungo le sponde d’una sorgente antica: le Fonti di Campello si rivelano come una potente ierofania lungo il tracciato umbro della vetusta Via Flaminia. E nei pressi dello specchio d’acqua ecco apparire, quasi in maniera fiabesca, un grazioso edificio di culto: il Tempietto del Clitunno può essere considerato un centro sacro dell’umanità.

Le acque sacre del Clitunno

Le Fonti del Clitunno sono un luogo d’elezione spirituale, di mistica sensibilità, sin dall’antichità più remota. Già Plinio il Giovane [1] ne decantava il carattere magico-rituale e la bellezza silvestre:

“Hai mai visto le fonti del Clitunno? Se non ancora – e credo di no, altrimenti me ne avresti parlato – valle a vedere. Io l’ho viste da poco e mi rammarico d’averlo fatto troppo tardi. V’è una piccola collina tutta coperta da antichi e ombrosi cipressi: ai suoi piedi scaturisce una fonte da molte e ineguali vene, e prorompendo forma un laghetto che si spande così puro e cristallino che potresti contare le monete che vi si gettano e le pietruzze rilucenti… Sorge là presso un tempio antico e venerato. V’è dentro lo stesso dio Clitunno, avvolto nella pretesta che l’adorna. I responsi dimostrano la presenza del nume e la sua capacità di profetare. Intorno, ci sono parecchi tempietti qua e là ed altrettante divinità: ciascuna ha il proprio culto, il proprio nome ed alcune hanno anche delle fonti…”

Plinio il Giovane, Epistulae VIII, 8

Plinio tramanda che qui si svolgesse un importante culto pagano della romanità antica, giacché si credeva che in un luogo così bello dovesse abitare un dio. Pertanto, era questa la casa di Clitumnus, il nume tutelare delle acque, che un tempo scorrevano più copiose d’oggi; la divinità era una declinazione fluviale di Giove. Per esso si celebravano in primavera i Sacra Clitumnalia e i riti officiati erano legati alla purezza delle fonti e alle proprietà taumaturgiche delle acque. Persino Virgilio, nelle Georgiche, ne affermava la cristallina limpidezza e le virtù di purificazione: alcuni buoi destinati al sacrificio per il dio, immergendosi nelle Fonti del Clitunno, sarebbero riemersi bianchi candidi come la neve [2].

La continuità dei riti

Da qui, o Clitunno, le bianche greggi e il toro – la massima vittima – spesso bagnati nel sacro fiume, portarono ai templi degli dei i trionfi romani

Publio Virgilio Marone, Georgiche, Libro II, vv. 146-148

Si potrebbe immaginare che queste credenze pagane dell’antichità classica siano state cancellate dall’avvento del Cristianesimo. In verità, le Fonti del Clitunno conservarono il loro carattere di centro sacro anche in seguito, e i riti di purificazione connessi alle acque delle sorgenti sopravvissero. Come era d’uso nei primi decenni dopo l’avvento di Costantino, infatti, essi subirono una trasmigrazione di significato che ne permise il perdurare nel tempo. Così, le acque taumaturgiche di Clitumnus mutarono in quelle del fonte battesimale; al concetto di purificazione pagana si sovrappose quello della redenzione eterna per mezzo dell’opera salvifica di Cristo.

Di certo, tale riconversione del culto richiese molto tempo affinché fosse accettata. In prossimità del battistero cristiano, innalzato presso le Fonti, ancora al tempo di Urbano VIII (1568-1644) venivano rinvenuti gioghi di buoi, a rimembranza degli antichi riti pagani raccontati da Virgilio e Plinio il Giovane.

Il Tempietto del Clitunno

Dunque, sappiamo che in prossimità delle Fonti fu eretto un battistero, e parimenti una Pieve di San Michele Arcangelo in Capite, la cui esistenza è comprovata dalla storiografia [3]. Di tali edifici non resta quasi traccia alcuna, sebbene sia facile ipotizzare che il complesso avesse una certa rilevanza in questa parte dell’Umbria. Tra i numerosi luoghi di culto, posti sotto le dipendenze della Pieve, è citata una piccola chiesetta rurale appellata come Ecclesia S. Salvatoris, eccezionalmente giunta sino a noi. Sorprende osservarne le fattezze architettoniche assai dissimili da quelle di un edificio cristiano del Medioevo, e che la fanno rassomigliare piuttosto a un tempio pagano.

Proprio a causa della sua singolare architettura, il Tempietto del Clitunno ha rappresentato a lungo un rompicapo archeologico. Per secoli, infatti, si è creduto che il monumento fosse un sacello d’epoca romana, connesso ai riti di purificazione delle acque anticamente officiati in questo luogo, e che solo in seguito fu reimpiegato come chiesa. Tuttavia, oggi sappiamo che gli eventi non andarono affatto così.

Un edificio enigmatico

La chiesa di San Salvatore si presenta come un tempio classicheggiante, tetrastilo in antis. Le sue colonne corinzie, simili a fusti leggiadri di silvana armonia, hanno il potere di connettere l’edificio con l’ambiente naturale dei dintorni, come se fosse un mero continuum. Le colonne centrali sono scolpite con un elegante motivo ornamentale a squame; quelle laterali, scanalate a spirale, si addossano ai pilastri che sorreggono la trabeazione ed il frontone.

È questo un indizio che desta già perplessità sulla presunta origine classica del monumento; si tratterebbe di un espediente architettonico insolito per la romanità antica. Inoltre, si denota una certa diversità tra le colonne, che sono elementi di reimpiego provenienti da luoghi separati. Ancora, presso il pronao s’individuano materiali lapidei romani del I secolo, prelevati da altri edifici e riutilizzati in loco. Ecco che il Tempietto del Clitunno appare come un’abilissima opera di revival classicheggiante, operata in epoca paleocristiana o altomedievale. Accanto agli originali romani, l’edificio ingloba artefatti marmorei di gusto classicheggiante in maniera così verosimile da non poter distinguere gli uni dagli altri. Persino autori famosissimi, come ad esempio Palladio, ritennero erroneamente che il Tempietto del Clitunno fosse romano.

La trabeazione del Tempietto del Clitunno

Una trabeazione decorre continua lungo tutto il perimetro, e tradisce due fasi costruttive ravvicinate. L’architrave sul prospetto principale reca la scritta, in latino: “Dio santo degli angeli che ha effettuato la resurrezione”. Dall’analisi dei frammenti lapidei rinvenuti – qualcuno di essi è ancora adagiato sul piano di calpestio del pronao – si può intuire che due analoghe incisioni si trovassero lateralmente al Tempietto.

In particolare, in origine esistevano due scalinate laterali di accesso all’edificio, entrambe accolte da protiri con timpano e frontone. tali accessi furono demoliti nel XVIII secolo in seguito a un terremoto: si può presumere che le scritte fossero ivi collocate. Esse recitavano a sud e a nord rispettivamente: “Dio santo degli apostoli che ha effettuato la remissione dei peccati” e “Dio santo dei profeti che ha effettuato la redenzione [4]. Può essere interessante notare come sull’architrave il termine sanctus sia abbreviato in SCS, tachigrafia usata soltanto a partire dalla fine del V secolo.

Una datazione a lungo controversa

Una parte degli elementi decorativi e architettonici della chiesa di San Salvatore sono dunque di reimpiego. Tra di essi figurano, forse, materiali di spoglio provenienti dal perduto sacello pagano di Clitunno, e di certo da ville e terme che erano collocate nei dintorni. Ma a questo punto, chi realizzò il Tempietto e quando?

Le decorazioni sul frontone, adorno di croci e ospitante il labaro costantiniano con il Chi Rho in posizione centrale, potrebbero fornire un valido indizio. Esse sono integrate perfettamente nel supporto architettonico, pertanto non furono aggiunte in un secondo momento, ma concepite insieme alla struttura stessa. Si può dedurre che il Tempietto del Clitunno fu edificato ex novo in periodo cristiano, e non su preesistenze romane.

Alcuni autori, tra i quali Hoppenstedt, Salmi, Toscano [5], hanno quindi proposto un’origine paleocristiana del monumento (V secolo); numerosi altri, come Deichmann e Bertelli [6], lo hanno collocato in epoca altomedievale (VIII-IX secolo). Una stima più accurata, tuttavia, è stata fornita da Emerick [7]: il Tempietto del Clitunno sarebbe un’importante testimonianza della cultura longobarda in Italia. Emerick individua due fasi costruttive differenti, che avrebbero interessato rispettivamente la cella e il pronao, infine colloca la datazione dell’edificio tra il VI secolo e la caduta del Regno longobardo ad opera di Carlo Magno (774). Tale stima è stata ormai adottata dalla maggior parte degli autori e anche dall’UNESCO. Il Tempietto del Clitunno, infatti, è dichiarato patrimonio mondiale dal 2011 e inglobato nel sito seriale “I Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-774 d.C.)”.

La cella del Tempietto del Clitunno e i suoi affreschi

Il cuore del Tempietto del Clitunno è la cella, cui si accede dal pronao attraverso un’elegante apertura. L’ambiente è coperto da una volta a botte con pietre disposte a filari longitudinali; presso l’abside è collocata un’edicola con tabernacolo. Costituito da elementi di reimpiego è l’altare del I secolo, che si compone di una lastra in pietra e di una colonna scanalata.

L’intera parete absidale è poi ricoperta da affreschi, in parte ben conservati, che rappresentano una rara testimonianza pittorica altomedioevale di matrice longobarda. Attraverso raffronto stilistico è stato possibile, infatti, attribuire l’opera a maestranze del VII-VIII secolo, coerentemente con quanto affermato da Emerick. Termini di paragone appropriati sono i cicli pittorici di Santa Maria Antiqua a Roma e di Castelseprio. Gli affreschi absidali del Tempietto sul Clitunno raffigurano un Cristo benedicente presso il catino; San Pietro e San Paolo ai lati dell’edicola; alcuni angeli con croce gemmata sulla parete di fondo.

Il Tempietto del Clitunno, un ponte tra secoli, riti e culture

L’osservazione del prospetto templare ha suscitato, quantomeno, alcuni interrogativi sulla necessità di costruire un podio così alto per le colonne, tanto da richiedere poi l’innalzamento di due scalinate laterali per accedere all’edificio. Perché non porre la chiesa direttamente sul piano di calpestio? La risposta non può essere banale ed è da ricercarsi nel contesto storico-culturale d’origine. Deve essere attinente, vale a dire, a quella continuità dei riti del Clitunno in quanto centro sacro ab antiquo.

Ora, una stretta porta, con arco a tutto sesto, si apre al centro del basamento del tempietto. Traversandola si accede ad alcuni locali seminterrati, che si addossano alla nuda roccia.

Non è difficile accorgersi che tale angusto spazio, una sorta di cripta, sia stato progettato contestualmente all’edificazione della Ecclesia S. Salvatoris. Il vano doveva così contenere qualche elemento sacro da preservare, oggi non più presente, che allo stesso tempo giustificava la consacrazione di una chiesa proprio in quel luogo. A tal proposito, Gianfranco Binazzi ha fatto notare la presenza di piccole fenditure e di incrostazioni calcaree sulla parete rocciosa [8]. La cripta ospitava una sorgente d’acqua, e anticamente si allagava. Binazzi ha rilevato all’interno del vano alcune decorazioni geometriche su intonaco – tondi, losanghe, ovali – a fasce sovrapposte, simili nello stile a pitture paleocristiane dei primi secoli. L’acqua poi, fuoriuscendo da una conduttura, confluiva in una vasca ch’era posta innanzi al Tempietto.

La continuità delle acque

La ricostruzione proposta da Binazzi molto ricorda i riti pagani antichi di purificazione per mezzo delle acque del Clitunno. L’area, e la fonte sorgiva in particolare, dovevano essere già oggetto di venerazione al momento dell’edificazione del Tempietto longobardo. Il sopraelevamento della struttura era quindi funzionale a preservarne il culto delle acque, sebbene ora modificato nel nuovo significato cristiano. Si trattò della stessa reinterpretazione che interessò gran parte dei riti pagani in seguito all’Editto di Tessalonica (380).

Il Tempietto del Clitunno si configurava, in tal senso, come un ponte tra mondi lontani. Esso assicurava la continuità dei riti attraverso una sincresi simbolica e architettonica, religiosa ed extra-empirica. Il Tempietto era romano e cristiano allo stesso tempo, era Clitumnus che diventava Dio padre [9], esso garantiva la continuità della forza purificatrice delle acque. Il Tempietto del Clitunno era altresì manifesto di quel vivido processo di integrazione tra i barbari Longobardi e i Romani, cristiani ed eredi dell’antichità classica, che gettò le fondamenta della cultura altomedievale in Italia.

Samuele Corrente Naso

Note

[1] Plinio il Giovane, Epistulae

[2] Publio Virgilio Marone, Georgiche, Libro II

[3] Holstenius 1666, p. 123: «Subtus autem duo alia sunt fana, sive sacraria, alterum titulum S. Angeli, alterum Baptisterii, vulgo il Battesimo appellatum: haec quoque eiusdem antiquitatis sunt cum priore ut ostendunt fragmenta quaedam vetusta parietibus inserta»;

[4] (SCS) Sanctus Deus angelorum qui fecit resurrectionem
Sanctus Deus apostolorum qui fecit remissionem
Sanctus Deus prophetarum qui fecit redemptionem

[5] W. Hoppenstedt, Die Basilika S. Salvatore bei Spoleto und der Clitunno Tempel, Malle 1912; M. Salmi, La basilica di S. Salvatore di Spoleto, Firenze 1951; B. Toscano, Spoleto in pietre, Spoleto 1963;

[6] F.W. Deichmann, Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung, 1943; C. Bertelli, Storia dell’arte italiana, Torino 1983.

[7] J.J. Emerick, The Tempietto del Clitunno near Spoleto, Pennsylvania State University, 1998

[8] G. Binazzi, Considerazioni sulla cronologia del Tempietto sul Clitumno, 2014

[9] Secondo Binazzi la figura di Clitumnus confluisce in quella dell’Arcangelo Michele

Autore

Avatar Samuele
error: Eh no!