La basilica di Saccargia si scorge da lontano, fiera e solenne al centro d’una placida vallata della Sardegna nord-occidentale1. L’entroterra è qui segnato da un’armonia che pacifica l’animo, la natura sembra obbedire a un ordine che discende dal divino. La chiesa si staglia con il suo profilo snello, di bicroma alternanza, conteso tra il blu del cielo e il verde della piana. La basilica della Santissima Trinità di Saccargia venne eretta nel XII secolo insieme a un austero complesso monastico camaldolese, il primo in Sardegna. Se ne conservano gli eleganti tratti architettonici, definiti dai sapienti costruttori su modelli del romanico pisano-pistoiese. Si mostra ancora in tutta la sua bellezza un prezioso ciclo di affreschi presso l’abside, raro caso di pittura medievale rimasto sull’Isola.

La fondazione della basilica di Saccargia
La più antica attestazione di un monastero a Saccargia risale al 1112, quando l’arcivescovo di Torres Azo stabilì dei privilegi economici e giurisdizionali in favore dei monaci camaldolesi che vi risiedevano. La concessione precisava che la chiesa era stata fundata et constructa dal giudice turritano Costantino I de Lacon Gunale e da sua moglie Marcusa, che solo in seguito l’avevano donata ai frati. Tale manoscritto, giuntoci in una copia tarda di fine XII secolo2, rivela che a quel tempo fosse abate Vitale.
Anche il Libellus Judicum Turritanorum, di cui ci è pervenuta una copia fedele del XVIII secolo3, attesta la fondazione a opera di Costantino di Torres, regnante dal 1112 al 1127. Il documento racconta che il giudice e sua moglie avevano visto morire tutti i loro infanti, pertanto chiesero a Dio la grazia di avere un erede, facendo voto innanzi alle reliquie dei martiri turritani Proto, Gavino e Gianuario di edificare un monastero alla Santissima Trinità. Il Libellus riferisce che i sovrani poterono sciogliere la promessa il 5 novembre del 1116 – era nato il figlio Gonario – probabile data di consacrazione della basilica di Saccargia. In effetti, il medesimo anno è attestato dal Condague de sa Abbadia de sa SS. Trinidade de Saccargia, redatto a stampa nel 1660 per volontà dell’abate Paolo Caita come compendio delle vicende storiche dell’Abbazia4.

Il primo monastero camaldolese della Sardegna
L’instaurazione del monastero di Saccargia rispondeva a una ben precisa richiesta da parte dei pontefici di Roma. Infatti, già Gregorio VII con una lettera del 1073 intimava ai giudici sardi la “dovuta devozione e obbedienza”, da raggiungersi con la donazione di terre e beni alla Chiesa, ove fondare monasteri per i fedeli. V’era un chiaro intento politico nelle parole di Gregorio VII, ossia di ridurre il potere giudicale in favore di un maggior controllo territoriale del papato sull’Isola. D’altronde egli sarà l’autore due anni più tardi del famoso Dictatus Papae, con il quale affermava la supremazia del pontefice su ogni autorità temporale.
Costantino I de Lacon Gunale acconsentì alla richiesta, forse nell’ottica di migliorare i rapporti con il papato, e donò il complesso di Saccargia ai Camaldolesi, che poterono così radicarsi sul territorio5. Le relazioni tra il giudice e i monaci di Saccargia rimasero sempre molto strette, tanto che alla sua morte venne sepolto innanzi all’altare maggiore della chiesa, come testimonia il Libellum.

La basilica di Saccargia e il romanico pisano-pistoiese in Sardegna
La basilica di Saccargia venne quasi completamente ricostruita alla fine del XII secolo e poche tracce rimangono dell’edificio fondato da Costantino I. I magistri costruttori romanici che la rinnovarono mantennero tuttavia l’originale pianta a croce commissa, con aula unica, come voleva la consuetudine negli edifici monastici dell’epoca6. Il transetto termina con tre absidi semicircolari, delle quali quella mediana è più ampia e alta, su cui si aprono monofore con strombatura doppia. La copertura della chiesa è a capriate lignee, fatta eccezione per i bracci del transetto, voltati a crociera. La facciata, preceduta da un portico, è il manifesto del romanico pisano-pistoiese in Sardegna. Da questo stile caratteristico eredita decorazioni e volumi, a cominciare dalla bicroma alternanza a filari di conci calcarei e basaltici7. Di ambito pisano-pistoiese furono infatti le maestranze che vi lavorarono nella seconda metà del XII secolo, quando la basilica fu rinnovata nelle attuali forme.
La facciata e il portico
Il prospetto è diviso in senso orizzontale su tre ordini da esili cornici. Gli ordini superiori sono caratterizzati da finte logge con cinque archetti e si aprono attraverso una finestra cruciforme in cima e una bifora sul livello mediano, quest’ultima un’aggiunta di inizio Novecento in sostituzione dell’originale rosone. L’insieme è abbellito da intarsi geometrici a ruote, losanghe e bacini ceramici d’ispirazione moresca. Le ghiere degli archivolti centrali sono ingentilite da motivi a ovuli.
Sull’ordine inferiore è addossato un portico che introduce all’unico portale della basilica. Fu eretto su modelli lombardi, in particolare riferibili all’atrio della basilica di Sant’Ambrogio a Milano8. È costituito da sette arcate a tutto sesto poggianti su colonne con capitelli scolpiti, possiede un tetto a capanna e una copertura con volte a crociera. I motivi scultorei che ancora si conservano sugli archivolti sono animati da animali del bestiario romanico e mascheroni.

Alcuni bovini scolpiti su un capitello del portico richiamano la leggenda popolare sulla fondazione dell’Abbazia. Secondo il racconto una vacca (sa acca), pezzata (argia), era solita accovacciarsi in questo luogo come in adorazione, segno che Dio volesse edificata una chiesa9. Da qui il detto sardo logudorese “sa acca argia”- s’acca argia – saccargia. Sebbene di leggenda si tratti, non è escluso che l’etimologia della basilica derivi proprio dal latino medievale vaccaria, quando la valle era impiegata come “pascolo delle vacche”10.

Il campanile e il chiostro
Sul lato settentrionale si innalza lo slanciato campanile quadrangolare, risalente alla fine del XII secolo, caratterizzato dalla stessa alternanza cromatica del corpo basilicale. La torre è divisa in tre ordini che ospitano per ciascun lato, dall’alto verso il basso, una trifora, una bifora e una monofora. I fianchi della chiesa accolgono, appena sotto il tetto a spiovente, una serie di arcate con peducci e permettono alla luce di penetrare nell’aula interna attraverso delle monofore con doppia strombatura. A meridione sopravvivono i ruderi delle antiche strutture monastiche, tra i quali spiccano le arcate bicrome in origine appartenenti al chiostro11.

L’aula
L’aula interna della chiesa si mostra alla vista austera e sobria nelle decorazioni. Sulla destra, in prossimità dell’ingresso, durante i restauri condotti da Dionigi Scano alla fine del XIX secolo vennero traslate due colonne originali del portico, oltre a un capitello scolpito con quattro fiere alate12. Sulla sinistra s’incontra una testa marmorea, in cui la tradizione riconosce il fondatore dell’abbazia Costantino I.

Gli affreschi absidali della basilica di Saccargia
Di grande pregio artistico sono gli affreschi absidali, da ricondurre a scuole pittoriche umbro-laziali della seconda metà del XII secolo13. È probabile che vennero realizzati tra il 1180 e il 1200, in concomitanza con l’ampliamento architettonico della basilica. I dipinti rappresentano scene del Nuovo Testamento e costituiscono una rarissima testimonianza superstite della pittura murale romanica in Sardegna.

Il catino absidale è dominato dalla presenza di Cristo in una mandorla, assiso su un arcobaleno e attorniato da una schiera di angeli, arcangeli e serafini con sei ali. È questa l’iconografia della Maiestas Domini: il Salvatore è incoronato con il nimbo crociato, con la mano destra fa il segno della benedizione mentre la sinistra regge il libro delle Sacre Scritture. Sulla pagina aperta si legge il passo dell’Apocalisse “Ego sum alfa et Ω et novissimus initium et finis”, ossia “Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine”15.
Nel registro di mezzo, accompagnato da cornici geometriche, si osservano gli apostoli, San Paolo e la vergine Maria, ritratti a figura intera. Il livello inferiore della composizione è suddiviso in sei riquadri raffiguranti l’Ultima cena, l’Arresto di Cristo, la Crocifissione, la Deposizione nel sepolcro, la Discesa agli Inferi e una scena in cui il fondatore dell’abbazia Costantino I riceve inginocchiato la benedizione di San Benedetto.
Stile e iconografia degli affreschi
La suddivisione in pannelli mima le illustrazioni dei codici miniati dell’epoca e trova confronti nelle croci dipinte di ambito pisano16. La resa dei volti poco naturalistica richiama alla mente la tradizione bizantina, con occhi grandi e marcati, guance rosso carminio e piccole bocche. I panneggi delle vesti cadono dritti senza rivelare l’anatomia dei corpi, così conferendo ai soggetti una posa rigida e solenne.
I riquadri della Passione seguono una disposizione simbolica ai lati della Croce, su cui giace morto e sofferente un Christus patiens di tradizione bizantina, tema iconografico che in Italia si diffonderà ampiamente agli inizi del XIII secolo. A sinistra della Crocifissione troviamo le scene di Cristo ancora in vita, mentre sulla destra quelle che seguono la morte. Dalla Discesa agli Inferi il Messia riappare in gloria sul catino: egli è risorto! Gli apostoli e la vergine sono i testimoni del passaggio dall’oscurità delle tenebre alla luce, dal sacrificio della croce alla rinascita per la salvezza dell’umanità.
Samuele Corrente Naso
Note
- Oggi ricade nel Comune di Codrongianus. ↩︎
- G. Zanetti, I camaldolesi in Sardegna, Cagliari, 1974. ↩︎
- Libellus Judicum Turritanorum, seconda metà del XIII secolo, conosciuto da una copia di anonimo del XVIII secolo custodita nell’Archivio di Stato di Torino. ↩︎
- P. Tola, Codex Diplomaticus Sardinia, in Historia Patriae Monumenta, Torino 1861-1868, Tomi X-XII, ristampa Carlo Delfino Editore, Sassari, 1984. ↩︎
- G. G. Ortu, La Sardegna dei Giudici, Edizioni il Maestrale, Nuoro, 2005. ↩︎
- R. Delogu, L ‘Architettura del Medioevo in Sardegna, ristampa anastatica, Sassari, 1988, La Libreria dello Stato, Roma, 1953. ↩︎
- R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico-culturali, Edizioni AV, Cagliari, 2005. ↩︎
- Ibidem nota 5. ↩︎
- F. Fiori Arrica, Antico monastero e chiesa di Saccargia, in Bullettino archeologico sardo, 3, 1857. ↩︎
- G. Strinna, Ierofanie. Saccargia e la topica delle leggende di fondazione delle chiese sarde, in I 900 anni della basilica della SS. Trinità di Saccargia, Atti del convegno (Codrongianos, 15 dicembre 2012), 2014. ↩︎
- R. Serra, La Sardegna, in Italia romanica, Jaca Book, MIlano, 1989. ↩︎
- Ibidem nota 5. ↩︎
- R. Serra, La pittura medievale in Sardegna, in C. Bertelli, La pittura in Italia. L’altomedioevo, Mondaori Electa, Milano, 1994. ↩︎
- Di Ra Boe / Wikipedia, CC BY-SA 3.0 de, link all’immagine. ↩︎
- Libro dell’Apocalisse 22, 13. ↩︎
- S. Sedda, Per una rilettura degli affreschi di Saccargia: analisi delle fonti e nuovi confronti iconografici, in Biblioteca Francescana Sarda, 2002. ↩︎