Il Santuario di San Michele sul Gargano

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Sul promontorio del Gargano, nella Puglia settentrionale, v’è una grotta monumentale che da antichissimi tempi è un luogo sacro d’elezione, in cui si manifesta il sublime, l’incontro con il divino. Secondo la tradizione, l’anfratto fu scelto dall’Arcangelo Michele, comandante delle milizie celesti, come casa di culto e preghiera. Così sorse il celebre Santuario di Monte Sant’Angelo, meta di preghiera e pellegrinaggio, la cui portata mistica travalica la comprensione dell’umana ragione.

San Michele Arcangelo, chi è come Dio?

Mi-ka-El, il cui nome letteralmente significa “chi è come Dio?”, è citato nei testi biblici sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Nel libro di Daniele egli è il gran principe che difende gli Ebrei dai Persiani1. Nella lettera di Giuda2 e soprattutto nell’Apocalisse di San Giovanni3, appare come il grande oppositore del diavolo, in quanto comandante delle milizie celesti.

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la malvagità e le insidie del diavolo. Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli. E tu, o principe della Milizia Celeste, con la potenza divina, ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. Amen.

Papa Leone XIII, il 13 ottobre 1884, al termine di una celebrazione eucaristica, ebbe in visione la distruzione della Chiesa ad opera di Satana, fieramente scongiurata dall’intervento di San Michele. Da quel giorno la preghiera venne recitata al termine di tutte le messe; fu abolita con il Concilio Vaticano II.

A Lui è dedicato il culto del Santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano.

Le origini del culto e le mistiche apparizioni di Monte Sant’Angelo

Le origini di un culto micaelico presso la grotta di Monte Sant’Angelo sono da ricercarsi tra la fine del V secolo e l’inizio del successivo. Un breve testo agiografico di anonimo autore, la cui ultima stesura si colloca all’VIII secolo, l’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano4, attesta i fatti prodigiosi che, secondo la tradizione, diedero origine alla fondazione del Santuario; essa viene collegata ad almeno tre straordinarie apparizioni mistiche dell’Arcangelo Michele.

L’episodio del toro

Secondo la fonte agiografica, Gargano, un ricco proprietario, stava conducendo al pascolo il suo bestiame quando uno dei tori si allontanò improvvisamente e scomparve. Il padrone lo ritrovò, tempo dopo, davanti l’ingresso di una grotta posta in cima a una montagna. A quella vista, preso da uno scatto d’ira, Gargano afferrò l’arco e tosto fece sibilare una freccia avvelenata (sagitta toxicata) verso l’animale. Ma il dardo, cambiando misteriosamente direzione, tornò indietro e colpì colui che l’aveva scagliato. Il vescovo del luogo – che la tradizione successiva identificherà in San Lorenzo Maiorano di Siponto5 – apprese con sgomento l’accaduto e proclamò tre giorni di preghiera e penitenza, al termine dei quali gli apparve l’Arcangelo Michele. Questi, con voce fiera, gli rivelò di essere il custode della grotta (inspector atque custos).

“lo sono l’Arcangelo Michele, che assisto di continuo innanzi al trono di Dio, e volendo che questo luogo si venerasse sulla terra e si custodisse veramente, piacquemi provare con quello indizio che di tutto ciò che qui si opera e del luogo medesimo, io sono il vigilatore e il custode”

Dall’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano, traduzione tratta da M. Falcone, O. Giuffreda, Monte Sant’Angelo tra storia e immagini, Dalle origini al XV secolo, 1999.

San Michele difende i Longobardi

La seconda apparizione è ricordata dalle agiografie allorché un esercito greco-bizantino minacciava la città di Siponto, all’interno della quale si erano barricati gli alleati Beneventani, ovvero i Longobardi. Il vescovo della città chiese e ottenne l’intercessione di San Michele Arcangelo, che gli profetizzò la vittoria. Come ringraziamento, insieme a un gruppo di fedeli, egli si recò presso la grotta, dove trovò impressa l’orma di un piede di San Michele (quasi hominis vestigia marmori artius impressa).

La dedicazione della grotta

L’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano ricorda poi l’episodio “della dedicazione”. In seguito alla vittoriosa battaglia di Siponto, il vescovo decise di consacrare la grotta del Gargano al culto di San Michele. Tuttavia, l’Arcangelo riapparve e assicurò che egli stesso aveva già provveduto a consacrare la grotta. Non appena il vescovo si recò al suo interno, con meraviglia constatò che fosse già stato eretto un altare, coperto da un pallio rosso, al di sopra del quale si ergeva una croce. 

“Non è necessario – disse – che voi dedichiate questa chiesa che io mi sono edificato. Infatti io stesso che l’ho fondata, l’ho anche dedicata”.

Dall’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano, traduzione tratta da M. Falcone, O. Giuffreda, Monte Sant’Angelo tra storia e immagini, Dalle origini al XV secolo, 1999.

Riferisce infine il testo agiografico che dalle pareti della grotta fuoriusciva un’acqua miracolosa chiamata stilla, dalle proprietà curative, che veniva raccolta in un vaso.

Il significato simbolico delle apparizioni

Il racconto delle apparizioni mistiche di Michele è il riflesso di una conoscenza simbolica ben nota nei contesti rurali della Puglia settentrionale. In primis Gargano, eroe eponimo (l’Apparitio riporta “qui et ex eventu suo monti vocabulum indidit“), è la personificazione del luogo stesso e delle sue antiche credenze pagane, nelle quali si andava innestando il nuovo culto. Egli è metafora dell’agire vendicativo degli dei, cui si oppone invece la misericordia dei cristiani.

Il toro, d’altro canto, era un animale dalla forte valenza simbolica7. Nel mitraismo, culto di origine orientale ma molto popolare in tutto l’Impero Romano tra il III e il IV secolo, aveva un ruolo preponderante la tauroctonia; numerose sono le raffigurazioni pervenuteci in cui il dio Mitra uccide un toro. Appare chiaro, pertanto, l’intento dell’agiografia micaelica: il sacrificio rituale dell’animale è respinto, non ve n’è più bisogno, giacché nel luogo trionfa ora il Dio dei cristiani. La freccia scagliata da Gargano è deviata da un soffio di vento (velud venti lamine retorta), segno dello Spirito Santo.

Anche il luogo della vicenda è prescelto. Aspra e incontaminata è la natura della grotta, cui si giunge solo percorrendo un’irta salita. È qui, sulla montagna, che il trascendente si manifesta, la lontananza dal mondo favorisce l’incontro mistico con il divino. L’altura è centro sacro alla maniera del monte biblico, luogo eletto per l’alleanza tra Dio e il popolo. La grotta garganica, con i suoi aspetti naturalistici, diviene così il prototipo del santuario micaelico in tutta Europa. Qui v’era stata la ierofania dell’Arcangelo, che l’aveva consacrata personalmente. La montagna, il percorso accidentato, la roccia, la stilla curativa sono elementi imprescindibili del luogo di culto dedicato a Michele.

I santuari ad instar della grotta del Gargano

Essi caratterizzano i santuari costruiti a somiglianza, ad instar di quello pugliese8, che potevano essere consacrati soltanto per mezzo di un transfert di sacralità. Giacché, infatti, l’arcangelo è creduto incorporeo, non esistevano reliquie da collocare sugli altari, né vestiario, né oggetti legati al suo culto; così, venivano prelevati piccoli elementi naturali (ciottoli, acqua…) direttamente dal luogo santo sul Gargano, poi trasportati dai pellegrini nelle chiese da dedicare a Michele. Tra i santuari costruiti a immagine di quello garganico, assumono particolare rilevanza Mont Saint-Michel in Normandia, la cui agiografia peraltro ricalca i medesimi elementi simbolici nella Revelatio Ecclesiae sancti Michaelis in monte Tumba9, e la Sacra di San Michele in Val di Susa.

Una tradizione popolare vuole che i più importanti Santuari dedicati all’Arcangelo siano collegati da una direttrice immaginaria, detta Linea sacra di San Michele. Essa corrisponderebbe, secondo il mito, al colpo di spada inferto per precipitare il diavolo negli inferi.

Oltre ai già citati Mont Saint-Michel in Francia, la Sacra di San Michele in Val di Susa e il Santuario di San Michele sul Gargano, il tracciato è prolungato a nord sino al monastero irlandese di Skelling Michael, in cui San Michele sarebbe apparso a San Patrizio, e giunge a sud sino al Monastero del Monte Carmelo in Terra Santa, toccando Saint Micheal’s Mount in Cornovaglia e il monastero di Symi in Grecia. Si tratta di luoghi mistici, ognuno dei quali è collegato a un’apparizione dell’Angelo o a una particolare venerazione dello stesso10.

La conversione dei riti pagani

Presso la grotta del Gargano, prima dell’avvento del culto micaelico, si svolgeva probabilmente il rituale pagano dell’incubatio. Così era chiamata la pratica, in uso comune presso la società agropastorale del tempo, di trascorrere la notte in un luogo sacro, in attesa di ricevere una divinazione. Strabone attesta che presso una collina chiamata Drion, oggi identificata proprio con il monte che ospita il Santuario di San Michele, v’erano due sacelli, dedicati agli eroi omerici Calcante e Podalirio11. Si credeva, in queste zone dell’antica Daunia, che dormire all’interno dell’heroon di Calcante, nella pelle di un montone nero, favorisse le manifestazioni oniriche12. Anche il riferimento al sacello di Podalirio può essere relazionato con le successive credenze del Santuario micaelico, giacché l’acqua che scorreva lungo un fiume, posto nelle sue vicinanze, avrebbe avuto proprietà curative miracolose.

È interessante notare come il rito dell’incubatio ricorra nella vicenda biblica di Giacobbe, che a Betel riceve una visione di Dio in sogno13, poiché le parole da lui pronunciate al risveglio si rintracciano proprio sull’architrave di ingresso alla grotta di Monte Sant’Angelo: terribilis est locus iste, hic domus Dei est et ianua coeli!

Michele protettore dei Longobardi

Una tradizione storiografica successiva ha voluto collocare la prima apparizione di Michele sul Gargano al 490 e gli altri episodi narrati dall’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano rispettivamente all’8 maggio del 492 – ragion per cui quel giorno è ritenuto il dies festus dell’Arcangelo – e al 493; nondimeno, non vi sono conferme. Piuttosto è ormai acclarato che il testo faccia riferimento ad almeno due differenti contesti storici: se, infatti, la prima e la terza apparizione sono coerenti con le caratteristiche del culto micaelico già attestate a Costantinopoli nel V secolo (in particolare l’incubatio e le acque curative), l’episodio della battaglia va ascritto a un periodo più tardo.

Se ne possono rintracciare le origini nella vivace produzione letteraria del longobardo Ducato di Benevento, che aveva preso possesso della grotta sul Gargano nel VII secolo. Paolo Diacono, nell’Historia Langobardorum ci rivela che nel 650 vi fu una battaglia tra Longobardi e Bizantini proprio a Siponto.

Il quadro, a questo punto, è completo di tutti i suoi elementi: appare chiaro l’intento politico di attribuire all’intercessione dell’Arcangelo la vittoria militare, come per sottolineare lo status di popolo benedetto da Dio dei Longobardi. L’ultima redazione dell’Apparitio risale probabilmente all’VIII secolo, periodo in cui il Duca di Benevento era Arechi II14. Quando giunsero sul Gargano i Longobardi trovarono già impiantato il culto di San Michele, sommo comandante celeste; l’Arcangelo ricalcava molti degli attributi del dio nordico Wodan, e fu naturale che tale popolo di guerrieri lo scegliesse come protettore del Regnum Langobardorum.

Il Santuario di San Michele sul Gargano

Presso i Longobardi il culto di Michele vide una rapida espansione, la quale ben presto valicò i confini italici, divenendo un vero e proprio instrumentum regni attraverso cui si realizzava l’opera di cristianizzazione e si consolidava il potere politico. Alcune epigrafi di apparato attestano come, nel Santuario sul Gargano, le visite fossero già numerosissime nell’ultimo quarto del VII secolo, tanto che si dovette procedere all’ampliamento delle strutture preesistenti. Le iscrizioni recano incisi i nomi del Duca di Benevento Grimoaldo I (647-671) e di suo figlio Romualdo I (662-687), sotto il cui regno dovette sorgere una monumentale galleria di collegamento tra le due cavità principali della grotta. Al piccolo anfratto collocato sul fianco orientale dell’altura, presso cui l’Apparitio riferisce il ritrovamento dell’orma di San Michele, si contrapponeva il vano più ampio, detto Basylica grandis, volto a meridione.

Il pellegrinaggio verso il Santuario di San Michele

Al secolo successivo, per volontà delle moglie di Desiderio (756-774), Ansa, risalgono invece gli ambienti adibiti al ricovero per i pellegrini che raggiungevano Monte Sant’Angelo. La città era ben collegata tanto agli assi viari della Via Litoranea, la quale lambiva le coste del Mar Adriatico, che della via Via Appia-Traiana. Quest’ultima, proveniente da Benevento, subiva una deviazione a Troia, e da qui raggiungeva il Santuario di San Michele sul Gargano. Tali camminamenti sono indicati nei testi del Medioevo come derivazioni della Via Francigena, talvolta come Stratam Peregrinorum (1132) o Stratam magnam que pergit ad Sanctum Michaelem (1201)15, ma gli studiosi moderni hanno dato loro anche il nome evocativo di Via Sacra Langobardorum. Uno dei primi pellegrinaggi storicamente attestati è l’Itinerarium Bernardi monachi dell’86716.

Ancora nell’ampio corpus epigrafico, rinvenuto presso il Santuario, troviamo testimonianza dei pellegrini che transitavano per queste vie. Essi solevano lasciare l’incisione del proprio nome sui muri del sacro edificio, affiancandolo al simbolo della croce o ad altri segni geometrici. Tra le iscrizioni, talvolta non di facile lettura, spiccano i nomi di quattro visitatori in caratteri runici in futhorc (Wigfus, Hereberehct, Leofwini, Herraed), segno che il culto di San Michele fosse giunto sin oltre la Manica e presso i popoli di stirpe germanica.

L’edificio del Santuario di San Michele e la Grotta

Nel corso dei secoli l’architettura del Santuario si è costantemente trasformata, stratificandosi in maniera sempre più complessa. Oggi la grotta è visibile nella sola porzione superiore, poiché l’aggiunta di una pavimentazione in età medioevale ha coperto le sottostanti e più antiche strutture architettoniche. È sotto il piano di calpestio che si celano i locali della cripta, tra cui l’originale imboccatura dell’anfratto (B), la galleria longobarda lunga circa 40 metri (A), che ospita il museo lapidario, e una cappella, denominata Apodonia (B)17.

L’atrio superiore

Alla Grotta si accede dal livello superiore attraverso un atrio, il cui prospetto, composto due arcate goticheggianti a sesto acuto, subì un ultimo rifacimento nel 1865. Presso l’edicola posta al centro del frontone triangolare, fiancheggiata da due piccoli rosoni, trionfa una statua di San Michele.

Sopra i portali d’ingresso dell’atrio, a sesto acuto e con lunette scolpite, sono collocate due lapidi con iscrizioni. Quella posta a destra riporta i versi del profeta Giacobbe, tratti dal libro della Genesi, al termine dell’incubatio:

Terribilis est locus iste, hic domus dei est et porta coeli

Questo è un luogo che esige rispetto. Qui è la casa di Dio e la porta del Cielo

Genesi 28,10-22

La lapide collocata sopra il sinistro, invece, ospita le parole dell’Arcangelo Michele come riferite dall’Apparitio nella terza apparizione:

Non est vobis opus hanc quam aedificavi basilicam dedicare ipse enim qui condidi etiam consecravi“.

Dall’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano

Il solo portale di destra è originario del XIV secolo. La lunetta scolpita, opera di magister Simeon, come ci ricorda un’incisione nelle vicinanze, mostra Maria Vergine che tiene in braccio Cristo, affiancata dai santi Paolo e Pietro. Di dimensioni più ridotte ecco Margherita, madre del committente dell’opera, il re di Napoli Ladislao d’Angiò-Durazzo.

La lunetta di sinistra, del 1865, ospita una processione di vescovi che si reca alla grotta appena consacrata da Michele Arcangelo.

Il campanile ottagonale del santuario di San Michele

Lateralmente al piazzale dell’atrio si erge il campanile ottagonale, commissionato ai fratelli Giordano e Marando da Carlo I d’Angiò, come voto a San Michele per la conquista dell’Italia Meridionale (1274). Non è escluso, tuttavia, che i lavori della torre furono avviati ben prima, in età sveva, giacché essa ripropone le geometrie del federiciano Castel del Monte.

In origine la torre ottagonale era alta quaranta metri, ma fu ridotta agli attuali ventisette per motivi sconosciuti. Essa si apre all’esterno per mezzo di monofore e quattro eleganti finestre bifore, con archi a tutto tondo.

La scalinata d’accesso e la Grotta di Monte Sant’Angelo

Dall’atrio si raggiunge la Basylica grandis percorrendo la grande scalinata e le aggiunte architettoniche di epoca angioina (XIII). La basilica è quindi preceduta da un ingresso in cui è incardinato un portale bronzeo. Esso, realizzato da maestranze bizantine a Costantinopoli e commissionato dall’amalfitano Pantaleone di Mauro (1076), reca storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Il varco è posto in continuità con una navata, a tre alte campate con volte a crociera, sul cui fianco longitudinale si apre la suggestiva Grotta dell’Arcangelo.

All’interno della Grotta, presso il Presbiterio, è collocata la celebre statua di San Michele ad opera di Andrea Contucci, detto Sansovino (1507). Di pregevole fattura, inoltre, è la cattedra episcopale, realizzata da magister Acceptus nella prima metà dell’XI secolo.

La nascita di Monte Sant’Angelo

Al crescere della fama del Santuario si sviluppò progressivamente la città di Monte Sant’Angelo, animata dalla fede dei pellegrini che giungevano sul Gargano per devozione a San Michele. A partire dal V secolo, con il diffondersi del culto, un numero sempre maggiore di genti iniziò a stanziarsi nei pressi della grotta; già nel corso dell’VIII secolo i Longobardi dotavano la città di una cinta muraria fortificata.

Ampi privilegi Monte Sant’Angelo ebbe anche dopo la cacciata dei Longobardi. In età carolingia l’imperatore Ludovico II in persona emise due diplomi, nell’869, in seguito a un saccheggio dei Saraceni che aveva devastato la città, e nell’875, con i quali conferiva concessioni economiche e di giurisdizione18. Ancora un altro diploma, suggellato dall’Imperatore Ottone I nel 967, confermava e ampliava tutti i privilegi in essere. Da quel momento Monte Sant’Angelo costituì uno dei centri politici più importanti dell’Italia Meridionale, in special modo in età normanna, sveva e angioina. È questo un caso eccezionale: non la città si conforma al volere dei potenti, ma sono i re della terra che devono assecondare la volontà di Michele, celeste protettore e custode sella sacra Grotta.

Samuele Corrente Naso

Mappa dei luoghi

Note

  1. Daniele 10,13; 12,1. ↩︎
  2. Lettera di Giuda 1,9. ↩︎
  3. Apocalisse di San Giovanni 12,7. ↩︎
  4. G. Waitz, Monumenta Germaniae historica, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI – IX, 1878. L’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano è qui ripreso dal codice Coloniensis 19. Documento. ↩︎
  5. Di anonimo autore è il testo Vita Sancti Laurentii episcopi Sipontini del X-XI secolo. ↩︎
  6. Peter1936F – Own work, immagine. ↩︎
  7. M. Trotta, Il santuario di San Michele sul Gargano dal tardoantico all’altomedioevo, 2012. ↩︎
  8. G. Otranto, Genesi, caratteri e diffusione del culto micaelico del Gargano, in Culte et pèlerinages à saint Michel en Occident, 2003; G. Otranto, Il culto di San Michele dal Gargano a Mont Saint-Michel in Normandia alla Sacra in Val di Susa, in Il faro di San Michele tra angeli e pellegrini, Atti del VII convegno sacrense, a cura di A. Salvatori, 1999. ↩︎
  9. P. Bouet, Revelatio et les origines du culte à Saint Michel sur le Mont Tombe, in Culte et pèlerinages, 2003. ↩︎
  10. Kether, La linea del Drago tracciata da San Michele Arcangelo, in L’Archetipo, n. 3, marzo 2018. ↩︎
  11. Strabone, Geografia VI, 3,9. ↩︎
  12. L. Carnevale, L’episodio del toro nell’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano, notizie storiche e percorsi interpretativi. In: Sacer bosi. Usi cerimoniali di bovini in Italia e nelle aree romanze occidentali, 2014. ↩︎
  13. Genesi 28,10-22. ↩︎
  14. I. Aulisa, San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico, 2019. ↩︎
  15. M. Falcone, O. Giuffreda, Monte Sant’Angelo tra storia e immagini, Dalle origini al XV secolo, 1999. ↩︎
  16. U. Dovere, Itinerario dei luoghi santi, Napoli, 2003. ↩︎
  17. Ibidem nota 15. ↩︎
  18. Ibidem nota 15. ↩︎

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