Nel corso del Medioevo, Lucca era una città dalla grande tradizione di culto, situata nel cuore della Via Francigena. I pellegrini diretti a Roma ivi si fermavano per avere ristoro e per pregare al cospetto del Volto Santo, crocifisso ligneo che la tradizione vuole scolpito da Nicodemo per ispirazione divina. La sacra reliquia è custodita presso il Duomo di San Martino, costruzione imponente e ammantata da una ricca simbologia che aveva il compito di istruire il viandante sulla dottrina cristiana. Ma la Cattedrale di Lucca nasconde anche segni più oscuri, di difficile interpretazione per i non adepti. È il caso del famoso labirinto inciso su uno dei pilastri del portico, rimando a conoscenze mitiche ed esoteriche, metafora della concezione del Mondo dell’uomo medievale.
La Cattedrale di San Martino
Non è noto quando furono edificate le prime strutture che, già dai primi secoli, andarono a costituire la Cattedrale cittadina. Una diffusa tradizione popolare attribuisce all’opera del vescovo irlandese Frediano (Frygianus)1, attivo intorno alla metà del VI secolo, la fondazione di un complesso episcopale costituito da vari edifici, adibiti a differenti usi liturgici, a ridosso della cinta muraria medievale a sud della città. Dalle evidenze archeologiche sappiamo che la sede della diocesi lucchese risiedesse in origine presso la chiesa di Santa Reparata. Non lontano, sulla medesima piazza, sorgeva il Battistero e una piccola chiesa dedicata a San Martino di Tours, che a partire dall’VIII secolo venne scelta come seconda Cattedrale.
La cattedrale romanica
Di questo antico edificio di culto nulla è sopravvissuto. L’odierna Cattedrale di Lucca è il frutto di successive e imponenti ricostruzioni che hanno cancellato le vestigia più antiche. Una prima campagna di rinnovamento architettonico, realizzata per ampliare gli spazi sacri in seguito alla traslazione delle reliquie di San Regolo, da Populonia, incominciò nel 1060. I lavori si protrassero per dieci anni fino alla nuova consacrazione dell’edificio datata al 10702, come attesta un’epigrafe reimpiegata presso l’attuale portico:
“Hujus quae celsi radiant fastigia templi – sunt sub Alexandro Papa constructa secundo […] – Milleque sex denis templum fundamine jacto – Lustro sub bino sacrum stat fine peracto”.
La consacrazione avvenne alla presenza del vescovo lucchese, nonché papa Alessandro II, Anselmo da Baggio. Il pontefice nello stesso anno dichiarava estinta la liturgia della doppia cattedrale, riservando tale titolo alla sola chiesa di San Martino appena rinnovata3. Anche di questo edificio, in stile romanico, con impianto basilicale a cinque navate4, ci è pervenuto quasi nulla, venendo trasformato nel tempo.
Al terzo quarto del XII secolo il Capitolo della Cattedrale decideva di modificare il portico antistante il prospetto. Nel 1196 era operativo l”opus frontespitii Sancti Martini“, un ente preposto alla raccolta dei fondi per il rifacimento della facciata. Guidetto da Como terminò il portico nel 1204 sotto le influenze stilistiche del romanico pisano. L’asimmetria della struttura, costituita da tre arcate di cui una più stretta a destra e grossi pilastri di sostegno, suggerisce che il costruttore dovette operare dei compromessi, di certo a causa della preesistenza della torre campanaria a base quadrangolare. È questa le prima stranezza del Duomo di Lucca: la rottura dei canoni compositivi e di quell’armonia su cui si basava la concezione medievale di templum, con i suoi ricchi rimandi simbolici alla perfezione in quanto immagine del divino, per scendere a patti con le esigenze pratiche e funzionali dello spazio urbano.
Gli ultimi rifacimenti
Nel 1308 iniziarono i lavori di rifacimento dell’abside, come attesta una lapide in essa murata5. L’intervento, operato anche per questioni di consolidamento della struttura, vide l’allungamento dell’area presbiteriale, a livello della quale verrà ricavato il transetto. Nei decenni successivi, gli spazi della Cattedrale furono infatti ridefiniti attraverso la realizzazione di tre navate con archi acuti e tribune di stile gotico, seppur dimesso e mai paragonabile a quello lucente e slanciato d’Oltralpe. Nel 1372, tuttavia, l’edificio dava nuovamente segnali di dissesto: la cittadinanza lucchese convocò un consiglio costituito dai più importanti architetti dell’epoca, molti dei quali provenienti dal cantiere di Santa Maria del Fiore a Firenze, per avere un parere sul da farsi. Si decise quindi di sostituire i pilastri tra le navate, mettendone di più solidi, e di coprire la chiesa con volte a crociera costolonate. I lavori si conclusero all’incirca nel 1390.
I tesori della Cattedrale di Lucca
Un così prestigioso edificio di culto non poté che ospitare grandi tesori d’arte e parimenti della fede. D’altronde, la Cattedrale di San Martino sorgeva nel Medioevo lungo l’itinerario della Via Francigena. Era questo l’antico camminamento intrapreso dai pellegrini che intendevano raggiungere Roma e poi Gerusalemme, il cui tracciato annotò l’arcivescovo di Canterbury Sigerico nel 9906. Pertanto il Duomo di Lucca doveva rappresentare una sorta di compendio della vita cristiana. Esso era rivolto non solo ai cittadini, ma a tutti coloro che vi si soffermavano per trovare ristoro durante il lungo cammino.
Questa dimensione didattica era ben presente tanto nelle opere materiali che in quelle immateriali. Alle prime bisogna ascrivere i pregevoli cicli scultorei della facciata. A Nicola Pisano si devono la Deposizione e Annunciazione, la Natività e l’Adorazione dei Magi presso il portale sinistro (1257-1260). Guido Bigarelli contribuì alle restanti, ossia un Cristo in gloria sul portale centrale, le storie di San Regolo su quello destro, le scene di vita di San Martino e il ciclo dei mesi sul prospetto (1233-1260). Così pure, grandi capolavori si trovano all’interno della Cattedrale. Il solenne Monumento Funebre di Ilaria del Carretto venne realizzato da Jacopo della Quercia (1406-1408), la Madonna in trono col Bambino e Santi fu opera magistrale del Ghirlandaio (1479 circa).
Il Volto Santo
I pellegrini sulla Via Francigena che si soffermavano a Lucca, dicevamo, avevano bisogno di essere istruiti anche nella fede. E proprio nel Duomo di San Martino si preserva una reliquia antichissima, nel Medioevo creduta il segno tangibile dell’intervento di Dio nella storia dell’uomo. Il crocifisso ligneo del Volto Santo, oggi racchiuso entro un tempietto rinascimentale realizzato da Matteo Civitali nel 1484, era oggetto di grandissima venerazione da parte dei viandanti. A tal punto che la direttrice della Francigena tra Pontremoli e Lucca era chiamata Via del Volto Santo.
Secondo la tradizione, ampliata sulla base della Leggenda Leboiniana del XII secolo, il Crocifisso ligneo venne scolpito da Nicodemo, membro del Sinedrio ebraico e discepolo di Cristo. Ma poiché il santo non osava riprodurre il volto del Messia, questo apparve miracolosamente da solo. Al di là del racconto, il crocifisso del Volto Santo è stato datato in un periodo compreso tra la fine dell’VIII e il IX secolo. Esso rappresenta, dunque, una preziosa testimonianza dell’arte scultorea di età carolingia, nonché la statua lignea cristiana più antica in Occidente.
Il labirinto di Lucca
La Cattedrale di San Martino mostrava segni e simboli dai significati potenti, espressioni culturali oggi per noi sconosciute, ma ben note agli uomini del mondo medievale cui erano rivolte. Sotto l’arcata ristretta del portico, su un concio marmoreo incassato nel pilastro destro addossato al campanile, s’incontra la misteriosa incisione di un labirinto.
Accanto al percorso labirintico, di tipo circolare e unicursale, ossia con percorso obbligato, è presente l’epigrafe:
“Hic quem creticus edit dedalis est laberint hus deduonulluss vader e quivit qui fuit intus ni theseus gratis adriane stamine iutus”
“Questo è il labirinto costruito da Dedalo di Creta, dal quale nessuno che vi era entrato poté uscire, tranne Teseo grazie al filo di Arianna”.
Il mito del Minotauro
L’iscrizione richiama il mito ed evoca il significato originale del labýrinthos (λαβύρινθος), termine greco derivato da Labrys, ossia l’ascia a doppia lama che simboleggiava il governo del re Minosse di Creta. La leggenda vuole che su tale isola, in un labirinto inestricabile, fosse imprigionata una bestia immonda: il Minotauro. Il mostro doveva restare confinato non solo in quanto una minaccia per tutti gli abitanti di Creta, ma anche perché era l’immagine del tradimento della moglie di Minosse8. Poseidone aveva donato al re un possente e splendido toro bianco, a patto che quegli lo sacrificasse in suo onore. Invece Minosse ne uccise un altro ed ecco giungere la vendetta del dio del mare: la moglie del sovrano si invaghì dell’animale. Dalla loro unione venne generato il Minotauro, metà uomo e metà toro.
Quando Minosse sconfisse Atene, impose che tale città gli inviasse ogni nove anni sette fanciulli e sette fanciulle per sfamare il mostro rinchiuso nel labirinto. Il principe Teseo si recò dunque a Creta con l’intenzione di uccidere il Minotauro per liberare il suo popolo. Il mito racconta che l’eroe conobbe la figlia del re Minosse, Arianna, la quale si innamorò di lui e gli rivelò uno stratagemma per trovare l’uscita del labirinto. La fanciulla consegnò a Teseo una matassa di filo con cui potersi orientare, tornare sui propri passi e riguadagnare la libertà. E così avvenne: Teseo uccise il Minotauro con una spada avvelenata e riuscì a fuggire.
La simbologia cristiana del labirinto di Lucca
Ma perché collocare un labirinto e scomodare il mito innanzi all’ingresso di una cattedrale? Bisogna innanzitutto notare che l’associazione tra gli edifici di culto cristiani del Medioevo e il labirinto ricorre anche in altri luoghi. È il caso della Cattedrale di Chartres in Francia, della Basilica di San Michele a Pavia, di Pontremoli, di Alatri e della basilica di San Savino a Piacenza, quest’ultimo esemplare oggi perduto. È interessante notare che questi labirinti, incisi, a mosaico o dipinti, ricorrano sempre lungo gli itinerari di camminamento dei pellegrini diretti a Roma e Gerusalemme, in particolare sulla Via Francigena.
Alla luce di ciò, il labirinto unicursale assume almeno due significati connessi alla peregrinatio medievale. Esso innanzitutto è simbolo del lungo itinerario da compiere, durante il quale non si può cambiare strada. Il centro della figura è dunque Gerusalemme, ma la città santa è occupata dal nemico musulmano, di cui è forse immagine il Minotauro? Allo stesso tempo il labirinto simboleggia il cammino spirituale del pellegrino verso la Gerusalemme celeste. È questo il difficile percorso di conversione dell’uomo, che deve rinunciare alle passioni materiali per ottenere la redenzione. Il labirinto è unicursale in quanto esiste solo una via per giungere alla salvezza: seguire Cristo, come fece Teseo con il filo di Arianna.
“Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
Vangelo di Giovanni 14, 6
Samuele Corrente Naso
Note
- G. Ciampoltrini, Rilievi del VI secolo in Toscana, in Prospettiva 65, 1992. ↩︎
- E. Ridolfi, L’arte in Lucca studiata nella sua cattedrale, B. Canovetti, 1882. ↩︎
- C. Taddei, Lucca tra XI e XII secolo: territorio, architetture, città, STEP, Parma, 2005. ↩︎
- M. Frati, Architettura romanica a Lucca (XI-XII secolo). Snodi critici e paesaggi storici, in Scoperta armonia. Arte medievale a Lucca, a cura di C. Bozzoli e M. T. Filieri, Edizioni Fondazione Ragghianti, Lucca, 2014. ↩︎
- Ibidem nota 2. ↩︎
- Itinerario di Sigerico, British Library di Londra, catalogato come MS Cotton Tiberius B. V, ff. 23v – 24r. ↩︎
- Foto di Joanbanjo, CC BY-SA, immagine. ↩︎
- Publio Ovidio Nasone, Le metamorfosi, libro VIII. ↩︎