I germogli di quel grande risveglio artistico che vide fiorire chiese e palazzi in tutto il mondo bizantino al tempo di Giustiniano (527-565), non sbocciarono solo nelle grandi capitali ma si estesero, come lunghi rami in cerca della luce, anche in regioni lontane da Costantinopoli. A Madaba, nella Provincia d’Arabia Petrea, in un angolo del Medio Oriente oggi situato in Giordania, venne realizzata la chiesa di San Giorgio. Al suo interno, nei pressi dell’area absidale, anonimi mosaicisti realizzarono uno straordinario pavimento musivo policromo che mostrava con dovizia di dettagli una carta “biblica” della Palestina e del Basso Egitto, com’erano in età bizantina. La mappa di Madaba costituisce ancor oggi una delle più rilevanti testimonianze cartografiche di tutto il mondo cristiano.

La mappa di Madaba
Dopo il devastante terremoto del 746, a Madaba i resti della chiesa di San Giorgio erano rimasti per secoli in rovina e dimenticati fintantoché nel 1844 si era deciso di costruirvi sopra una nuova chiesa greco-ortodossa. Il patriarca di Gerusalemme Gerasimo, eletto nel 1890, affidò i lavori all’architetto A. Andreaki con l’esplicita richiesta di preservare gli antichi resti archeologici ivi presenti, tra cui il prezioso pavimento musivo1. Grazie a tale lungimiranza è giunta sino a noi un’opera di eccezionale fattura artistica. La tecnica con cui fu realizzata si poneva in continuità con l’antica tradizione ellenistica del mosaico. Da questa venivano ripresi motivi e temi figurativi, sebbene al cambiare dei significati simbolici. A tratti si rivelava un’innovativa tensione verso il realismo, molto rara nel mondo dell’arte bizantina.
Il mosaico di Madaba ospita una carta geografica che aveva la funzione di illustrare i luoghi della Terra Santa e di una vasta area dal Libano al delta del Nilo, dal Mar Mediterraneo al deserto orientale. Le dimensioni dell’opera sono notevoli: il tessellato misura 5,6 x 15,7 metri e la scala grafica varia da 1:15.000 per la Giudea a 1:1600 per Gerusalemme. Alcune parti sono state distrutte durante il periodo iconoclasta e, anche se piccole porzioni sono state poi ricostituite2, altre sono andate perdute per sempre e si stima che in origine l’opera fosse quattro volte più estesa. Lungo i bordi vi erano rappresentate, agli estremi opposti, le città di Damasco e Alessandria d’Egitto, oggi non più presenti. Vistose lacune si estendono qua e là.

Una preziosa testimonianza storica
La mappa di Madaba è didascalica in quanto, oltre a contenere le raffigurazioni e i toponimi citati nelle Sacre Scritture, diverse iscrizioni ricordano gli eventi biblici che vi si svolsero, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento. Tra queste vi sono i nomi delle dodici tribù d’Israele che si insediarono nella Palestina. Le indicazioni dei luoghi e la legenda della carta è ispirata all’Onomasticon di Eusebio di Cesarea, redatto nel 320 circa3. Tale peculiarità la rende un’attendibile fonte storico-geografica di quel tempo.
Il pavimento fu realizzato in un arco temporale tra il 560 e il 570. Almeno la committenza si colloca pertanto negli ultimi anni del governo di Giustiniano, quando a Madaba era vescovo Giovanni (560-562 circa). La datazione si basa su confronti stilistici con altri mosaici locali risalenti allo stesso periodo e che contengono un’epigrafe attestante l’anno di esecuzione. La descrizione dei luoghi è coerente con quanto narrato dall’anonimo pellegrino di Piacenza che li attraversò a partire dal 5704. Inoltre, la pianta di Gerusalemme non mostra gli edifici che furono costruiti dopo questa data.

Orientamento della mappa di Madaba e indicazioni dei luoghi
La carta ha un orientamento diretto a est, anziché a nord, rivolto verso il presbiterio della chiesa. La spiegazione è semplice e intuitiva: a Oriente nacque Cristo che come il sole sorge per illuminare la terra. Ma la scelta di disegnare in alto le terre a est aveva anche un’esigenza pratica. La mappa di Madaba, seguendo un orientamento reale, poteva aiutare i pellegrini provenienti dall’Occidente a comprendere meglio la via da percorrere.

Numerosi elementi naturalistici, piante, gazzelle, leoni, pesci e barche che traversano il Mar Morto, permettono di entrare a pieno nel mondo culturale e geografico della Terra Santa del VI secolo. I mari sono contraddistinti da linee con moto ondoso, le montagne, come ad esempio il Sinai, sono evidenziate in chiaroscuro. I mosaicisti bizantini non mancarono di prendersi alcune licenze rappresentative per ragioni legate alla tradizione. Così, il Nilo venne ruotato di novanta gradi in quanto all’epoca veniva identificato con uno dei fiumi dell’Eden, il Geon, e pertanto doveva originare da Oriente5.
I centri abitati sono visti attraversi i semplici prospetti di scorcio, fatta eccezione per le città di dimensioni maggiori, raffigurate a volo d’uccello con gli edifici più importanti allineati in orizzontale e talvolta ribaltati6. L’impianto urbano di molte città è riprodotto con insospettabile fedeltà, al punto che gli archeologi vi hanno potuto trovare diversi e numerosi riscontri.

La città di Gerusalemme
La rappresentazione più complessa ed estesa è quella di Gerusalemme, in cui si riconoscono tra gli altri il Santo Sepolcro con la cupola dell’Anástasis, la chiesa della Nea Theotokos voluta da Giustiniano nel 543, la Spianata del Tempio, la Porta di Damasco con la colonna onoraria. La Città Santa è posta al centro della composizione musiva. Essa è l’omphalòs della cristianità per eccellenza, il luogo eletto della rivelazione in quanto qui si consumò la vicenda terrena di Cristo. Gerusalemme ha il punto focale nella chiesa del Santo Sepolcro, sacro edificio che custodisce la memoria della resurrezione del Salvatore.

La raffigurazione dell’Anástasis – il cui prospetto è nella carta ribaltato – non può che essere carica di significati simbolici. Il Tempio, a pianta centrale con cupola, è immagine in miniatura del cosmo, ma soprattutto è lo spazio sacro del passaggio tra la terra e il cielo, tra la morte e la risurrezione. La Città Santa nel mosaico di Madaba è dunque il riflesso in terra della Gerusalemme celeste. In tutta la composizione vi è sottesa una simbologia escatologica che in età bizantina aveva il compito di istruire i fedeli sui luoghi e le tappe storiche della salvezza.
Samuele Corrente Naso
Note
- F. J. Bliss, Narrative of an expedition to Moab and Gilead in march 1895, in Palestine Exploration Fund Quarterly Statement, 1895. ↩︎
- M. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, Studium Biblicum Franciscanum, Collectio Major, 34, Gerusalemme, 1989. ↩︎
- B. Hamarneh, Topografia cristiana ed insediamenti rurali nel territorio dell’odierna Giordania nelle epoche bizantina ed islamica: V-IX sec., Pontificio istituto di archeologia cristiana, 2003. ↩︎
- A. Stewart, Of the Holy Places Visited by Antoninus Martyr, Palestine Pilgrims’ Text Society, 1887. ↩︎
- M. Piccirillo, The mosaics of Jordan, edited by P. M. Bikai, T. A. Dailey, Amman, 1993. ↩︎
- G. Ottolani, Cartografia e architettura nella “Carta di Madaba”, in Palladio: rivista di storia dell’architettura e del restauro, 14, luglio-dicembre 1994. ↩︎