Il Volto Santo di Lucca, tra storia e scienza

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Nel corso del Medioevo, una delle reliquie più importanti e venerate in tutta Europa si trovava a Lucca. Il Volto Santo, custodito nel Duomo di San Martino, per i fedeli non era un crocifisso ligneo qualsiasi. Secondo la tradizione si trattava infatti di un’immagine acheropita, non fatta da mano d’uomo ma generata per intervento divino. Il Volto Santo di Lucca, oggi collocato entro un tempietto rinascimentale realizzato da Matteo Civitali nel 1484, avrebbe dunque mostrato al Mondo il vero Vultus di Cristo in croce. La reliquia era oggetto di grandi pellegrinaggi, soprattutto per il fatto che si trovava lungo una delle principali arteria della Via Francigena, non a caso detta Via del Volto Santo.

La Legenda leboiniana

La presenza a Lucca di un Volto Santo miracoloso è attestata sin dal secolo XI. Il sacro cimelio compare in alcuni giuramenti del re d’Inghilterra Guglielmo il Rosso, che governò tra il 1087 e il 1100, “per Sanctum Vultum de Luca”2. È questa una testimonianza preziosa che rivela come già a quel tempo a Lucca vi fosse un Volto Santo famoso e venerato in tutta Europa. A ciò doveva contribuire il passaparola dei pellegrini diretti a Roma che transitavano sulla via Francigena.

Si deve invece all’opera dei canonici della Cattedrale la fissazione in forma scritta di una Legenda leboiniana che rivelava le origini soprannaturali della reliquia. Una Relatio de revelatione sive inventione ac translatione sacratissimi vultus del XII secolo riportava la testimonianza di un diacono di nome Leboino sulle vicende del Volto Santo3. Secondo la leggenda, sarebbe stato Nicodemo, figura evangelica del Sinedrio ebraico, che “avendo rilevato diligentemente la forma del corpo di Cristo per quanto riguarda la dimensione e l’aspetto, e avendone addirittura fissati nella mente i tratti, scolpì il santissimo volto grazie non alla propria arte, ma a quella divina”4.

Il testo riferiva poi che “al tempo di Carlo Magno e del figlio Pipino” esso venne caricato a Jaffa su una barca senza remi e lasciato alla deriva, per evitare che venisse distrutto dagli iconoclasti5. La zattera giunse davanti le coste di Luni, in Liguria, ma non vi fu modo di abbordarla. Il Volto Santo poté infine essere recuperato solo grazie all’intervento del vescovo di Lucca, Giovanni I. La reliquia fu dunque contesa tra gli abitanti delle due città finché non venne trovato un accordo. Ai Lunesi spettò un’ampolla contenente il Sangue di Cristo, mentre il Vultus finì a Lucca.

Il Volto Santo di Lucca, una reliquia discussa

Ora, a lungo ci si è chiesti perché le cronache medievali si riferiscano alla reliquia lucchese sempre e solo come il Volto Santo. Il sacro cimelio oggi custodito nella Cattedrale di San Martino è infatti un crocifisso ligneo a figura intera. Il Cristo è di dimensioni più grandi del naturale, con lunghe braccia ed è rivestito di una tunica ondulata. Il capo è leggermente orientato verso il basso; gli occhi sono spalancati e “terribili” come li definì Gervasio di Tilbury nei suoi Otia Imperialia del XIII secolo6. È stato ipotizzato che il Volto Santo delle fonti e il Crocifisso siano due oggetti differenti, di cui quello più antico potrebbe essere andato perduto. Ancora, secondo alcuni il Cristo della Cattedrale sarebbe soltanto una copia, eseguita intorno al XII secolo, dell’originale citato nella Relatio7. Tuttavia, come si vedrà più avanti, queste congetture sono state confutate dagli esami scientifici.

A parere nostro la spiegazione più verosimile è rivelata dagli stessi testi agiografici. Poiché è il volto a costituire la parte più sacra della scultura, in quanto non fatto da mani d’uomo, appare naturale che nelle fonti si indicasse il tutto con la sua parte miracolosa. Solo così se ne poteva sottolineare la natura di “ritratto autentico del Cristo”. La leggenda di Leobino non potrebbe esprimere meglio tale sineddoche: come dal viso si riconosce la persona nella sua interezza, così il Vultus indicava tutto il corpo del Salvatore8.

Il Vultus acheropito

D’altronde, tale crocifisso non rappresentava affatto un unicum nel panorama artistico, se non appunto per la leggenda di una sua genesi miracolosa. Simili manufatti si potevano rintracciare un po’ in tutta Europa. La leggenda del Volto Santo permetteva di distinguere l’effige di Lucca rispetto alle altre statue della Croce che popolavano gli altari delle chiese medievali. Ciò rispondeva innanzitutto al desiderio di moltissimi cristiani che, in tal modo, potevano conoscere l’immagine del Salvatore ancor prima di contemplarla in Paradiso. La reliquia, inoltre, rappresentava per la Cattedrale di Lucca una grande fonte di ricchezza in grado di attrarre i pellegrini e le donazioni dei fedeli.

Ora, è interessante chiedersi per quale motivo la tradizione insista sulla natura acheropita del Volto Santo. Le fonti agiografiche attestano che esso arrivò in Italia nell’VIII secolo dall’Oriente. Si tratta di un periodo che non a caso segue le censure iconoclaste volute dall’imperatore Leone III Isaurico. Ecco che l’immagine del Vultus lucchese, non essendo un’icona realizzata dagli uomini ma una reliquia vera e propria, dono di Dio a Nicodemo, possedeva uno status speciale che ne impediva la distruzione. Il Volto fu poi trasportato in Occidente dove si respirava una religiosità più tollerante verso le raffigurazioni sacre.

Una straordinaria rivelazione scientifica sulle origini del Volto Santo di Lucca

Nel giugno del 2020, in occasione della ricorrenza dei 950 anni dalla costruzione della Cattedrale di Lucca, l’Opera del Duomo ha promosso un’indagine al radiocarbonio sul Volto Santo, così da porre fine alla lunga diatriba sulla sua datazione. L’esame diagnostico è stato affidato all’Istituto di Fisica Nucleare di Firenze, che ha analizzato tre distinti frammenti lignei e una porzione di tela provenienti dalla reliquia9. Ebbene, i test hanno restituito un risultato sorprendente e straordinario. Tutti i campioni sono infatti riferibili all’VIII-IX secolo, dimostrando che il Volto Santo non è una copia del XII secolo e confermando la datazione della Legenda leboiniana. È questa la conferma che la sacra effige di Lucca sia la più antica scultura lignea dell’Occidente giunta sino ai nostri giorni.

Samuele Corrente Naso

Note

  1. Foto di Joanbanjo, CC BY-SA, immagine. ↩︎
  2. Eadmerus, Historia novorum, 1111 circa; Guglielmo di Malmesbury, Gesta regum Anglorum, IV, 1120, in R. M. Thomson, M. Winterbottom, R.A.B. Mynors, Oxford 1998.  ↩︎
  3. Racconto della realizzazione, scoperta e traslazione del santissimo volto. La leggenda è riportata in molti manoscritti successivi, tra i quali si cita la Descriptio qualiter Vultus Domini de Iherosolimi ad civitatem Lucanam sit delatu, ms 110 del XIV secolo conservato nell’Archivio di Stato di Lucca. ↩︎
  4. G. Concioni, Contributi alla storia del Volto Santo, Pisa, 2005. ↩︎
  5. Il testo indica la data del 742 ma è un errore di trascrizione; più verosimilmente si tratta del 782. ↩︎
  6. Gervasio di Tilbury, Otia Imperialia, 1210-1214. ↩︎
  7. C. Frugoni, Una proposta per il Volto Santo, in C. Baracchini, M. T. Filieri, Il Volto Santo, storia e culto, Maria Pacini Fazzi, Lucca, 1983. ↩︎
  8. BCLu, ms 626, c. 2v. ↩︎
  9. I risultati degli esami al radiocarbonio nel sito dell’INFN. ↩︎

Autore

Samuele

Samuele è il fondatore di Indagini e Misteri, blog di antropologia, storia e arte. È laureato in biologia forense e lavora per il Ministero della Cultura. Per diletto studia cose insolite e vetuste, come incerti simbolismi o enigmatici riti apotropaici. Insegue il mistero attraverso l’avventura ma quello, inspiegabilmente, è sempre un passo più in là.

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