Il meccanismo di Anticitera, strumento antico di scienza e filosofia

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Il relitto d’una nave, sepolto dalla sabbia del fondale marino, giaceva adagiato a 43 metri di profondità al largo delle sponde di Anticitera. Fu ritrovato per caso dalla vista acuta di alcuni cercatori di spugne, increduli innanzi alla scoperta, che si erano riparati sull’Isola per fuggire da una tempesta. Correva l’anno 1900 e quell’evento era destinato a sconvolgere le conoscenze che il mondo possedeva dell’antichità classica. La nave di Anticitera affondò nel secondo quarto del I secolo a.C.1 mentre stava trasportando alcune eccezionali statue in marmo e bronzo. Era forse diretta a Roma, dove era prevista una parata trionfale in onore di Giulio Cesare, ma non vi giunse mai. Nei mesi successivi dal relitto vennero recuperate opere di grande valore artistico, tra cui una testa di filosofo e un efebo, oggi al Museo archeologico nazionale di Atene. Che grande perdita dovette essere il suo naufragio!

Tuttavia, il reperto più interessante doveva ancora essere individuato. Infatti, tra i blocchi di pietra confusi e frammentari l’archeologo Spyridon Stais ne notò uno del tutto insolito. Sembrava inglobare uno strano meccanismo, un vetusto e incrostato insieme di ingranaggi. Come poteva essere? Che bizzarra idea, delle ruote dentate provenire dall’antichità.

La scoperta sorprendente del meccanismo di Anticitera

Un’attenta ricerca rivelò altri 81 frammenti in bronzo di un misterioso congegno, corrosi al punto da essere irriconoscibili. Si poterono individuare tre parti più grandi e decine di piccoli ingranaggi. Per anni gli archeologi dibatterono su cosa fosse quel meccanismo, ritenendolo al più un semplice astrolabio, forse capitato per caso sul relitto di Anticitera. Solo con gli studi del professore Derek de Solla Price della Yale University, condotti dal 1951 per venticinque anni, si riconobbe la complessità del reperto e la sua piena appartenenza al mondo ellenistico2. Un mondo la cui tecnologia era molto più evoluta di quanto si potesse immaginare. La macchina era di gran lunga lo strumento più sofisticato mai rinvenuto nell’antichità. Per ritrovare qualcosa di simile nella storia bisognerà attendere gli orologi a ingranaggi del XIV secolo.

Quale enigma era emerso dalle profondità di Anticitera? E di cosa si trattava? Per rispondere a tali quesiti bisognò attendere l’avvento dei moderni metodi di indagine scientifica, come ad esempio le tomografie di scansione ai raggi X e le tecniche di imaging computerizzate. I frammenti sono stati puliti e analizzati con cura nell’ambito dell’Antikythera Mechanism Research Project (AMRP), un gruppo di studio composto da autori di diverse discipline, fondato ad Atene nel 2011. Le indagini hanno permesso di “vedere” che cosa si cela dietro le superfici corrose degli ingranaggi e di ricostruire il funzionamento dell’intero meccanismo.

Il sofisticato meccanismo di Anticitera

Gli ingranaggi di Anticitera erano parte di una macchina a orologeria, un manufatto in bronzo realizzato da un ignoto maestro migliaia di anni fa. Le datazioni proposte oscillano tra la metà del II secolo a.C.3 e l’87 a.C.4. Il meccanismo costituiva un sofisticato e preciso planetario in grado di calcolare il calendario solare e lunare, prevedendo solstizi ed equinozi, stagioni, mesi e giorni della settimana. Il congegno poteva segnare il movimento sulla volta celeste di cinque pianeti e, forse, anche le date dei giochi olimpici5. Il meccanismo di Anticitera era racchiuso dentro un cofanetto di legno delle dimensioni di circa 15-20 cm per 30 cm. Più di trenta ruote dentate interagivano tra loro per mezzo di migliaia di piccoli denti e un alto grado di precisione. Gli ingranaggi, azionati da una manovella laterale, facevano muovere i quadranti che segnavano il tempo.

I quadranti

Sul lato anteriore, il quadrante maggiore segnava in un cerchio i 365 giorni dell’anno, secondo il calendario solare egizio in uso ad Alessandria. Questo era composto da tre stagioni di quattro mesi ciascuna, per un totale di 360 giorni. Altri cinque giorni supplementari, epagomeni, erano quindi aggiunti alla fine dell’anno. Un anello concentrico più interno mostrava i dodici segni zodiacali. La manovella permetteva di muovere delle lancette che indicavano per ogni giorno dell’anno la posizione del Sole e della Luna rispetto alla Terra. Sulla lancetta “lunare” una piccola sfera colorata di bianco e di nero ruotava in modo da simulare le fasi dell’astro.

Per garantire l’esattezza del calcolo in base all’anno, un quadrante posteriore rappresentava il ciclo metonico conosciuto a Corinto, con 235 caselle. Il ciclo metonico era basato sull’osservazione che le fasi della Luna si ripetono nel calendario solare ogni 19 anni. Facendo il computo, 19 anni solari equivalgono proprio a 235 mesi lunari. Sullo stesso lato un altro quadrante a spirale indicava le eclissi di Sole e Luna. Un differenziale regolava il meccanismo in modo da connettere i quadranti tra loro.

Le iscrizioni

Sulle ruote dentate, e soprattutto sulle lamine in bronzo del contenitore, il geniale inventore incise oltre 3.500 parole in greco antico, che componevano delle istruzioni didascaliche per l’utilizzo del congegno7. La traduzione di queste scritte ha fornito preziosi indizi sul funzionamento del meccanismo di Anticitera. Ad esempio, vengono descritte cinque sfere, le stelle erranti degli antichi, che oggi sappiamo essere i pianeti visibili a occhio nudo, le quali si muovevano sul quadrante principale. In un’altra sezione del testo sono citate le date dei più famosi Giochi Panellenici, che si tenevano in Grecia ogni quattro anni, tra cui quelli Olimpici.

L’incerta provenienza del meccanismo di Anticitera

Tra i Giochi Panellenici nominati dalle iscrizioni figura una competizione minore che si teneva a Rodi, possibile indizio sulla provenienza dell’enigmatico strumento astronomico. In effetti, nel De natura deorum Cicerone descriveva uno straordinario strumento realizzato nel I secolo da Posidonio a Rodi, dove esisteva una fiorente scuola di astronomia fondata da Ipparco di Nicea (190 a.C. 120 a.C.)8.

Tuttavia, ancora Cicerone narrava nel De re publica di un planetario ancora più antico e prezioso, portato via da Siracusa mentre la città era assediata dai Romani nel 212 a.C.9. Si sarebbe trattato di un oggetto straordinario, ideato e costruito dal più grande scienziato della sua epoca, Archimede. Il congegno era in grado di mostrare con precisione i moti della Luna e dei cinque pianeti visibili, nonché le eclissi. E dunque l’immaginazione ci porta a pensare che il meccanismo di Anticitera potesse costituire una sorta di eredità del genio siracusano. Archimede aveva forse tramandato il suo sapere che, nell’arco di alcuni decenni, aveva raggiunto le più importanti città del tempo, come Alessandria d’Egitto, Corinto e Rodi. Nulla vieta che la macchina fosse stata costruita proprio a Siracusa. I nomi dei mesi furono incisi in caratteri corinzi, gli stessi in uso nella città siciliana, che nacque come colonia di Corinto10.

Un meccanismo del suo tempo

Sebbene la macchina di Anticitera sembri un oggetto fuori dal suo tempo11, in quanto rivela una tecnologia molto avanzata, in verità è perfettamente coerente con le conoscenze possedute dai Greci nel II secolo a.C. In età ellenistica erano noti cinque soli pianeti, visibili a occhio nudo: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Così anche i materiali impiegati per la sua realizzazione, il bronzo e il legno, erano tipici dei manufatti dell’epoca. Abbiamo notizie dell’utilizzo di ruote dentate sin dai tempi di Aristotele (383 a.C circa – 322 a.C.)12. Anche le lettere usate per le scritte, compreso il vocabolario e le espressioni idiomatiche, sono identiche a quelle dei manoscritti riferibili alla tarda età ellenistica.

Tempo, scienza e filosofia

A noi uomini d’oggi sembra un fatto eccezionale che gli antichi s’ingegnassero per costruire una macchina così sofisticata, in grado di predire eclissi, allineamenti dei pianeti e persino le date dei Giochi Olimpici. Ma in questo sforzo v’era innanzitutto un’esigenza pratica: tenere traccia del tempo e dello spazio. La conoscenza dei movimenti degli astri consentiva a chi navigava di notte di non perdere la rotta. Non bisogna poi dimenticare che per i Greci non v’era distinzione tra astronomia e astrologia. Al tempo si credeva che gli eventi della sfera celeste influenzassero quelli della Terra, che avessero delle conseguenze sugli accadimenti umani, collettivi e individuali. A titolo d’esempio, le eclissi erano considerate dagli antichi un cattivo presagio che anticipava una guerra o una carestia. Poterle prevedere e ritualizzarle permetteva di mantenere l’ordine sociale. Era importante per un generale militare sapere se un’eclissi si sarebbe verificata durante una battaglia…

I Greci utilizzavano il mutare degli astri per tenere traccia del tempo, di cui distinguevano differenti accezioni: chronos indicava la durata quantitativa delle cose; kairos era il momento favorevole di un evento; Aion era l’infinito, il quale ordinava il cosmo per mezzo di un eterno ritorno di cicli costanti13. Essi possedevano una concezione ciclica del tempo basata sull’osservazione della natura. Ogni giorno il sole sorge e tramonta allo stesso modo, regolando l’alternanza della luce e dell’oscurità; ogni anno ritornano le stagioni, scandite dagli equinozi e dai solstizi; e così si ripete la posizione apparente del Sole rispetto alle costellazioni, evidenza che ispirò l’astrologia. Il meccanismo di Anticitera era dunque uno strumento di potere e conoscenza preziosissima che racchiudeva nei suoi ingranaggi i segreti del cosmo. Il planetario era stato concepito per rispondere a un’indagine filosofica, esistenziale, con la quale l’uomo dell’antichità cercava il proprio posto nell’universo.

Samuele Corrente Naso

Note

  1. La stima si basa sui reperti recuperati dal relitto: varie ceramiche databili tra il 100 ed il 50 a.C.; delle monete coniate tra il 76 ed il 67 a.C. Si veda N. Kaltsas, E. Vlachogianni, P. Bouyia, The Antikythera Shipwreck. The Ship, The Treasures, The Mechanism. National Archaeological Museum, April 2012 – April 2013, Hellenic Ministry of Culture and Tourism, National Archaeological Museum, Kapon, Atene, 2012. ↩︎
  2. D. J. de Solla Price, Gears from the Greeks. The Antikythera Mechanism: A Calendar Computer from ca. 80 B. C, in Transactions of the American Philosophical Society, New Series, 64, 1974. ↩︎
  3. Intorno al 150 a.C. per C. C. Carman e J. Evans, On the epoch of the Antikythera mechanism and its eclipse predictor, in Archive for History of Exact Sciences, vol. 68, 6, 15, 2014. Intorno al 100 a.C. per T. Freeth, Y. Bitsakis, X. Moussas, J. H. Seiradakis, A. Tselikas, H. Mangou, M. Zafeiropoulou, R. Hadland, D. Bate, A. Ramsey, M. Allen, A. Crawley, P. Hockley, T. Malzbender, D. Gelb, W. Ambrisco e M. G. Edmunds, Decoding the ancient Greek astronomical calculator known as the Antikythera Mechanism, in Nature, vol. 444, n. 7119, 2006. ↩︎
  4. Ibidem nota 2. ↩︎
  5. P. Ball, Complex clock combines calendars, in Nature 454, 561, 2008. Link all’articolo. ↩︎
  6. Tratta da T. Freeth, Wonder of the Ancient World, in Scientific American, gennaio 2022. ↩︎
  7. A. Jones, Historical Background and General Observations, in M. Allen, W. Ambrisco, M. Anastasiou, D. Bate, Y. Bitsakis, A. Crawley, M.G.Edmunds, D. Gelb, R. Hadland, P. Hockley, A. Jones, T. Malzbender, H. Mangou, X. Moussas, A. Ramsey, J.H. Seiradakis, J. M. Steele, A.Tselikas, M. Zafeiropoulou, General Preface to the Publication of the Inscriptions, 2016. ↩︎
  8. Cicerone, De natura deorum, II, 88. ↩︎
  9. Cicerone, De re publica, I, 14, 21-22. Lo stesso manufatto è citato in: Cicerone, Tusculanae disputationes, I, 63; Ovidio, Fasti, VI, 263-283. ↩︎
  10. T. Freeth, A. Jones, J. M. Steele, Y. Bitsakis, Calendars with Olympiad display and eclipse prediction on the Antikythera Mechanism, in Nature, vol. 454, n. 7204, 2008. ↩︎
  11. Spesso si è parlato, senza fondamento scientifico, di Oopart (Out Of Place ARTifacts). ↩︎
  12. Pseudo-Aristotele, Mechanica, 300 a.C. ↩︎
  13. A. Lampugnani, Il ciclo nel pensiero greco fino ad Aristotele. Evoluzione storica di un’idea e sue implicazioni teoretiche, su old.studiumanistici.unimi.it, Firenze, La Nuova Italia, 1968. ↩︎

Autore

Samuele

Samuele è il fondatore di Indagini e Misteri, blog di antropologia, storia e arte. È laureato in biologia forense e lavora per il Ministero della Cultura. Per diletto studia cose insolite e vetuste, come incerti simbolismi o enigmatici riti apotropaici. Insegue il mistero attraverso l’avventura ma quello, inspiegabilmente, è sempre un passo più in là.

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