Nel mezzo dell’arido deserto che si distende a oriente di Amman, in Giordania, si incontrano d’improvviso palazzi di un bello antico e inaspettato. Sorgono, come testimoni silenti di secoli or sono, porte e mura, finestre sul nulla, torri che calpestano la polvere. I Castelli del Deserto spezzano la monotonia del paesaggio, elevano lo spirito del visitatore e del beduino che transitano per queste terre. Ma di castelli si trattava? Non proprio: un tempo la Giordania non era così spoglia, valli e fiumi vi comparivano, radure verdeggianti e pascoli si estendevano per miglia e miglia. Le costruzioni che oggi si adagiano sulla sabbia erano piuttosto residenze, luoghi di incontro e di ristoro, talvolta persino spazi destinati al lusso e al diletto.
Certo, alcune di esse furono per davvero dei castra, come la Fortezza romana di Qasr al-Azraq, ma solo poche furono create per scopi militari. I califfi omayyadi (661-750) edificarono in questa regione dei minuti insediamenti per il controllo del territorio, composti da aree residenziali, moschee, terme e caravanserragli. Cisterne e ingegnosi sistemi di irrigazione permettevano invece lo sfruttamento agricolo del suolo. In ogni caso, sotto l’impropria denominazione di Castelli del Deserto si suole oggi indicare in Giordania differenti costruzioni, tra le quali spiccano i palazzi di Qasr al-Kharana, Qusayr Amra e Qasr al-Azraq.

Qasr al-Kharana
Il palazzo fortificato di Qasr al-Kharana appare da lontano, solo in mezzo al nulla, accarezzato dai granelli del deserto che il vento trascina lungo i brulli rilievi dell’hamada. La muratura quasi continua, con piccole aperture, lo fa rassomigliare a una roccaforte possente. L’edificio, a pianta quadrata, si dispone intorno a un cortile centrale con armonia e simmetria. Presso gli angoli e alla metà dei lati perimetrali, eccetto quello d’ingresso, si elevano delle torri circolari a tre quarti, alte ed esili. I torrioni, pieni, non ospitano vani. Non avevano dunque funzione militare ma solo ornamentale. Il palazzo di Qasr al-Kharana era infatti un luogo di pace deputato all’incontro tra i principi omayyadi e le tribù beduine del deserto, così che i Califfi potessero rendere manifesta la loro supremazia sul territorio.
Si accede a Qasr al-Kharana imboccando un corridoio di ingresso rivolto a sud, introdotto da un porta monumentale fiancheggiata da torri a spicchio. Il Qasr si articola su due livelli e ospita circa sessanta stanze adibite a usi diversificati. A pian terreno, di fianco l’ingresso, due ampi ambienti rettangolari ospitavano le stalle e i magazzini. Dalla parte interna del cortile si raggiungevano le scale per il piano nobile.
Una struttura modulare
Le abitazioni seguivano un modello modulare: le stanze si disponevano a gruppi attorno a un vano centrale in modo da avere accesso al cortile e una cisterna d’acqua comune1. Gli ambienti erano decorati in maniera molto sobria: le pareti si interrompevano solo in corrispondenza di pilastri a triplici colonne; appena sotto i soffitti, costituiti da volte a botte, vennero incastonate delle rosette floreali in stucco. Le camere poste al piano superiore si affacciavano su una balconata rivolta verso il cortile centrale e retta da un portico ormai perduto. Qui alcuni fori posti di sbieco permettevano la ventilazione degli ambienti, mentre due file di feritoie consentivano l’ingresso della luce senza che venissero esposti troppo al sole.


Sebbene la struttura architettonica di Qasr al-Kharana abbia nel suo complesso una chiara impronta omayyade, alcuni elementi stilistici e architettonici sembrano rimandare alla Persia e ai Sasanidi che controllarono quest’area della Giordania tra il 614 e il 628. Così ad esempio suggeriscono la struttura muraria in pietra grezza calcarea, alternata con fasce in laterizio a spina di pesce, e gli stucchi decorativi. È possibile, pertanto, che l’edificio fu costruito in diversi momenti e completato sotto gli Omayyadi. Un terminus ante quem della sua datazione è contenuto in un’incisione grafitica collocata in una sala del piano superiore2. Sull’intonaco infatti si legge:
“Oh Signore, abbi pietà di ʿAbd al-Malik ibn ʿUmar e perdona le sue colpe […]. ʿAbd Allāh ibn ʿUmar [la] scrisse il lunedì delle ultime tre notti del Muharram nell’anno novantadue”
N. Abbott, The Kasr Kharāna Inscription Of 92 H. (710 A.D.), A New Reading, 1946; traduzione in italiano a cura dell’autore
Vale a dire il 24 novembre del 710.

Qusayr Amra, un gioiello tra i Castelli del Deserto
Un altro dei Castelli del Deserto, che castello non fu mai, s’incontra sulla via che procede da Amman all’oasi di al-Azraq. In epoca omayyade l’area era provvista di ricche sorgenti acquifere. Così, quando tra il 723 e il 743 il califfo al-Walīd II edificò un piccolo palazzo adibito all’otium, oggi noto come Qusayr Amra, vi fece includere delle terme3. Il complesso termale di Qusayr Amra, che includeva un’ampia sala per le udienze private, era alimentato da una grande cisterna e un pozzo profondo quaranta metri. Dato il dislivello, l’acqua poteva essere portata in superficie solo tramite la forza animale. A ciò era preposto un asino o un cavallo che faceva funzionare la sâqiya, un sistema di ingranaggi ed eliche di legno che consentiva il pescaggio del prezioso liquido. L’acqua veniva quindi convogliata nelle terme tramite apposite condutture celate sotto il piano di calpestio dello spazio esterno.

La quasi totalità delle superfici murarie e delle volte di Qusayr Amra fu affrescata con scene dai vivaci colori e soggetti ammalianti. Scene di nudo e di caccia, animali e frutti esotici accompagnavano al-Walīd II durante le attività di ristoro. I dipinti furono di certo realizzati da eccelsi artisti arabi, ispirati da influenze ellenistiche, romane, bizantine e sasanidi. Gli affreschi di Qusayr Amra sono fondamentali per comprendere l’evoluzione, i temi e l’iconografia dell’arte islamica in quanto costituiscono le rimanenze più importanti dell’età omayyade. Colpisce, ad esempio, la presenza di nudi femminili, caso unico per la rigidità morale che nel corso della storia ha contraddistinto le rappresentazioni figurative musulmane.

La sala delle udienze
La sala delle udienze, monumentale nella sua architettura a tre navate con volte a botte e archi cuspidati, è una delle più belle manifestazioni artistiche dell’arte islamica. L’ambiente era un tempo rivestito di marmi, come della stessa pregiata materia era la pavimentazione. La navata centrale si estendeva per una lunghezza maggiore in modo da ricavare, sul fondo della sala rispetto l’ingresso, uno spazio adibito ad accogliere il trono. Dalla sala si accedeva a due ambienti di servizio absidati e soprattutto, attraverso un varco sulla parete orientale, all’hammam, il complesso delle terme.

La navata destra
Nella maestosa sala, sotto la volta della navata destra, due pavoni sono accompagnati da didascalie che intendono rivelare la supremazia del califfo sui suoi nemici: “Nike” e “Charis”, ossia vittoria e grazia. Egli è rappresentato disteso su un letto, vestito in modo sgargiante e lussuoso, in compagnia di uno scriba, di un servitore con ventaglio e di alcune donne. Appena più sopra e sul muro di fronte, si rinvengono le scene della vita di Giona, descritte nel Vecchio Testamento biblico come nel Corano. Il profeta è raffigurato mentre viene ingoiato e poi sputato da un enorme pesce; si riposa quindi sotto un pergolato4.
“In verità Giona era uno degli inviati. Fuggì sulla nave stipata. Quando tirarono a sorte, fu colui che doveva essere gettato [in mare]. Lo inghiottì un pesce, mentre si rammaricava. Se non fosse stato uno di coloro che glorificano Allah, sarebbe rimasto nel suo ventre fino al Giorno della Resurrezione”.
Corano, sūra 37, Āyāt 139-144
Un’iscrizione rivela infine il nome del committente di tutto il palazzo: Walīd Ibn Yazid, detto al-Walīd II, che diverrà califfo nel 743.
La parete occidentale
La parete occidentale ospita un grande ciclo decorativo che colpisce per la vivacità dei colori e la varietà dei soggetti raffigurati. Così, presso il registro mediano una fanciulla fuoriesce dalla vasca di un hammam, nuda e sensuale: era forse la serva preferita del califfo. Alla sua sinistra sei personaggi di alto rango rendono gli onori al principe omayyade. I loro nomi sono scritti in arabo e in greco; possiamo dunque riconoscere l’imperatore bizantino, il negus d’Abissinia, un re dei Sasanidi chiamato Cosroe, il visigoto Roderico e altre due figure forse di sovrani d’Asia.

Sulla destra dell’affresco si osservano dei guerrieri intenti nella lotta. La fascia superiore accoglie scene di caccia con la cattura dell’asino selvatico. Il registro più basso, invece, ospita una decorazione che mima la tecnica romana dell’opus sectile. Ancora presso la navata destra si osservano scene tratte dalla mitologia, tra le quali spicca un cane a tre teste.
La navata centrale e quella orientale
In corrispondenza del trono, sulla parete di fondo e sulla volta della navata centrale, gli affreschi mostrano invece il principe omayyade assiso e attorniato dai servitori, consiglieri e familiari. Ai suoi piedi si sviluppa una battuta di pesca. Gli archi che separano le navate sono affrescati con ritratti di uomini e donne vestiti con abiti preziosi. La volta è suddivisa in trentadue riquadri con figuri intenti in ogni sorta di ozio e diletto, comprese attività musicali e sportive.
In contrapposizione, lungo il soffitto della navate orientale troviamo la rappresentazione allegorica dei mestieri in altrettanti riquadri: fabbri e maniscalchi, carpentieri, muratori, maestranze d’ogni genere che costruirono il palazzo di Qusayr Amra. Presso le pareti laterali si conclude il ciclo della caccia all’asino selvatico con l’uccisione dell’animale e la sua scuoiatura.

L’Hammam dei Castelli nel Deserto
Dalla sala delle udienze una stretta apertura sulla parete orientale conduce al complesso termale, l’hammam. Per primo si attraversa l’apodyterium, un locale voltato che fungeva da spogliatoio per i bagni. Un sedile in pietra è addossato alle pareti sud ed est. Il soffitto è decorato con losanghe contenenti figure di danzanti e suonatori, uomini e animali. Di grande impatto è l’immagine di una scimmia che applaude un musicista molto particolare: un orso dotato di uno strumento a corde. Lungo la linea mediana della volta le losanghe contengono i visi di un fanciullo, di un uomo e di un anziano, richiamo forse alla condizione umana dell’esistenza, invito a godersi il momento presente prima che il destino faccia il suo corso.

Sulla lunetta, ecco che Dioniso incontra Arianna dormiente su una spiaggia dell’isola di Nasso. Sul lato opposto un uomo e una donna si guardano ai lati della finestra architettonica.

Il tepidarium e il calidarium
Si giunge quindi alle stanze del tepidarium e del calidarium. La prima è coperta da una volta a crociera e presenta decorazioni a foglie intrecciate e grappoli d’uva; ninfe e fanciulle sono intente nelle attività termali. L’ultima sala di Qusayr Amra è il calidarium, unico ambiente del palazzo a essere coperto da una cupola con pennacchi. Era questo il vano più caldo dell’hammam, le cui acque erano riscaldate da una fornace e ivi trasportate per mezzo di condotte in ceramica. I costruttori innalzarono il pavimento delle stanze termali tramite corti pilastri in basalto, così da favorire l’incanalamento e la circolazione dell’aria calda.

La cupola, che si apre all’esterno attraverso quattro finestre in origine ricoperte da mosaici di vetro, contiene uno dei cicli pittorici più affascinanti dell’intero complesso di Qusayr Amra. Vi furono infatti raffigurate le costellazioni e i segni zodiacali visibili nell’emisfero settentrionale, nelle forme animalesche dell’iconografia romana.

Il più antico dei Castelli del Deserto: Qasr al-Azraq
Primo tra i Castelli del Deserto, in quanto il più antico, è Qasr al-Azraq. Una primitiva struttura venne edificata dai Romani come fortificazione posta a guardia dell’oasi di Azraq, unica fonte d’acqua in un’ampia porzione di deserto, e del limes Arabicus. Un’iscrizione rinvenuta nel sito, dedicata a Diocleziano, sembra collocarne le origini al periodo della Tetrarchia (295-305) o a pochi anni prima5.

Qasr al-Azraq, il “Castello blu”, venne poi rioccupato nelle età successive. I Bizantini vi edificarono una chiesa al centro del cortile e gli Abbasidi la trasformarono in moschea. La fortezza venne poi ricostruita come oggi la vediamo, con i tipici blocchi in basalto nero, durante la dinastia degli Ayyubidi. Sul portale d’ingresso v’è infatti un’iscrizione, datata 1237, che ricorda i lavori di rifacimento ad opera dell’emiro ‘Izz al-Din Abdul Mansur Aybak. Qasr al-Azraq è ricordato anche per essere stato il quartier generale di Lawrence d’Arabia nel 1917 durante la rivolta araba contro l’Impero Ottomano.

Il castello è custodito da un recinto di pianta quadrangolare provvisto di cinque torri di avvistamento, quattro in posizione angolare e la restante a metà del fianco nord. Il portale di accesso, di epoca romana, è costituito da due possenti lastre di basalto. Un altro ingresso dell’antica fortezza è collocato sul lato occidentale in prossimità di un edificio diroccato, che corrispondeva forse all’alloggio del comandante, il praetorium. È interessante notare come entrambe le porte siano ancora in grado di girare sui propri cardini, nonostante il passare dei secoli. A est del cortile si osserva invece una grande cisterna esagonale di età islamica con contrafforti.
Samuele Corrente Naso
Note
- S. K. Urice, Qasr Kharana in the Transjordan, American Schools of Oriental Research, Durham, 1987. ↩︎
- N. Abbott, The Kasr Kharāna Inscription Of 92 H. (710 A.D.), A New Reading, Ars Islamica, Volumes 11-12, 1946. ↩︎
- World Monuments Fund, World Monuments Fund Conservation at Qusayr ‘Amra, 2015. ↩︎
- Ibidem. ↩︎
- S. Cervo, I “cosiddetti” castelli del deserto, in S. Lusuardi Siena, C. Perassi, La Giordania che abbiamo attraversato. Voci e immagini da un viaggio, 2012. ↩︎