Era il 23 luglio 1444 quando Federico, figlio illegittimo di Guidantonio da Montefeltro, faceva il suo ingresso trionfale a Urbino e la folla lo acclamava festante come nuovo signore della città. La presa di potere del nuovo duca era inaspettata: il fratello Oddantonio, che ricopriva la carica da pochi mesi, era stato brutalmente assassinato. Qualcuno gli aveva teso un agguato, colpendolo a morte con un coltello e inferendo sul suo corpo esanime. Si vociferava che il mandante fosse proprio Federico, sebbene senza certezza alcuna. Poco importava, il popolo di Urbino, che mal sopportava le ingenti tasse di Oddantonio, aveva accolto con gioia la notizia.
Federico ereditava i possedimenti dei Montefeltro e da quel momento, tra le mura della città, nulla sarebbe stato più come prima. La personalità del nuovo signore irruppe nella vita sociale e politica del suo tempo. Federico non era solo un grande condottiero militare, ma soprattutto un uomo di cultura eccelsa. Radunò nella sua corte artisti, matematici e fini intellettuali. Fece edificare l’imponente Palazzo Ducale, centro di potere e casa di un nuovo umanesimo, di quel Rinascimento che renderà Urbino immortale lungo i secoli. Urbino, la città di Federico da Montefeltro.

Il mistero della nascita di Federico da Montefeltro
La nascita di Federico da Montefeltro ha i contorni incerti del mistero. Suo padre, il potente conte Guidantonio, aveva sposato nel 1397 la nobile Rengarda Malatesta con la speranza di avere una prole numerosa e dare alla luce un degno erede. Si può immaginare il suo crescente disappunto quando, man mano che gli anni passavano, non vi era modo che la moglie rimanesse incinta. Guidantonio non si rassegnò affatto e, convinto ormai che la donna fosse sterile, pensò di fare a modo suo. Quindi ingravidò una nobildonna – che la tradizione ha individuato in Elisabetta degli Accomanducci – e da questa unione, il 7 giugno 1422, a Gubbio nacque Federico.
O almeno questa era la versione ufficiale fornita dai Montefeltro. Invece, secondo una diffusa diceria, forse messa in giro proprio da Rengarda Malatesta, Federico era in realtà figlio di Bernardino Ubaldini della Carda1. Ma chi era costui? Bernardino era il marito di Aura, una figlia di Guidantonio nata da una relazione extraconiugale. In sostanza, il Conte di Urbino avrebbe nascosto per nove mesi la gravidanza della figlia e spacciato come suo il nascituro.
Federico legittimato da papa Martino V
È difficile affermare dove stia la verità. Federico per tutta la vita non diede mai conferma della paternità fittizia di Guidantonio, almeno in pubblico, si potrebbe dire per ovvie ragioni legate alla successione. Ma nemmeno mai si azzardò a smentirla davvero. Persino il suo biografo ufficiale Pierantonio Paltroni scriveva nei Commentari che egli nacque da stirpe illustre “qual ch’el fusse et figliolo de Bernardino et de casa degli Ubaldini”2. E così pure affermava papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, nel trattato De Europa: “provenne dalla famiglia Ubaldini il duca Federico […] che non era figlio naturale di Guidantonio da Montefeltro ma di Bernardino della Carda3.
In ogni caso, Federico da Montefeltro venne legittimato come erede di Guidantonio da una bolla papale di Martino V, datata 22 dicembre 1424. Il pontefice impose una sola condizione: se il Conte avesse avuto un figlio legittimo, questo sarebbe stato l’erede designato della signoria di Urbino.

L’infanzia e l’allontanamento da Urbino
La clausola di Martino V non era campata per aria. Infatti, nel settembre del 1423 era morta Rengarda Malatesta e appena quattro mesi dopo Guidantonio si era risposato con Caterina Colonna, nipote del pontefice. Difatti il matrimonio del Conte non fu senza frutti: il 18 gennaio 1427 nacque Oddantonio, futuro erede di Urbino e del Montefeltro. La corte nobiliare accolse la notizia con giubilo e sollievo, ma cosa ne sarebbe stato del piccolo Federico? Il bambino, da erede legittimato qual era, divenne d’improvviso un problema. Caterina Colonna non aveva nessuna intenzione di tenerlo con sé, considerandolo un pericolo per il figlio naturale. Così, assodato che non potesse rimanere a Urbino, Guidantonio lo affidò a Giovanna Alidosi, signora di Sant’Angelo in Vado e Mercatello, della Contea della Massa Trabaria.
Federico rimase nella valle montana del Metauro fino all’età di undici anni. Quindi nel 1433 venne consegnato al veneziano Andrea Dandolo come garanzia di pace tra il duca milanese Filippo Maria Visconti e papa Eugenio IV. Poi l’anno successivo, per volontà di Guidantonio, giunse a Mantova. Qui, alla corte dei Gonzaga, venne acculturato dall’umanista Vittorino da Feltre. All’età di 15 anni, il 2 dicembre 1437, sposò Gentile Brancaleoni dalla quale, per una curiosa coincidenza, non ebbe eredi come era accaduto a Guidantonio da Montefeltro. Poco importava, Gentile era l’erede dei possedimenti della Massa Trabaria, circostanza che avrebbe conferito a Federico il titolo di conte.
Federico da Montefeltro uomo d’armi al soldo dei Visconti
Nonostante gli studi umanistici, Federico era destinato alla carriera miliare. Nel maggio del 1438 si trasferì a Milano per prendere il comando della compagnia militare “Feltria” al soldo di Filippo Maria Visconti. Era quello l’inizio di un periodo di battaglie e scorribande che lo vedevano quasi sempre contrapposto all’acerrimo nemico, il signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta. Così, ad esempio, nel teatro della guerra tra Milano e Firenze, nel marzo 1440. Dopo la pesante sconfitta subita dalle truppe di Filippo Maria Visconti il 29 giugno nella Battaglia di Anghiari, Federico si incaricò di risollevare le sorti dello scontro in favore del Duca. Sigismondo Malatesta era invece un convinto alleato dei fiorentini e del condottiero Francesco Sforza che minacciava i territori viscontei.
La rivalità tra i due ebbe il culmine nel settembre del 1441 quando Pesaro, città chiave per i Malatesta in quanto punto di collegamento tra i possedimenti della Romagna e delle Marche, invocò l’aiuto dei Montefeltro. Come contromossa, nel settembre Sigismondo ordì un’imboscata contro Federico nei pressi del castello di Montelocco. L’attentato si risolse appena in una lieve ferita, ma da quel momento tra i due non vi sarà più possibilità di riappacificazione. Per tutto l’autunno successivo Federico fece mettere a ferro e fuoco il riminese con feroci scorribande e, il 22 ottobre, conquistò la Rocca di San Leo, ritenuta all’epoca inespugnabile. A Sigismondo Malatesta non restò che implorare una tregua.

Il nuovo Ducato di Urbino
Nel febbraio del 1443 Federico dovette rientrare di gran fretta a Urbino: un messaggero gli aveva annunciato l’imminente morte del conte Guidantonio. Giunto sul capezzale del padre, vero o presunto che fosse, il giovane fece in tempo per assisterlo nelle ultime ore, la mattina del 20. Urbino, centro di potere dei Montefeltro, passava così nelle mani del fratello Oddantonio, legittimo erede e unico figlio maschio naturale di Guidantonio.
Questo delicato passaggio di consegne aveva di certo un attento e interessato osservatore. Sigismondo Malatesta non aspettava altro: riunite le truppe si preparava a invadere la contea urbinate e risolvere in via definitiva i suoi dissidi con Federico. E tuttavia ecco giungere per i Montefeltro un potente e inaspettato alleato. Papa Eugenio IV, preoccupato dall’espansione territoriale dei Malatesta nell’Italia centrale, il 25 aprile 1443 conferì a Oddantonio il titolo di Duca, ponendo Urbino come vassallo sotto la diretta protezione dello Stato pontificio. A Sigismondo non rimaneva che rinunciare alle sue mire espansionistiche.
L’inaspettata ascesa al potere di Federico da Montefeltro
Oddantonio era forse troppo giovane e inesperto per essere investito di una tale carica. Quando le spese militari iniziarono a pesare come un macigno sulle casse urbinati, il Duca pensò semplicemente di aumentare le tasse, che divennero uno sproposito. Tra il popolo iniziò a serpeggiare un gran malcontento. A ciò si sommarono le notizie sulla condotta di alcuni suoi consiglieri, accusati di molestie e di condurre una vita dissoluta. Poco dopo la mezzanotte del 22 luglio 1444 un gruppo di uomini armati fece irruzione nella residenza del duca Oddantonio e lo assassinò barbaramente.
Federico stava presidiando Pesaro dalle scorribande di Francesco Sforza e di Sigismondo Malatesta quando seppe della morte del fratello. Di certo la notizia non lo colse alla sprovvista: anche rifiutando le dicerie che lo volevano il truce mandante dell’omicidio, è difficile pensare che egli fosse candidamente all’oscuro della congiura. D’altronde Federico aveva tutto da guadagnare da questa tenebrosa trama. Egli era il diretto successore di Oddantonio, legittimato dalla bolla di Martino V. Ecco che il giovane Federico, frutto di uno scandalo, poteva riprendersi trionfalmente la città e la corte da cui era stato allontanato. Già la mattina del 23 luglio il nuovo Duca si trovava a Urbino. Dopo aver giurato sull’ostia sacra innanzi al vescovo Antonio Altan, si insediava nel Palazzo della signoria.

I contrasti con Sigismondo Malatesta
Gli anni trascorsi come comandante al servigio dei Visconti avevano permesso a Federico di sviluppare un certo acume che gli permetteva di comprendere, e sfruttare a proprio vantaggio, i mutamenti del quadro politico. Soprattutto il signore del Montefeltro non voleva incorrere negli stessi sbagli del fratello assassinato. Improntò il suo governo su un’attenta gestione economica, senza gravare sul popolo con tasse eccessive, ma ricercando il sostentamento economico per il Ducato negli intrecci militari. Con gran sorpresa, pochi mesi dopo il suo insediamento, Federico strinse alleanza con il suo vecchio nemico Francesco Sforza. Alla notizia di questo voltagabbana, Sigismondo Malatesta divenne furioso. Il signore di Rimini non mancò di indirizzare a Federico una lettera piena di vituperi in cui l’accusava di fratricidio, né si facevano attendere gli strali dell’altro, che l’addebitata di uxoricidio e di dubbia condotta morale.
La cessione di Pesaro
Ma sul piano militare ebbe la meglio il Duca di Urbino. Il 15 gennaio 1445 Federico riuscì a farsi consegnare dietro compenso Pesaro dall’”inetto” Galeazzo Malatesta, cedendola poi agli Sforza. La manovra, che peraltro gli costò la scomunica di Eugenio IV, giacché priva del benestare della Chiesa, fu un colpo durissimo per gli interessi di Sigismondo. Questi si vedeva infatti privato della possibilità di unire i territori delle Marche e della Romagna. Il signore di Rimini reagì nel marzo del 1446 occupando le Marche con un corposo esercito. E soprattutto ordendo la “congiura di carnevale”: Federico venne assaltato da un gruppo di rivoltosi al soldo del rivale, ma il tentativo fu prontamente sventato.
Inutile dire che da quel momento ogni scenario militare e politico divenne il pretesto per una competizione tra i due senza risparmio di colpi. Negli anni successivi Sigismondo Malatesta ottenne notevoli successi ma si inimicò fatalmente Alfonso V d’Aragona. Il signore di Napoli nel 1454 lo farà escludere dalla Pace di Lodi e dalla Lega Italica, con conseguente, catastrofica, perdita economica e di prestigio. Francesco Sforza, invece, si insediò a Milano nel 1450 raccogliendo l’eredità dei Visconti.
Il colpo di lancia
Non è noto con esattezza il giorno in cui Federico venne sfregiato al volto senza rimedio, ma a partire dal 1450 lo troviamo raffigurato sempre di profilo. Così nelle celebri opere del pittore Piero della Francesca, così pure nel ritratto nello Studiolo realizzato dallo spagnolo Pedro Berruguete. Sappiamo soltanto che in un duello a cavallo, forse durante la giostra indetta per festeggiare la nomina a Duca di Milano di Francesco Sforza, la lancia dell’avversario si incuneò nella visiera dell’elmo di Federico, sfregiandolo e cavandogli l’occhio destro. Per anni si è raccontata la leggenda che il Duca si fece rimuovere la porzione superiore del setto nasale per vederci meglio, ma ciò non corrisponde a verità. Fu il colpo stesso della lancia a produrre la curiosa e celebre forma del suo naso4, vero marchio distintivo di tutti i suoi ritratti.

La morte di Gentile e di Buonconte, il matrimonio con Battista Sforza
Il grave incidente non placò l’animosità di Federico, tutt’altro, il condottiero intensificò i suoi sforzi per arginare il nemico di sempre Sigismondo. Il 23 giugno 1456 il Duca si recava a Napoli per chiedere ad Alfonso d’Aragona di attaccare i territori riminesi. Né lo faceva desistere la notizia della morte, il 2 luglio, della moglie Gentile Brancaleoni che lo costringeva a rientrare a Urbino in fretta e furia. La donna era stata una presenza importante nella vita di Federico, umile e dimessa si era presa cura finanche dei figli illegittimi del signore, almeno tre, accolti a corte senza remore e risentimenti. Tra questi v’era il primogenito maschio, Buonconte, figlio colto e amato da Federico oltre ogni modo.
Il Duca di Urbino non esitò a inviarlo a Napoli dagli Aragona con un’ambasceria. Ma il fanciullo, che aveva appena diciassettenne anni, giunto in Campania contrasse un morbo insanabile e vi morì improvvisamente. Per Federico fu un lutto tremendo: “Dio me ha tolto un occhio et questo figliolo che era la vita mia” scriveva in una lettera a Francesco Sforza5. Tuttavia, la situazione politica e i contrasti con Sigismondo non gli permettevano di fermarsi e chiudersi nel proprio tremendo dolore. Buonconte era il figlio designato a succedergli alla guida di Urbino, ma ora egli non aveva più né moglie né fidati eredi. Ecco che il 13 novembre del 1460 Federico sposava l’appena tredicenne Battista Sforza, figlia di Alessandro signore di Pesaro, da cui sperava di avere finalmente un figlio legittimo.

La resa dei conti con Sigismondo Malatesta
Nel frattempo la politica antiriminese di Federico cominciava ad avere successo. Sigismondo Malatesta, accusato dagli Aragonesi di essere il sobillatore che attentava alla pace in Italia, si trovava in una situazione di sempre più marcato isolamento. Nel 1459 il nuovo pontefice, Pio II, gli intimava di restituire alla Chiesa alcuni castelli conquistati nella Valle del Cesano. E si può solo immaginare il suo disappunto quando, una volta ceduti, quegli stessi territori venivano destinati ai Montefeltro. Sigismondo decise allora di ribellarsi e di riappropriarsene, finendo per inimicarsi anche il papa, che nel dicembre del 1460 non esitò a scomunicarlo e condannarlo a morte.
A Federico da Montefeltro – a chi sennò? – venne affidato il compito di catturarlo e giustiziarlo, alla guida delle armate pontificie. Accerchiato da più nemici, dopo vari capovolgimenti di fronte, il signore di Rimini veniva sconfitto duramente nella Battaglia del Cesano, il 12 agosto 1462. A stento Sigismondo ripiegava a Fano con le poche truppe rimaste. Egli era infine costretto ad accettare le umilianti condizioni richieste da Pio II: il versamento annuo di mille ducati d’oro e la cessione di tutte le terre eccetto Rimini. Federico da Montefeltro aveva vinto la sua battaglia politica, militare e soprattutto personale contro il rivale di sempre. I Malatesta, ormai in un inarrestabile declino, non rappresentavano più un pericolo per il suo Ducato.
L’apogeo di Federico da Montefeltro
Il trionfo di Federico sul nemico gli consegnò il potere su un vasto territorio dell’Italia centrale, compresa la Romagna meridionale. Con i suoi possedimenti, obbligati punti di transito tra nord e sud, il Duca di Urbino era ora l’ago della bilancia nei delicati equilibri politici della Penisola. Non v’era scontro militare in cui Federico, capitano generale della Lega Italica, non venisse chiamato in causa: nel 1467 sconfisse gli eserciti di Venezia guidati da Bartolomeo Colleoni; due anni più tardi sbaragliò le truppe pontificie a Rimini; nel 1472 ristabilì il dominio di Firenze a Volterra, città che si era ribellata a Lorenzo de’ Medici.
In questo felice momento si colloca anche la tanto attesa nascita di un erede maschio. Il matrimonio di Federico con Battista Sforza aveva infatti portato una prole numerosa, sebbene composta di sole femmine, ben sei! Il 24 gennaio 1472 il signore di Urbino poté finalmente annunciare la notizia a tutto il Ducato in festa: era nato Guidobaldo, l’erede designato dei possedimenti dei Montefeltro.
La morte di Battista Sforza
L’incontenibile gioia per la nascita del figlio era tuttavia destinata a svanire troppo presto. Il 7 luglio successivo, appena venticinquenne moriva Battista Sforza, si dice a causa delle complicazioni del parto, o ancora per una polmonite contratta durante una battuta di caccia. La perdita dell’amata moglie lasciò in Federico un vuoto incolmabile, un velo di profonda malinconia non lo abbandonerà più. Battista era per Federico da Montefeltro un sostegno importante, una consigliera pratica e devota. Forse a causa del profondo legame, e del tremendo lutto, Federico non si sposerà un’altra volta, nonostante le offerte dei nobili d’Italia delle loro figlie.

Ciò nondimeno, conscio del suo ruolo politico in Italia, egli non si ritirò dalla vita mondana. Nell’agosto del 1474 Federico ricevette da papa Sisto IV i titoli di gonfaloniere della Chiesa e di Duca, carica che aveva ereditato dal fratello Oddantonio e per lui, sino a quel momento, senza il riconoscimento pontificio. In settembre era invece a Napoli per ottenere la massima onorificenza d’Aragona, venendo insignito dell’Ordine dell’Ermellino. E ancora Edoardo IV d’Inghilterra gli concesse l’Ordine della Giarrettiera.
Federico da Montefeltro, uomo di cultura
Il grande prestigio ottenuto faceva di Federico da Montefeltro l’uomo d’armi più richiesto in tutta Italia. E di conseguenza anche quello meglio pagato. A Urbino confluirono fiumi di denaro che egli seppe impiegare non per dissolute abitudini ma per edificanti imprese. Tra queste il rinnovamento architettonico di Urbino in forme rinascimentali. Il piccolo borgo medievale, arroccato su due vicini colli, venne rimodernato e ampliato in maniera razionale, acquisendo una dimensione nuova, europea. Il tessuto urbano fu organizzato per gravitare intorno al Palazzo della signoria, vero perno sociale, che Federico fece riedificare splendidamente. Prima di allora la residenza del Duca era costituita da una struttura semplice e un castellare, posti in prossimità del Duomo.
Federico aveva promosso un primo intervento nel 1454, affidando a Maso di Bartolomeo la realizzazione del Palazzetto della Jole, così detto per via della decorazione con figure classiche degli ambienti interni. Ma è solo dopo la vittoria sui Malatesta che egli poté concepire il grandioso progetto di Palazzo Ducale, come oggi si mostra. Nel 1464 i lavori per l’imponente edificio vennero affidati a Luciano Laurana. Questi realizzò il bel cortile con portici, lo Scalone d’onore, la Biblioteca, la Sala delle Udienze, lo Studiolo personale di Federico e vari altri ambienti. Il Laurana edificò inoltre la maestosa Facciata con Torricini, di elegante verticalismo, rivolta verso piazza Mercatale a dominare la campagna circostante, scorcio caratteristico e distintivo del panorama di Urbino per tutti i secoli a venire. A Francesco di Giorgio Martini fu infine affidato il compito di sistemare gli interni e il prospetto rivolto verso la città.

Il Palazzo Ducale come centro culturale
Il Palazzo di Federico divenne la prima immagine visibile e dominante di Urbino. L’edificio era concepito anche per essere il fulcro culturale del piccolo centro rinascimentale, il luogo di massima espressione artistica ove il Duca convocava intorno a sé le grandi personalità del tempo. Federico da Montefeltro era iniziatore e promotore di questo umanesimo, cui egli, formato a Mantova da Vittorino da Feltre, legava la sua identità e reputazione. Nei ritratti, commissionati a grandi artisti come Piero della Francesca e Pedro Berruguete, si faceva rappresentare come un principe e un mecenate, come un uomo di cultura. Fini intellettuali, scienziati, pittori, architetti, letterati e musici trovavano a Urbino una casa accogliente, nella quale esprimere al meglio la propria arte. Sotto Federico da Montefeltro la città assurgeva a capitale della cultura e dell’arte in tutta Europa, eredità ancora viva e visibile ai nostri giorni.

Il coinvolgimento nella congiura dei Pazzi e l’ultima guerra di Federico da Montefeltro
Il 26 aprile 1478 nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, a Firenze, qualcuno tentò di assassinare Lorenzo il Magnifico e rovesciare il dominio dei Medici. È possibile che dietro la congiura dei Pazzi vi fosse la mano astuta di Federico6, le cui truppe erano schierate al fianco di quelle pontificie di Sisto IV e del re di Napoli, pronte a intervenire in caso di successo. Il colpo di mano non ebbe tuttavia il risultato atteso: sebbene il fratello Giuliano non sopravvisse all’agguato, Lorenzo fu soltanto ferito e la congiura soffocata nel sangue. Tutti i colpevoli vennero impiccati e appesi a Palazzo Vecchio il 13 di maggio. Ne seguì una sanguinosa guerra che trovò pace soltanto quando, nell’agosto del 1480, la presa turca di Otranto fu occasione per tutti di ben altre preoccupazioni.
Nel maggio del 1482 le armate della Repubblica di Venezia attaccarono Ferrara dando avvio alla cosiddetta “guerra del sale”. Oggetto del conflitto erano infatti le saline di Comacchio, dove i commercianti ferraresi estraevano il sale e lo rivendevano a prezzi più bassi di quello veneziano. Federico da Montefeltro fu ingaggiato per difendere la città emiliana al fianco di Ferdinando I di Napoli e, tra gli altri, il signore di Mantova Federico Gonzaga. Fu qui, nelle aree paludose presso il Delta del Po, che Federico contrasse un morbo incurabile, forse la malaria. Il Duca di Urbino si rifiutò di abbandonare i suoi uomini, flagellati dalla malattia, e dopo giorni di agonia spirò il 10 settembre del 1482. Così aveva termine la straordinaria vita di Federico da Montefeltro, uomo d’armi, di cultura e di onore.
Samuele Corrente Naso
Note
- W. Tommasoli, La vita di Federico da Montefeltro 1422-1482, Argalia Editore, 1978. ↩︎
- Pierantonio Paltroni, Commentari della vita et gesti dell’illustrissimo Federico Duca di Urbino, a cura di W. Tommasoli, Accademia Raffaello, Urbino, 1966. ↩︎
- Enea Silvio Piccolomini, De Europa, 1458, fonte in Archivio Vaticano, armadio 9, 13, fogli 188-190. ↩︎
- H. P. J. Winters, Federico da Montefeltro, Duke of Urbino (1422-1482): the story of his missing nasal bridge, in British Jourmal of Plastic Surgery, 35, The Trustees of British Association of Plastic Surgeons, 1982. ↩︎
- Ibidem nota 1. Archivio di Stato di Milano, Potenze estere, Marca, cart. 143. Urbino 11 agosto 1458. ↩︎
- M. Simonetta, L’enigma Montefeltro, Biblioteca Universitaria Rizzoli, 2010. ↩︎