Misteri di Roma: l’avvento di Costantino

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A Roma esiste una strana commistione tra elementi architettonici secolari e altri che, invece, paiono afferire alla sfera più propriamente di culto religioso. Impossibile non riferirsi, in tal senso, alla matrice cristiana della città che ne anima da secoli ogni virgulto artistico e architettonico.  Roma è senza dubbio la culla del Cattolicesimo: qui sono state scritte le pagine più importanti della storia della Chiesa.

Oggi appare assolutamente normale, pertanto, considerare indissolubile il legame che vige tra la Città Eterna e il Cristianesimo, tra gli edifici monumentali dell’urbe e il Vaticano. Tuttavia, un tempo non era affatto così, i primi catecumeni romani erano soggetti a terribili persecuzioni. Nei primi secoli dopo Cristo, il culto della religione cristiana era espressamente vietato in tutto l’Impero. Chi veniva sorpreso ad adorare Gesù di Nazareth era sottoposto ad atroci torture e andava incontro al martirio. A Roma s’innalza forse il monumento simbolo di queste atrocità: all’interno del Colosseo morirono migliaia di fedeli cristiani. Quest’ultimi, per circa tre secoli, si arrangiarono a professare segretamente il loro culto, spesso servendosi di mirabili simbolismi (i Cristogrammi) per dissimulare la loro fede.

L’imperatore Costantino e gli elementi di confine

Lo stato delle cose cambiò radicalmente solo in seguito alla conversione dell’Imperatore Costantino e del susseguente Editto di Milano (313 d.C.). Da quel momento incominciò una inesorabile renovatio della città capitolina, essa si trasformò celermente da adoratrice di idoli e simbolismi pagani a baluardo della cristianità. La gran parte dei monumenti storici, come templi o palazzi, furono reinterpretati secondo un cambio d’uso consono al nuovo culto. Esempio lampante di questa trasmutazione è il Pantheon: dapprima casa di tutti gli dei, poi chiesa e fonte battesimale.

Sono questi gli elementi architettonici che segnano il confine, gli elementi pagani reinterpretati in chiave cristiana, o edificati appositamente per celebrare tale passaggio. Essi resistono fieri all’incedere del tempo e delle culture, sono ancora lì, a memoria di un passato primordiale di Roma. Come non citare i 13 obelischi del mondo antico, o persino la Piramide Cestia?

L’arco di Costantino è invece il monumento cardine della complessa trasformazione che la capitale dell’Impero dovette affrontare a cavallo del 312 d.C.

In hoc signo vinces, la battaglia di Ponte Milvio e le leggende su Costantino

In prossimità dell’Anfiteatro Flavio sorge l’Arco di Costantino, così denominato per celebrare la vittoria dell’omonimo Imperatore contro Massenzio nella battaglia del ponte Milvio (312 d.C.).  Costantino è ricordato nella storiografia ufficiale per aver convertito Roma al Cristianesimo. Famosi sono gli eventi che precedettero la battaglia di Ponte Milvio, e che lo condussero ad abbracciare la fede cristiana. All’epoca dei fatti Massenzio era formalmente l’Imperatore, sebbene fosse riconosciuto dal Senato Romano ma non dagli augusti Galerio e Severo. Costantino approfittò della situazione per marciare con un esercito alla volta di Roma, al fine di acquisirne il controllo. La battaglia segnò la fine di Massenzio.

Lo scrittore romano Lattanzio riferisce che la sera prima dello scontro Costantino ebbe una visione rivelatrice. Essa gli consigliò di apporre sugli scudi dei suoi soldati lo staurogramma, la croce latina simbolo della fede in Cristo. La visione gli promise che se avesse agito così, avrebbe vinto la battaglia.

Diversa è invece la versione riportata dallo scrittore greco Eusebio. Quest’ultimo riportò che Costantino vide apparire in cielo una croce di luce, mentre marciava verso Ponte Milvio. Sotto di essa compariva la frase “In hoc signo vinces” (Con questo segno vincerai). In seguito alla vittoria, Costantino si convertì alla fede cristiana; nel 313 proclamò quindi l’Editto di Milano, un accordo mediante il quale si concedeva la libertà di culto a tutti i cristiani. Ciò segnò una nuova era per l’impero, che si caratterizzò per la tolleranza religiosa e di cultura.

L’Arco di Costantino

L’Arco di Costantino è composto da tre fornici e rappresenta un gioiello inestimabile dell’arte scultorea romana. E’ possibile che il monumento risalga originariamente all’epoca di Adriano e che l’Imperatore Costantino ne abbia rimaneggiato le fattezze solo in seguito alla conversione. In particolare, potrebbe essere rivelatrice la scritta posta sull’attico, che recita:

IMP(eratori) CAES(ari) FL(avio) CONSTANTINO MAXIMO P(io) F(elici) AVGUSTO S(enatus) P(opulus) Q(ue) R(omanus) QVOD INSTINCTV DIVINITATIS MENTIS MAGNITVDINE CVM EXERCITV SVO TAM DE TYRANNO QVAM DE OMNI EIVS FACTIONE VNO TEMPORE IVSTIS REM-PUBLICAM VLTVS EST ARMIS ARCVM TRIVMPHIS INSIGNEM DICAVIT.

La cui traduzione risulta essere:

All’imperatore Cesare Flavio Costantino Massimo, Pio, Felice Augusto, il Senato e il popolo romano, poiché per ispirazione divina e per la grandezza del suo spirito, con il suo esercito rivendicò per mezzo di giusta guerra lo Stato tanto dal tiranno e, ad un tempo, da ogni fazione, dedicarono questo arco insigne per trionfi.

La locuzione latina instinctu divinitatis (per ispirazione divina) sembrerebbe quasi confermare le leggende sulla battaglia di Ponte Milvio, ammesso che di leggende si trattino! La storiografia ufficiale è, invece, assai più cauta sull’argomento. E’ possibile che la conversione di Costantino sia avvenuta gradualmente, e comunque per questioni che paiono più legate alla governance politica che a una vera ispirazione divina.

Un’altra curiosità che riguarda l’Arco di Costantino potrebbe essere rappresentata da una perduta scultura bronzea anticamente posta sulla sommità. Lo storico dell’arte Federico Zeri affermava, infatti, che una quadriga di bronzo doveva sormontare il monumento nei primi secoli dopo Cristo. Che fine ha fatto tale scultura? Secondo Zeri, il metallo fu semplicemente sciolto per necessità nel VII secolo.

Il Pantheon

Sormontato da una immensa cupola, che ancor oggi rappresenta la copertura in calcestruzzo più grande di tutto il mondo, il Pantheon è uno tra i monumenti più caratteristici di Roma. La leggenda vuole che esso si trovi proprio nel punto in cui Romolo, alla sua morte, fu afferrato da un’aquila e portato in cielo. Un’altra leggenda, invece, racconta che il tempio sia stato costruito a seguito dell’apparizione di Cibele, la dea della natura, all’architetto Marco Vipsanio Agrippa.

Tralasciando il mito, è certo che il tempio sia stato costruito nel 27 a.C. dallo stesso Agrippa come simbolo monumentale volto ad onorare tutte le divinità. Da qui la denominazione Pantheon: Pan= “tutto”; theon = “dio”. L’edificio fu successivamente soggetto a rifacimenti sotto l’Impero di Diocleziano e Traiano, anche se l’attuale struttura fu fatta erigere da Adriano tra il 118 e il 128 d. C. Dopo i saccheggi barbarici, nel VII secolo fu convertito in chiesa cristiana.

Uno degli elementi architettonici più significativi del Pantheon è sicuramente la cupola. A forma emisferica, essa è caratterizzata internamente da cinque ordini di ventotto cassettoni scolpiti nella pietra. La scelta di tale numero non è casuale, bensì legata al fatto che per gli antichi il 28 fosse indice di perfezione. Questa cifra, infatti, può essere ottenuta dalla somma della serie 1+2+3+4+5+6+7. In particolare, il sette indicava, presso gli antichi, idealmente la perfezione, essendo sette i pianeti visibili ad occhio nudo. Non a caso, esso era anche il numero dei colli di Roma e dei re dopo la fondazione (Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Lucio Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Lucio Tarquinio il Superbo).

La geometria astronomica del Pantheon

La perfezione geometrica è ricercata soprattutto nelle dimensioni della struttura: l’altezza del Pantheon, calcolata dall’apice al pavimento, è difatti uguale al diametro della cupola, inscrivendo in tal modo una sfera perfetta.  Quest’ultima, al centro, presenta un oculo che permette il passaggio della luce e che costituisce uno degli elementi strutturali più significativi e misteriosi dell’edificio.

Una simpatica leggenda vuole che il foro della cupola non lascerebbe passare la pioggia! In realtà l’abbondante acqua che si riversa all’interno del Pantheon è fatta fluire attraverso ventidue fori di scolo.

Un’altra leggenda, invece, ritiene che il foro sia stato aperto dal diavolo in fuga dal tempio. È probabile invece che l’oculo costituisse l’apertura sulla quale poggiava la grande pigna di bronzo, una scultura che attualmente si trova nel complesso dei Musei Vaticani. Da un punto di vista simbologico, il significato dell’oculo può essere invece connesso alla sacralità del tempio stesso. Esso costituiva idealmente la porta d’ingresso attraverso la quale l’uomo poteva ricongiungersi con gli dei protettori.

Il Pantheon è descritto anche come tempio solare, poiché ad esso sono associati particolari fenomeni astronomici. Il 21 giugno, data del Natale di Roma e del solstizio d’estate, a mezzogiorno in punto un raggio di sole penetra dall’oculo, irradiando le pareti dell’edificio ed evidenziando le edicole e le esedre. La vera particolarità del fenomeno risiede nel fatto che tale raggio riesca a colpire perfettamente il centro del portale d’ingresso del tempio.

I 13 obelischi del mondo antico

Appare curioso come Roma, città dei Papi e del Vaticano da secoli, sia proprio quella che più di ogni altra ospiti uno dei simboli pagani per eccellenza: l’obelisco. Gli obelischi, nel mondo antico, erano una prerogativa tipicamente egiziana. Essi venivano eretti per volontà del Faraone con l’intento di assicurarsi la protezione del dio Ra, il sole. Tali monumenti avevano idealmente il compito di connettere la terra al cielo, e contestualmente di rendere visibile il potere e la natura divina del sovrano.

Dopo la conquista dell’Egitto da parte dei Romani (30 a.C.), un gran numero di obelischi furono portati proprio a Roma. Ciò avveniva sostanzialmente per la loro bellezza e per una curiosa moda egittizzante del tempo. Si pensi, ad esempio, alla Piramide Cestia (12 a.C.). In essa furono poste le spoglie di  Gaio Cestio Epulone proprio alla maniera delle sepolture dei faraoni egiziani.

Per tali ragioni, tra esemplari originali e fedeli copie, oggi è possibile contare a Roma ben 13 obelischi del mondo antico. Se dapprima essi venivano eretti per celebrare vittorie militari, o a scopo decorativo di piazze e vie, con la progressiva cristianizzazione della città il loro significato simbologico fu mutato. La Chiesa impose agli obelischi una radicale trasmutazione. L’originale pyramidion, ch’era posto in cima al tronco e si credeva fosse la sostanza stessa di Ra, fu sostituito da una croce. L’intermediario tra il cielo e la terra, in tal senso, non è più un dio pagano, ma Cristo.

La geometria sacra di papa Sisto V

Papa Sisto V (in carica dal 1585 al 1590) fu il responsabile di un accurato rifacimento dell’assetto urbano di Roma. Curiosamente, egli decise che il punto cardine della nuova veste cittadina dovessero essere proprio gli obelischi. Per tale ragione, l’architetto incaricato Domenico Fontana spostò molti degli esemplari presenti in città e li innalzò nuovamente al centro delle principali piazze dell’urbe. Nella visione di Sisto V, gli obelischi dovevano rappresentare la potenza visibile della Chiesa e di Cristo, suo protettore. 

I monumenti egizi furono collocati in Piazza San Pietro, di fronte alla basilica di Santa Maria Maggiore, in piazza del Popolo, nei pressi di San Giovanni in Laterano. Tale disposizione spaziale degli obelischi potrebbe persino non essere casuale; è possibile che essa segua invece alcuni definiti criteri di geometria sacra?

Quando le apparenze ingannano

Un’ultima curiosità: la famosa Bocca della Verità, da molti considerata un lampante esempio dell’arte pagana nella Roma antica, era invece… un semplice tombino.

Daniela Campus e Samuele Corrente Naso

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