Il Santuario della Verna non solo è un luogo fisico; è invero testimone di qualcosa che alberga nell’animo, di un mistero che nessun uomo è in grado di spiegare. Tra i suoi intimi silenzi, i boschi verdeggianti, tra le rocce di mistica essenza, San Francesco ricevette le stimmate il 14 settembre 1224, come attesta la storiografia1.
Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno
Dante, Paradiso, canto XI, vv. 106-108
da Cristo prese l’ultimo sigillo
che le sue membra due anni portarno
Un raggio di sole è sufficiente per spazzare via molte ombre
Il Santo di Assisi aveva ricevuto in dono questo luogo nel 1213, abbarbicato su un fianco del monte Penna nel Casentino, dal conte Orlando Catani di Chiusi. Era rimasto così affascinato, quel nobile, dalla predicazione di Francesco – “Tanto è quel bene ch’io aspetto, che ogni pena m’è diletto” – ricevuta inaspettatamente durante una festa al Castello di San Leo in Montefeltro, ch’aveva ritenuto utile per il santo un luogo d’eremitaggio, e gli aveva consegnato le foreste rocciose della Verna2.
“Io ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si chiama monte della Vernia, lo quale è molto solitario e salvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalle gente, o a chi desidera fare vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri Io ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia”
Dai Fioretti di san Francesco
A Francesco piacque tantissimo l’aspro Monte Penna del Casentino, e ivi stabilì un romitorio dove ogni anno trascorreva periodi di ritiro e contemplazione. La Verna è un ideale rifugio spirituale, lontano dalla confusione del Mondo e le sue vacue digressioni; qui tutto entra in una dimensione nuova, si trasfigura nella luce, e il cuore può a Dio rivolgersi in purezza.
Un raggio di sole è sufficiente per spazzare via molte ombre
San Francesco d’Assisi
Il significato esistenziale della Verna, luogo dell’incontro con Dio
La Verna, pertanto, fu in principio un eremo, costituito di sola roccia e fede; luogo privilegiato dell’incontro con Dio. D’altronde è l’etimologia stessa del termine, ἔρημος (éremos), vale a dire deserto, a disvelare la sua potenza evocativa. Il deserto non è da intendersi nell’accezione di luogo fisico e tangibile, bensì in quella spirituale: esso è lo stato dell’animo in cui tutto viene meno e solo Dio resta. Se si cerca Dio nel mercato, significazione del Mondo e di tutta la sua frenetica e avvolgente ordinarietà, non lo si può trovare giacché è difficile riconoscerne la voce in quel trambusto. Dio si fa trovare, invece, nel silenzio del deserto, laddove non v’è altro richiamo se non quello dell’Assoluto.
I periodi trascorsi alla Verna erano per Francesco un tempo forte, d’elezione spirituale. Il santo si recava a pregare tra le rocce del monte – non era ancora sorto il complesso di edifici dell’odierno santuario – per ricevere. L’uomo è come un vaso: prima di poter mescere la bevanda, bisogna che sia riempito. Così Francesco sentiva il bisogno di riempire il proprio essere di Spirito Santo, e non più delle cianfrusaglie della vita mondana che avevano accompagnato la sua gioventù, al fine di poter dare. Non a caso fu proprio alla Verna che Francesco ricevette le stimmate per dare testimonianza dell’amore di Dio. Ascoltare per poter diffondere la Parola: ai periodi di eremitaggio egli alternava i viaggi, perigliosi e faticosissimi, di evangelizzazione. Il suo zelo lo condusse finanche presso il sultano d’Egitto al-Malik al-Kāmil, al quale nel 1219, nel bel mezzo della Quinta Crociata, predicò la buona novella3.
Altro monte non ha più santo il Mondo
Certo, la natura selvaggia del luogo era tale da mettere a repentaglio la stessa vita, ma è proprio nella precarietà, nell’allontanare le false sicurezze del Mondo, che l’uomo intravede il trascendente. Francesco sperimentava alla Verna l’abbandono totale alla volontà di Dio, confidando fermamente nella sua provvidenza. Nemmeno l’idea della morte lo tormentava, sorella morte, come ebbe a dire ancora intorno al 1224, allorché componeva il Cantico delle creature:
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali; beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Cantico delle Creature4
Ben presto Francesco volle una chiesetta per la celebrazione della Messa insieme ai suoi confratelli. Fu così che alla Verna sorse la cappella di Santa Maria degli Angeli (1216-1218), alla cui edificazione contribuì il conte Orlando. La costruzione, di simili dimensioni alla Porziuncola di Assisi, fu ampliata solo molto dopo la morte di Francesco, a partire dal 1250. Già nel 1260 il nuovo edificio veniva consacrato alla presenza del ministro generale dell’Ordine, San Bonaventura.
Non est in toto sanctior orbe mons
Altro monte non ha più santo il Mondo
Saluto per i pellegrini all’ingresso del Santuario, porta degli Uccelli
Il Santuario della Verna
Nel 1348 veniva infine incominciata la costruzione della Basilica Maggiore, grazie al contributo del conte Tarlato di Pietramala, al fine di accogliere i numerosi pellegrini che giungevano all’eremo.
L’edificio sorse a fianco di Santa Maria degli Angeli e, prospiciente al piazzale del Quadrante, fu consacrato nel 1568.
Al periodo rinascimentale risale l’ampio portico che circonda il prospetto della Basilica, e il Corridoio delle Stimmate. L’ambulacro, con copertura lignea, fu realizzato negli anni 1578-1582 per collegare il complesso monastico ad una più antica Cappella delle Stimmate, fatta erigere dai Conti Guidi di Poppi nel 1260. Lungo il corridoio si snoda una solenne processione che, ogni giorno all’ora nona, sin dal 1431, contempla il mistero della Passione di Cristo.
Svestire i panni della vita quotidiana
Al pari di Francesco, anche l’uomo contemporaneo avverte il bisogno di spogliarsi delle ombre interiori: le occupazioni vane, la confusione e l’infodemia che talvolta ci attanagliano. La Verna è, in tal senso, un baluardo dell’umanità; in quanto éremos si oppone al caos imperante, il suo santuario offre un rifugio alla mente e al cuore.
Presso le foreste di questo santo monte vige ancora un silenzio profondissimo che permette l’incontro con l’Assoluto. Silenzio è lasciare spazio al divino, è l’esperienza di una presenza appena intuita che si manifesta ben oltre la ragione. Il Santuario della Verna ci invita a svestire i panni della vita quotidiana e, proprio come Francesco, a ricevere in pienezza il dono della vita.
Samuele Corrente Naso