Il Nodo di San Giovanni è un simbolo antico, costituito da un quadrato con quattro cappi circolari o ellittici presso gli angoli. A dispetto del nome cristiano, la figura è originaria delle culture del Nord Europa e le sue attestazioni iniziali risalgono ai primi secoli dopo Cristo1. Il nodo compare, ad esempio, dipinto entro un disco su una lastra funeraria del V-VII secolo, rinvenuta nel 1886 all’interno del cimitero di Havor a sud di Gotland, in Svezia, nei pressi della Pieve di Hablingbo2. Il reperto è oggi conservato nel Fornsalen Museum a Visby. È stato ipotizzato che il Nodo di San Giovanni costituisse un simbolo solare. Nella pietra sepolcrale di Havor il disco vivificante sta sorgendo dal mare, metafora della morte, per propiziare la rinascita del defunto nell’aldilà.

Questa interpretazione potrebbe spiegare anche l’origine del nome cristiano. La festività più importante della Scandinavia era la mezza estate, il 24 giugno, che nella tradizione nordica coincideva con il solstizio d’estate, momento dell’anno in cui la durata della luce è massima. Il 24 giugno è anche il giorno in cui il calendario liturgico romano ricorda San Giovanni Battista. Non è difficile immaginare che il “nodo del sole” possa essere divenuto con l’avvento del Cristianesimo il “Nodo di San Giovanni”.
Il Nodo di San Giovanni e il Nodo dell’Apocalisse nel Medioevo cristiano
Durante il Medioevo il simbolo venne reinterpretato in senso escatologico, soprattutto grazie all’opera del teologo Gioacchino da Fiore (1130-1202). Nel Liber figurarum, codice miniato contenente le figure con cui l’abate intendeva illustrare il suo pensiero filosofico, troviamo la rappresentazione di un nodo complesso, ove ai quattro cappi sono assegnati i simboli del Tetramorfo4. È il cosiddetto “Nodo dell’Apocalisse”, ottenuto attraverso l’aggiunta di uno o più cerchi concentrici che intersecano un Nodo di San Giovanni.

Gioacchino da Fiore in tal modo aveva rappresentato la Merkavah, il carro-trono che il profeta Ezechiele aveva veduto in visione:
“Io guardavo ed ecco sul firmamento che stava sopra il capo dei cherubini vidi come una pietra di zaffìro e al di sopra appariva qualcosa che aveva la forma di un trono”. […]
“Guardai ancora ed ecco che al fianco dei cherubini vi erano quattro ruote, una ruota al fianco di ciascun cherubino. Quelle ruote avevano l’aspetto del topazio. Sembrava che tutte e quattro fossero di una medesima forma, come se una ruota fosse in mezzo all’altra”. […]
“Ogni cherubino aveva quattro sembianze: la prima quella di cherubino, la seconda quella di uomo, la terza quella di leone e la quarta quella di aquila”.
Ezechiele 10, 1; 9-10; 14.
Il racconto di Ezechiele era stato ripreso nel Libro dell’Apocalisse e la tradizione cristiana aveva visto in quegli esseri la prefigurazione degli evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Il Tetramorfo, con fattezze di uomo, leone, aquila e bue, accompagnava il trono di Dio e diffondeva la rivelazione di Cristo in tutti gli angoli della Terra. I quattro cappi del Nodo dell’Apocalisse divennero così metafora dei punti cardinali, ma pure degli elementi che costituiscono il cosmo: acqua, aria, terra e fuoco.

Un simbolo che riassume la totalità del mistero cristiano
Gioacchino da Fiore metteva in relazione la figura del Nodo dell’Apocalisse anche con le quattro virtù cardinali, ossia prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. E ancora, quattro erano stati i momenti fondamentali della vita di Cristo: la nascita, la morte, la risurrezione e l’ascensione. D’altronde, già nella visione teologica di San Girolamo, il Tetramorfo sintetizzava la totalità del mistero cristiano:
“Fuit homo nascendo, vitulus moriendo, leo resurgendo, aquila ascendendo”.
“Egli, nato come uomo, morì come un vitello sacrificale, fu leone nel risorgere e aquila nell’ascendere”.
Girolamo, Commento a Matteo, V secolo.
Simile funzione doveva possedere il Nodo dell’Apocalisse, spesso incastonato nella facciata e nei portali delle chiese medievali, come nella cattedrale di San Lorenzo a Genova, ad Anagni, o sull’architrave della Porta della Pescheria a Modena, solo per citare alcuni esempi. Riassumere e ricordare al fedele il disegno di salvezza di Dio per l’uomo, opera grandiosa rivelata al mondo attraverso i racconti evangelici.
Samuele Corrente Naso
Note
- In araldica è noto come nodo di Bowen dalla prima famiglia che lo utilizzò come stemma. ↩︎
- M. Burström, Other Generations´ Interpretation and Use of the Past: the Case of the Picture Stones on Gotland, 1996. Per la datazione del reperto: S. Lindqvist, Gotlands Bildsteine I–II, Wahlström & Widstrand, Stockholm, 1941/42 . ↩︎
- By Wolfgang Sauber – Own work, CC BY-SA 3.0, immagine originale. ↩︎
- Gioacchino da Fiore, Liber figurarum, Corpus Christi College MS 255A, fol. 16v, University of Oxford. ↩︎