Il mistero delle teste mozzate di Pistoia

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Delle vicende storiche di Pistoia, ammantate di fasti e glorie, personaggi illustri e grandi imprese, ci è giunto parimenti un risvolto bizzarro, inatteso. Può capitare così, traversando le vie del centro storico, d’imbattersi in dettagli curiosi, ma mai senza significato: teste scultoree animalesche, perturbanti, appese a guisa di macabri ornamenti architettonici, testimoniano invero la tradizione cittadina.

Breve preambolo storico

La famosa battaglia che designò la sconfitta di Catilina (62 a.C.)1 conferì grande notorietà all’oppidum romano di Pistorium, l’antica denominazione latina dell’attuale città di Pistoia2. L’insediamento fu costituito nel II secolo a.C. come base militare romana, al fine di contrastare i vicini liguri che abitavano le aree appenniniche3. Parzialmente distrutta con l’arrivo degli Ostrogoti guidati da Radagaiso nel 406 d.C.., Pistoia conobbe quindi un notevole sviluppo economico e demografico durante la successiva dominazione dei Longobardi, che ne promossero la ricostruzione. La città era infatti situata sul confine con i possedimenti bizantini, e rappresentò un fondamentale centro di amministrazione politica e militare per tutto l’VIII secolo. I Longobardi integrarono l’antico impianto urbanistico romano, che aveva collocato il decumano massimo sulla via Cassia, con la definizione di nuovi spazi; è a questo periodo che risale, ad esempio, Piazza della Scala.

Dalla nascita del Comune all’unità d’Italia

Pistoia, divenne libero comune nel 11054: ai cinque consoli della prima era succedette il podestà (1158) sotto la giurisdizione dell’Imperatore Federico Barbarossa, che la nominò tosto Imperio fidelissima. La storia della città fu in seguito fortemente caratterizzata dai tentativi di mantenere l’autonomia da Firenze e Lucca, i nemici di sempre. Nonostante la costruzione di una possente cinta muraria nel XII secolo, Pistoia capitolò nel 1306 dopo un lungo assedio. Dovette dunque subire pesanti condizioni di guerra, tra le quali l’abbattimento di tutte le difese cittadine.

Per tutto il XIV secolo Pistoia visse un momento di declino economico e sociale, in cui sorsero i contrasti tra i guelfi bianchi e neri in seno alla famiglia Cancellieri, e si acuirono le dispute con l’avversa fazione dei ghibellini. Soprattutto, nel 1401-1402, una sanguinosa guerra civile condusse infine all’annessione alla Repubblica di Firenze. Con la nascita del Granducato di Toscana, nella metà del XVI secolo, Pistoia fu rinvigorita da una grande vivacità culturale, caratterizzata dal fiorire di circoli e soprattutto dell’Accademia dei Risvegliati (1625). Subì poi la dominazione francese e la restaurazione dei Lorena (1814); nel 1861 entrò a far parte del nascente Regno d’Italia.

La Cattedrale di San Zeno a Pistoia

La cattedrale pistoiese di San Zeno, luogo di culto rinomato e importante monumento cittadino, ha origini incerte. Una cartula offertionis del 923 attesta già la presenza in loco di una ecclesia Sanctorum Zenonis, Rufini et Felice5, ancorché non è noto se ivi fosse presente un edificio più antico, risalente addirittura al V secolo. Un pontifex Pistoriensis, longaevus vel aetate vel honore, ossia un vescovo di Pistoia, viene infatti citato in una lettera di Papa Gelasio databile al 4966. La Cattedrale fu in seguito soggetta a diverse ricostruzioni, fino a giungere alle attuali forme nel XIII secolo. I pistoiesi consacrarono la chiesa a San Zeno vescovo, esponendone una statua di Jacopo di Mazzeo nella parte superiore della facciata (1336), insieme a quella di San Jacopo, patrono della città.

Descrizione stilistica

La facciata della Cattedrale, a salienti, è caratterizzata dal bicromismo tipico del romanico toscano, che contrappone alla pietra calcarea locale il verde serpentino. L’ordine inferiore è costituito da un elegante portico a sei arcate, mentre un triplice ordine di logge si snoda superiormente verso la cuspide con le statue di San Zeno e San Jacopo.

Sul lato sinistro della facciata è collocato l’imponente campanile edificato nel XII secolo, quantunque alcune fonti – tra le quali si cita il Vasari – ritengano si tratti della ristrutturazione di un’antica torre longobarda ad opera di Giovanni Pisano7. Seppur tali asserzioni non siano confermate dalla storiografia, bisogna ammettere che la parte inferiore sembri proprio longobarda, in netto contrasto con lo stile pisano-lucchese dei piani superiori. L’alzato della struttura, ripercorrendo le scelte architettoniche della facciata, si agghinda con bifore, loggette e merlatura ghibellina a coda di rondine.

Gli interni della Cattedrale di San Zeno sono stati più volte modificati nel corso dei secoli: l’ultimo rifacimento è settecentesco. L’edificio è a tre navate, di cui la centrale con copertura a capriate lignee, mentre le laterali con volte a botte. Sotto il presbiterio, rialzato, giace la cripta, forse appartenente già alla precedente cattedrale del V secolo.

Il Battistero di Pistoia

Di fronte al Duomo è collocato il Battistero di San Giovanni in corte, sorto sulla preesistente chiesa longobarda di Santa Maria in corte. L’edificio, costruito a partire dal 1301, è considerato tra le espressioni più riuscite del gotico toscano, in quanto fonde armoniosamente elementi fiorentini, senesi e pisani.

Il Battistero, a pianta ottagonale, è ornato dal tipico bicromismo e presenta tre portali, tutti impreziositi con bassorilievi e capitelli in marmo. Il portale principale è caratterizzato da un timpano triangolare con rosone centrale traforato. Una cupola piramidale con lanterna sormonta la struttura con eleganza.

La cupola del Vasari

A Pistoia, tuttavia, vi è un’altra cupola degna di grande encomio: è la cinquecentesca opera del Vasari che svetta sulla Basilica della Madonna dell’Umiltà. Si tratta della seconda per grandezza tra le cupole toscane, raggiunge difatti un’altezza notevole di cinquantanove metri. Fu realizzata nel 1560 su commissione di Cosimo I de Medici.

L’opera è una copia quasi fedele della cupola che Brunelleschi realizzò a Santa Maria del Fiore a Firenze. Essa presenta due calotte a tutto sesto con proporzione 1:1 – diversamente dall’originale che, invece, ha due calotte a sesto acuto con proporzione 1:3 – tra loro non collegate. Una serie di cerchiature e catene perimetrali permettono di mantenerne intatta la stabilità nel tempo. Sin dai primi anni della sua realizzazione, infatti, sorsero una serie di problemi strutturali che interessarono anche la lanterna posta sulla sommità. La motivazione di tale instabilità è da ricercarsi nella disposizione spaziale dei mattoni impiegati: diversamente da Brunelleschi, il Vasari non li dispose a spina di pesce, bensì orizzontalmente. Questa scelta rimane un mistero giacché egli ben conosceva le tecniche utilizzate dal Brunelleschi circa un secolo prima.

In ogni caso, fu solo l’intervento di Bartolomeo Ammannati, negli anni Ottanta del Cinquecento, a scongiurare un potenziale cedimento della cupola della Basilica pistoiese

Le teste misteriose di Pistoia

Passeggiando tra le vie di Pistoia può capitare di imbattersi in dettagli curiosi, talvolta irreali, ma invero pregni di grande significazione storica. Ecco che si può scorgere, sulla facciata di alcuni edifici, la presenza di sculture raffiguranti teste umane, ivi poste al pubblico ludibrio, pesino animalesche. Non si tratta di un vezzo; a quelle sculture di pietre corrispondevano volti reali, persone esistite davvero che, per un motivo o per un altro, avevano meritato quell’indegno oltraggio. Ad esempio, appiccicata a uno stipite della chiesa di Sant’Andrea, v’è una testa di maiale in cui la tradizione riconosce il ritratto di Filippo Tedici, Signore di Pistoia dal 1322 al 1324. Tedici è ricordato dai pistoiesi con ignominia per aver venduto la città, a tradimento, al lucchese Castruccio Castracani in cambio di diecimila fiorini d’oro.

Dopo la morte di Castruccio, Filippo fu mandato in esilio. Tentò quindi di ritornare a Pistoia ordendo una congiura contro i Guelfi, che comandavano la città, ma il suo tentativo fallì. Tedici venne dunque decapitato nei pressi del ponte di Campanelle a Lolle, noto come il ponte di Castruccio. La sua testa fu portata con orgoglio in città, issata a una picca e appesa al Palazzo degli Anziani, ossia l’attuale Palazzo Comunale. A memoria della vicenda, qualcuno scolpì quella testa di pietra sulla facciata della Chiesa di Sant’Andrea, come monito per chi volesse tradire la città.

La testa di Palazzo Comunale

Un’altra scultura a forma di testa, sormontata da un braccio che impugna una mazza ferrata, è appesa sulla facciata del Palazzo Comunale. In marmo nero, essa non sarebbe la raffigurazione di Filippo Tedici, come sostenuto dalla tradizione popolare. Si tratterebbe bensì di Musetto II re di Maiorca, il quale fu sconfitto dal capitano della Repubblica Pisana, il pistoiese Grandonio de’ Ghislieri, nella guerra per la conquista delle Baleari all’inizio del XII secolo8.

Il colore nero farebbe pertanto riferimento al colore dei Mori sconfitti. La mazza che la sostiene sarebbe quella utilizzata dallo stesso Grandonio in battaglia e fu consegnata a Pistoia dai Lucchesi, che l’avevano depredata ai Pisani.

Sotto la testa i Pistoiesi collocarono delle chiavi: si tratta di un’aggiunta successiva, apposta allorché si voleva ricordare la liberazione di alcuni prigionieri per intercessione del vescovo di Pistoia, Andrea Franchi, nel 1399.

Samuele Corrente Naso

Mappa dei luoghi

Note

  1. Sallustio, De Catilinae coniuratione, 43-40 a.C. ↩︎
  2. Plinio il Vecchio, Naturalis historia, III, 52. ↩︎
  3. Ammiano Marcellino, Res Gestae, XXVII. ↩︎
  4. Statuto dei consoli del Comune di Pistoia – Constitutum, consulum, Communis Pistoriae, 1117. ↩︎
  5. Regesta Chartarum Pistoriensium, Alto Medioevo, 59, 923. ↩︎
  6. J. P. Migne, Gelasi papae I epistolae et decreta, in Patrologiae cursus completus omnium SS. Patrum, Doctorum Scriptorumque ecclesiastorum sive latinorum, sive grecorum, series latina, 59, 1862. ↩︎
  7. Guerrieri Francesco, Il campanile della Cattedrale di Pistoia, Società pistoiese di storia patria, 1968. ↩︎
  8. F. Tolomei, Guida di Pistoia per’ gli amanti delle Belle Arti: con notizie degli architetti, scultori, e pittori pistoiesi, 1821. ↩︎
  9. Di Gianni Careddu – Opera propria, CC BY-SA 4.0, immagine. ↩︎

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