Bergamo ha origini molto antiche. Il periodo cosiddetto “orobico” attesta il primo insediamento cittadino, dagli Orobi, una popolazione celto-ligure che abitò l’area dove oggi sorge la città sin dall’età del ferro. Lo stesso Plinio il Vecchio [1] testimoniava che “Como, Bergamo e Licini Forum […] sono della stirpe degli Orumbovii […]”. In realtà le origini del centro urbano sono tutt’oggi piuttosto dibattute. In primis, occorre distinguere il piano puramente storico dal mito. Una famosa leggenda narra che Cydno, figlio del capostipite della popolazione degli Orobi, tracciò un primo confine con un aratro. Egli collocò l’insediamento di Barra tra il colle della Fara e quello di Sant’Eufemia (nell’attuale Bergamo Alta).
Cenni storiografici
La storiografia ufficiale, tuttavia, fa fatica ad identificare una data precisa di fondazione. Essa viene generalmente allocata nel periodo che va dal IX al IV secolo a.C. Alcuni studiosi, invece, ritengono che Bergamo sia stata fondata dagli Etruschi nel VI secolo a.C.
Soggetta alle incursioni dei Galli Cenomani, dopo il 390 a.C. la città orobica passò sotto il dominio romano e i suoi abitanti, con un editto promulgato da Giulio Cesare nel 49 a.C., divennero cittadini romani. A partire dal V secolo d.C. Bergamo fu continuamente soggetta alle invasioni barbariche, che avevano infine causato la caduta dell’Impero Romano d’Occidente per mano di Odoacre. Nel VI secolo i Longobardi si impossessarono della città, la quale divenne un importante Ducato dell’omonimo regno. La conquista dell’Italia Settentrionale da parte di Carlo Magno (774) generò una serie di benefici per la città orobica. Infatti, essa divenne una contea, dotata di una propria struttura politica autonoma e di un grande mercato commerciale.
Tra i secoli XI e XII Bergamo visse un periodo di grande fioritura, sia politica che socio-economica: la città divenne un importante Comune. Nel 1167, inoltre, essa fu uno dei centri della Lega Lombarda, fondata nel monastero benedettino di Pontida. Dopo la parentesi Viscontea, durata ben un secolo (dal settembre 1332), nel 1428 Bergamo entrò a far parte della Repubblica di Venezia. È in questi anni che venne completata la costruzione delle Muraine, le mura che proteggevano la parte bassa della città, sviluppatasi nel corso del Medioevo.
La famiglia Colleoni
Il periodo di dominio veneziano è legato al nome della famiglia Colleoni, in particolare a quello del condottiero Bartolomeo. Egli ebbe il merito di riconsegnare Bergamo ai veneziani, dopo che la città era stata espugnata da parte di Francesco Piccinino, condottiero al servizio dei Visconti.
Durante il dominio della Serenissima i bergamaschi avviarono la costruzione delle cosiddette Mura Venete (seconda metà del XVI secolo). La loro funzione era quella di proteggere la parte alta della città, più volte attaccata sia dai Francesi che dagli Spagnoli. Tale cinta è costituita da quattro porte (Porta Sant’Agostino, Porta Sant’Andrea, Porta San Giacomo e Porta San Lorenzo) la cui chiusura, in passato, era sancita dallo scoccare dei 100 rintocchi della Torre Civica, detta il Campanone.
Il Palazzo della Ragione a Bergamo
Il Palazzo della Ragione costituisce uno degli edifici storici più importanti della città “alta” di Bergamo, nonché il palazzo comunale più antico della penisola italiana. Esso fu eretto nel XII secolo quale simbolo e sede del potere comunale. La struttura attuale fu soggetta a diversi rifacimenti voluti dalla Repubblica di Venezia. Inoltre, alcuni incendi provocarono notevoli danni a diverse parti dell’edificio. Il primo incendio risale al 1513 ad opera degli spagnoli, che avevano cercato di occupare la città. Per quanto riguarda quelli successivi, sembra che furono alcuni cittadini ad appiccarli.
Il Palazzo della Ragione si struttura su due livelli. Il piano terra è contraddistinto da una loggia, aperta su tre lati, con archi a tutto sesto e a sesto acuto, sorretti da colonne; i capitelli sono impreziositi da elementi decorativi tipicamente romanici, quali figure zoomorfe (leoni, scimmie, uccelli) e antropomorfe. Tra queste, celebre è la raffigurazione di alcune figure umane che si tengono per mano, quasi a formare una catena. Tale simbolismo indica la collaborazione tra in cittadini di Bergamo e i suoi governanti .
Alcuni studi dello storico dell’arte Francesca Buonincontri hanno cercato di individuare il significato di tali raffigurazioni. Ad esempio, il capitello del pilastro mediano posto sul lato occidentale dell’edificio mostra un leone pacifico e mansueto, le cui fauci sono aperte sopra un leoncino prono. Secondo l’interpretazione profana il leone identificava il re, pertanto era il simbolo del potere e del governo. Il piano superiore ospita il Palazzo dei Giuristi, di cui fa parte la Sala delle Capriate, in cui veniva amministrata la giustizia. Difatti, con il dominio veneziano, il Palazzo della Ragione fu adibito a sede di amministrazione della giustizia.
La meridiana di Giovanni Albrici (o Alberici)
Una meridiana impreziosisce la pavimentazione della piazzetta situata all’interno del porticato in cui è sito il Palazzo della Ragione. Essa divide Piazza Vecchia, simbolo del potere politico, da Piazza del Duomo, simbolo del potere religioso. Giovanni Albrici, abate ed abile scienziato, realizzò la meridiana nel XVIII secolo. Il religioso la fece incidere su lastre sottili di marmo, ai cui lati erano scolpiti i segni zodiacali e le ore del sorgere e del tramontar del giorno riferite al mezzogiorno.
All’epoca della sua ideazione uno dei lati del porticato era chiuso, caratteristica costruttoria che consentiva allo Gnomone di indicare correttamente il passaggio del sole di mezzogiorno e il segno zodiacale del giorno corrispondente. Lo Gnomone era una lastra orizzontale di ferro, lunga tra i 20 e i 30 centimetri, sostenuta da quattro barre verticali. Su tale lastra era posata una piastrina di bronzo regolabile, la quale consentiva di formare sul pavimento il cosiddetto “spettro solare”, permettendo il funzionamento dello strumento [2]. Tale lastra era decorata, sia internamente che esternamente, con ornamenti goticheggianti, realizzati da Giuseppe Vecchi, collaboratore dell’Albrici.
Nel 1819, il Consiglio Comunale ordinò l’abbattimento del muro perimetrale, determinando l’eliminazione della zona d’ombra che consentiva una migliore lettura della meridiana. In proposito l’abate e professore Carlo Bravi scrisse “Difetto della nostra meridiana gli è di essere praticata in luogo troppo lumeggiato per cui ai tempi vicini al solstizio d’inverno, lo spettro solare diventa difficile a vedersi” [3].
Lo Gnomone durante la Repubblica Cisalpina
Con la caduta della Repubblica Cisalpina (fine XVIII secolo) e l’arrivo in Italia degli Austro-Russi, i Cosacchi saccheggiarono Bergamo mettendo in fuga i francesi. Difatti, nel 1797 il generale corso Napoleone Bonaparte era entrato in Italia e aveva istituito una repubblica nella parte settentrionale del paese (corrispondente alle attuali regioni: Lombardia ed Emilia Romagna, e qualche area in Veneto e Toscana). Bergamo era parte integrante di tale nuova “costruzione” politica: la Repubblica Cisalpina.
Fu proprio in occasione della caduta della Repubblica che una fitta sassaiola danneggiò lo Gnomone, considerato simbolo del progresso francese. Essa probabilmente causò dei danni anche alla meridiana. Non vi sono dati certi in proposito né tantomeno è noto chi siano stati gli autori di tale episodio. Nelle sue Memorie Storiche don Giovanni Battista Locatelli Zuccala, parroco di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo, scrisse: “Sortiti dalla porta di Broseta i Francesi, il popolo tagliò l’Albero della Libertà e fece a pezzi la lapide posta sotto il Palazzo Vecchio di Città in cui scolpita vi era in caratteri d’oro la vile adulazione delle nostre Podestà Costituite, che professavano riconoscenza e gratitudine alla Repubblica Francese che ci tiranneggiava cotanto” [4].
Ultimi restauri
Nei due secoli successivi alla caduta della Repubblica Cisalpina l’orologio solare fu soggetto a restauri. In particolare, nella seconda metà del XIX secolo iniziarono delle opere di restauro della meridiana per volontà degli Austriaci, che avevano assunto il potere della città. Tali lavori comportarono la sostituzione di alcune lastre di marmo, ormai consunte, con altre più spesse e lunghe. Inoltre, fu tracciata per la prima volta una curva lemniscata del tempo medio (curva a forma di otto) [5], mentre lungo la linea del meridiano, nel punto in cui Albrici aveva indicato “Punto Verticale”, venne collocata una lastra quadrata di marmo contenente la Rosa dei Venti.
In aggiunta, tra quest’ultima e il Solstizio d’Estate venne inserita una lastra contenente le iscrizioni Longitudine 27°29’, Latitudine 45°43’, altezza sopra il livello del Mar Adriatico metri 360 e 85. Infine, lungo la linea meridiana vennero nuovamente incise le ore e minuti del Sorgere del Sole (dalle IV e 13 alle VII e 41) e quelli del tramonto (dalle VII e 49 alle IV e 19). Negli anni ’70 del secolo scorso lo Gnomone fu infine sostituito da un Sole di Bronzo, incastonato nell’arco della loggia.
La Chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo
La chiesa di Santa Maria Maggiore è tra gli edifici religiosi più importanti della città di Bergamo, situato in una delle piazze principali della città: Piazza del Duomo, dove si affacciano il Palazzo della Ragione e il Battistero. Edificata nella seconda metà del XII secolo, essa presenta uno stile architettonico tipico del romanico lombardo (ripreso anche nel Mausoleo di Bartolomeo Colleoni), mentre l’interno richiama il più sontuoso stile barocco. Gli scavi effettuati sotto la pavimentazione hanno dimostrato che, in realtà, l’edificio religioso è stato costruito su un preesistente tempio pagano, dedicato alla dea Clemenza.
Un’iscrizione posta sul portale dell’ingresso meridionale, detto dei “Leoni bianchi”, riporta la data dell’inizio dei lavori di costruzione: 1137. Nel tempo la chiesa fu soggetta a rifacimenti ed estensioni (da cui deriverebbe l’appellativo Maggiore, che fu aggiunto successivamente all’iniziale denominazione Santa Maria), nonché ad un abbattimento della sagrestia, per far spazio alla Cappella di Bartolomeo Colleoni.
Una delle caratteristiche più peculiari è che la Basilica non ha una facciata principale, in quanto in passato vi era una parete unica che la univa al Palazzo Vescovile. Inoltre, non vi è un ingresso principale, ma ben quattro ingressi laterali. Fra questi, l’ingresso con la porta dei Leoni Rossi, che si affaccia su Piazza del Duomo, e l’ingresso dei Leoni Bianchi, situato sul fianco meridionale. Esternamente la struttura presenta tre absidi, adornate internamente di fregi, monofore e raffigurazioni di vario genere. Tra queste, un ritratto di uomo barbuto all’interno di un clipeo (ritratto inscritto in uno spazio rotondo). L’interno della cattedrale è splendidamente decorato in stile barocco. Presenta una pianta a croce greca con tre navate divise da pilastri. Un particolare: il suo interno custodisce il monumento funebre del compositore Gaetano Donizetti, cittadino bergamasco.
Il Battistero
Di fronte alla Basilica è situato il Battistero, fatto costruire a partire dal 1340. Originariamente collocato nella navata centrale, fu più volte spostato. Infine, si decise di costruire una nuova struttura (ovvero quella attuale) intorno al XIX secolo.
Il curioso stemma della famiglia Colleoni
La città di Bergamo è storicamente legata al nome della famiglia Colleoni, in particolare a quello del condottiero Bartolomeo. Un cognome particolare quello dei Colleoni, che deriverebbe dal termine latino coleus (testicolo). Lo stemma della famiglia riproduceva tale peculiarità: infatti in esso sono presenti tre figure tondeggianti, raffigurazioni di tre testicoli, di cui due bianchi su campo rosso, e uno rosso su campo bianco. Alcuni studiosi attribuivano tale raffigurazione al poliorchidismo (presenza di un testicolo in più) di cui ritenevano soffrisse Bartolomeo, quantunque questa ipotesi non sia stata mai confermata: infatti il primo ad essere denominato Colione fu il capostipite della famiglia Ghisalberto Colleoni sin dal 1123.
In epoca successiva, alcuni sostenitori di Bartolomeo hanno tentato di “nobilitare” il cognome del condottiero, suggerendo che potesse derivare dal motto: cum lione o caput leonis (con il leone o capo dei leoni). Tale interpretazione era, infatti, volta ad esaltare il medesimo Bartolomeo, condottiero della Repubblica di Venezia (che, per l’appunto, ha come stemma il leone).
A prescindere dai vari significati attribuitigli, è noto che Bartolomeo Colleoni andasse particolarmente orgoglioso del suo cognome, tanto che ne fece un urlo di guerra: Coglia, Coglia (Coglioni, Coglioni).
Bartolomeo Colleoni
Bartolomeo Colleoni nacque agli inizi del XV secolo. Egli iniziò la sua carriera militare già all’età di quindici anni, al seguito del signore di Piacenza, Filippo Arcelli. Successivamente operò al servizio del condottiero Caldora, con il quale partecipò a numerose spedizioni, tra cui l’assedio di Bologna per il papa Martino V. Fu grazie a tali imprese che la sua fama si diffuse a Venezia e nel 1431 fu ingaggiato dalla Serenissima. Partecipò alla guerra tra Venezia e Milano distinguendosi nel (seppur fallito) attacco di Cremona, che gli valse numerose lodi. Inoltre, difese la sua città, Bergamo, dall’attacco di Niccolò Piccinino, capitano generale di Gian Maria Visconti. Malgrado il supporto militare alla Serenissima, non ottenne mai la carica di comandante generale, lavorando sempre al servizio di altri condottieri: Gianfrancesco Gonzaga prima, il Gattamelata e Niccolò da Tolentino dopo.
Con la fine della guerra tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, Bartolomeo Colleoni passò al servizio dei Visconti. Fu nuovamente ingaggiato da Venezia (1448) a causa dei rapporti travagliati che si erano creati con la famiglia reggente di Milano. Durante questo periodo si coprì di gloria e di ricchezza ma, a causa degli intrighi del condottiero Gentile da Leonessa, fu accusato di tradimento. Per tale ragione, scappò a Milano e iniziò a lavorare per conto di Francesco Sforza, divenuto nel contempo signore di Milano. Nel 1453 lasciò ancora una volta la città lombarda e tornò definitivamente a operare per conto della Repubblica di Venezia.
Bartolomeo Colleoni a Bergamo
Bartolomeo Colleoni operò con grande impegno per la sua città, Bergamo, all’epoca sotto il dominio della Serenissima. Istituì un ente benefico, l’Istituto Bartolomeo Colleoni, con l’intento di fornire la dote alle fanciulle che non ne avevano la possibilità. Tanto era forte il suo legame con Bergamo, che fece erigere un imponente mausoleo, noto come Cappella Colleoni. A tal fine, egli fece abbattere la sagrestia della Basilica di Santa Maria Maggiore per far spazio al monumento a lui dedicato, che avrebbe dovuto custodire le sue spoglie dopo la morte. Alcuni studiosi lo ritennero un atto di soldatesca arroganza [6], mentre oggigiorno si tende a considerare che il Colleoni fosse autorizzato dagli amministratori della Chiesa.
A sostegno di tale ipotesi vi è un documento redatto da Vanoto Colombi, fedelissimo di Bartolomeo, che affermava “fu distrutta e abbattuta con il consenso dei rettori e degli amministratori della stessa chiesa” [7]. Malgrado tutto, nel 1470 iniziarono i lavori di costruzione del mausoleo. Al suo interno è posto il monumento funebre del condottiero, sovrastato da un’imponente statua di legno che lo raffigura, realizzata nel 1501 da Sisto e Sery da Norimberga. Inoltre, ivi riposa Medea, figlia di Bartolomeo, morta in tenera età.
Il mistero del “cavaliere ignoto” di Bergamo
Alcune vicende inerenti la sepoltura di Bartolomeo Colleoni hanno assunto le sembianze di vere e proprie leggende. Egli, in previsione della sua morte, aveva fatto costruire un mausoleo. Per molti secoli nessuno aveva mai messo in dubbio che Bartolomeo Colleoni fosse stato sepolto all’interno del monumento. Tuttavia, non era mai stata dimostrata l’effettiva collocazione delle sue spoglie. Solo agli inizi del XX secolo, a seguito della visita del re Vittorio Emanuele III, si iniziò ad indagare più approfonditamente sull’effettiva locazione del corpo del condottiero. In particolare, il priore della chiesa di Santa Maria Maggiore, monsignor Locatelli, sosteneva che il corpo del Colleoni non fosse deposto nel suo mausoleo. A sostegno di ciò, i primi rilevamenti condotti all’interno del sarcofago del Colleoni non mostrarono traccia alcuna di resti umani. Una domanda cominciò a farsi strada insistentemente tra gli storiografi e persino tra i semplici cittadini bergamaschi: dove era sepolto Bartolomeo Colleoni?
Nel 1950, una scoperta sembrò mettere fine ad ogni dubbio. Sotto il pavimento della chiesa di Santa Maria Maggiore, fu ritrovato un sarcofago di pietra contenente ossa umane. Il rinvenimento fu subito ricollegato alle spoglie del Colleoni.
Il mistero permane
Tuttavia, neanche il tempo di festeggiare il ritrovamento del perduto condottiero, un’approfondita analisi dei resti smentì che si trattasse di Bartolomeo. L’altezza del defunto non corroborava con quella dello storico comandante. Inoltre, la presenza di una spada di legno anziché di metallo e l’assenza di alcuna iscrizione, determinarono la fine di ogni velleità storiografica: lo scheletro non apparteneva al Colleoni.
Al mistero si aggiunse un altro mistero: di chi erano i resti rinvenuti sotto la Basilica di Bergamo? Si trattava forse di un valoroso cavaliere medioevale? E inoltre, perché al suo fianco fu deposta una spada di legno? Il mistero rimane tuttora irrisolto. I resti del “cavaliere ignoto” furono collocati all’interno di una scatola d’ebano posizionata sotto la chiesa romanica.
Le nuove ricerche
Nel 1968 ricominciarono le ricerche del corpo di Bartolomeo Colleoni. Su insistenza del nuovo priore di Santa Maria Maggiore, monsignor Angelo Meli, vennero effettuati prelievi di materiale lapideo all’interno del sontuoso sarcofago del Mausoleo. L’analisi pareva volta più a confermare l’assenza delle spoglie del defunto dall’arca, che il contrario. Sorprendentemente, gli scavi portarono invece alla luce una cassa di legno di pero, lunga due metri e alta 45 centimetri. Essi furono effettuati al di sotto dell’Arca Maggiore.
La cassa conteneva i resti di alcune vesti e una berretta capitanesca, nonché una lastra di piombo ai piedi della bara, la quale riportava l’iscrizione: “BARTOLOMEUS COLIONUS NOBILIS BERGO. PRIVILEGIO ANDEGAVENSIS ILL.MI IMPERIJ VENETORUM IMPERATOR GENERALIS INVICTUS VIXIT ANNOS LXXX IMPERAVIT IIII ET XX OBIIT.III.NO.NOVEMBRIS CCCCLXXV SUPRA MILLE” (“Bartolomeo Colleoni, nobile bergamense per privilegio dello d’Angiò, invitto condottiero generale della Illustrissima Signoria Veneta. Visse 75 anni. Comandò per 24. Morì il 3 novembre anno 475 sopra il mille”) [7] [8]. Finalmente le spoglie di Bartolomeo Colleoni erano state ritrovate, sebbene non si erano mai mosse da dove tutti credevano che fossero.
La cappella Colleoni custodisce anche il corpo della giovane figlia Medea, morta alla tenera età di 14 anni. Si narra che Bartolomeo fece imbalsamare l’uccellino con cui era solita giocare la figlia. Il volatile avendo avvertito l’agonia della sua giovane padroncina, si lasciò morire lo stesso giorno. Pertanto, in prossimità del sarcofago della ragazzina è presente un piccolo animaletto, custodito sotto una cupola di vetro.
Daniela Campus
Note
[1] Plinio il Vecchio. Naturalis Historia, III.
[2] Alessandretti, G. (1990). La meridiana di Piazza Vecchia in Bergamo.
[3] Alessandretti, G. (1990). Studio storico-architettonico della Meridiana del Palazzo della Ragione.
[4] Don Giovanni Battista Locatelli Zuccala (1936). Memorie storiche di Bergamo dal 1796 alla fine del 1813.
[5] Su una meridiana la curva del Tempo Medio appare come una curva ad otto, nota anche come “lemniscata” perchè ricorda la omonima curva sul piano studiata da Bernoulli. Normalmente è centrata rispetto alle ore 12, ma può essere riportata anche su tutte le linee orarie rappresentate sulla meridiana.
[6] Belotti, B. (1940). Storia di Bergamo e dei Bergamaschi.
[7] Meli, A. (1970). Bartolomeo Colleoni ritrovato nel suo mausoleo. Bergamo, Il Coventino.
[8] Corriere della Sera (21 novembre 2004). Il Colleoni, gran condottiero e benefattore. Gloria di un mondo pittoresco e popolare.
[9] Bonavia, M. (1970). Storia di una ricerca – La scoperta delle spoglie di Bartolomeo Colleoni.
[10] https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Colleoni_Stemma.jpg#/media/File:Colleoni_Stemma.jpg