Alla scoperta dei Bronzi di Riace

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Il 16 agosto del 1972 un sub romano, Stefano Mariottini, fece un ritrovamento archeologico che avrebbe rivitalizzato l’entusiasmo sull’antica identità magnogreca dell’intera Calabria. Alcune sculture bronzee, infatti,  furono rinvenute sommerse dalle acque del mar Ionio, a circa 300 metri dalla costa di Riace. Proprio dal nome del paese calabro i reperti furono battezzati come i “Bronzi di Riace”. Si tratta di due statue imponenti, denominate dagli studiosi “Statua A” e “Statua B”, e note nel linguaggio comune come il “Giovane” e “l’Adulto”.

Rinvenimento

Le sculture furono ripescate in prossimità l’una dall’altra: la Statua A, adagiata sul fianco destro, mentre la Statua B si trovava in posizione supina. Sin dal giorno successivo al clamoroso ritrovamento gli studiosi presero a dibattere intorno ai molteplici misteri che aleggiano sui Bronzi: da dove provenivano e per quale ragione si trovavano dispersi sui fondali marini? Sono stati forse vittima di un naufragio insieme all’imbarcazione che li trasportava? E ancora: chi rappresentano e verso dove venivano trasportati?

Diverse sono le ipotesi formulate in tal proposito, quantunque tutt’oggi non sia possibile dare una risposta certa. Al contempo, è possibile statuire che i bronzi oggi esposti non siano nemmeno completi: è opinione diffusa che bensì vi siano delle parti andate perdute. È evidente, infatti, dalle analisi delle statue che esse, in quanto rappresentative di guerrieri o divinità del mondo antico, siano quantomeno mancanti di alcune parti accessorie come elmi, scudi e armi.

Ipotesi sugli autori

Le sculture, datate intorno al V secolo a.C., sono con ogni probabilità di provenienza greca, magnogreca o siciliota. Tuttavia, non è noto chi siano gli autori. A tal proposito sono state formulate diverse ipotesi. Alcuni studiosi [1] sostengono che la statua A sia stata scolpita intorno al 470 a.C. da Fidia, scultore e architetto ateniese e sia stata realizzata ad Argo, mentre la statua B sia opera di Policleto, databile al 430 a.C. circa e creata ad Atene. Altri autori [2], invece, le riconducono a Pitagora di Reggio ma, come precedentemente affermato, non vi è unanimità né certezza sull’autore delle due statue.

Ancora più fitto è il mistero sui personaggi che i due bronzi raffigurerebbero, e che tuttora arrovella gli storici e gli studiosi d’arte. Difatti, vi sono autori che ritengono che le due sculture di bronzo raffigurino degli eroi [3], dei guerrieri [4], dei personaggi mitologici [5], oppure costituiscano addirittura un donario degli Achei ad Olimpia [6].

Descrizione dei reperti

I due bronzi, con un’altezza di circa 180 cm e la pronunciata elasticità muscolare, garantita dalla cosiddetta posizione a chiasmo (una disposizione del corpo tale da formare una sorta di lettera χ dell’alfabeto greco), conferiscono una certa potenza ed attrazione. La perfezione nella ricerca di ogni singolo dettaglio si deve alle modalità di realizzazione da parte degli autori, attraverso la creazione di un modello di cera e argilla, sopra il quale far colare il bronzo fuso (tecnica della fusione a cera persa). Entrambe le statue mostrano una postura elegante e naturale, non rigida.

La statua A

La statua A si caratterizza per una leggera torsione del busto e per una lieve inclinazione della gamba destra, che propende in avanti rispetto a quella sinistra, tale per cui il peso sembra ricadere sulla prima. Il braccio sinistro è piegato e reca a metà dell’avambraccio un anello di impugnatura di un probabile scudo. L’attenzione verso i particolari viene mostrata inoltre dalla riproduzione meticolosa della muscolatura, tonica e tesa, nonché dall’impiego di laminelle di rame sfrangiate, utilizzate per la realizzazione delle ciglia e delle labbra, in modo da conferire loro un colore rosato, che caratterizza altresì i capezzoli. Le labbra, leggermente aperte, lasciano intravedere i denti, realizzati in argento, mentre gli occhi comprendevano le iridi, andate perdute nel tempo. Inoltre, dei lunghi ricci incorniciano il volto del “giovane”, con una frangia che cinge la fronte, leggermente corrugata. Anche la barba è lunga e colma di ricci.

La statua B

La statua B presenta una postura molto simile alla statua A, con il busto lievemente girato e la gamba destra leggermente piegata, riproduce in maniera molto similare quella della statua A. Ciò che lo contraddistingue è il capo, interamente ricoperto da un copricapo che, pertanto, non mostra i ricci che invece caratterizzavano la statua del “giovane”. Si può inoltre rinvenire la stessa particolare attenzione verso i dettagli (occhi, barba, labbra), anche se, diversamente dall’altra statua, i denti in questo caso non sono visibili. Il braccio sinistro è piegato, con un sostegno per un potenziale scudo, mentre in corrispondenza della mano destra è stato trovato un anello di stagno, che poteva contenere una lancia.

Infine, intorno ai piedi dei Bronzi fu trovato un basamento di piombo, che nell’antichità veniva impiegato per poter reggere le statue, il quale veniva collocato all’interno di cavità create nel basamento.  La collocazione, all’interno della gamba, di un’asta di ferro fissa garantiva l’ancoraggio [7] allo stesso basamento.  Oggi i Bronzi poggiano, al contrario, su un basamento antisismico creato ad hoc.

Provenienza e destinazione

Per quanto attiene alla loro provenienza, non è noto se le statue provenissero dalla Grecia. Un’ipotesi gettonata e affascinante vuole che i Bronzi di Riace fossero anticamente collocati a Delfi: avrebbero fatto parte di un più ampio gruppo statuario che impreziosiva il camminamento verso l’oracolo. Altre teorie sono incentrate sulla originale collocazione delle sculture di Riace presso Olimpia, oppure Argo, o ancora si ritiene che adornassero l’agorà di Atene.

Molteplici sono pure le supposizioni per quanto concerne la possibile destinazione delle sculture. E’ possibile   che i Bronzi di Riace venissero trasportati da una nave romana diretta verso l’Italia, naufragata poi nelle acque del mar Ionio. In aggiunta, è possibile che esse siano state gettate in mare durante una tempesta, per alleggerire il carico dell’imbarcazione.

I Bronzi di Riace erano soltanto due?

In ultima analisi è persino possibile chiedersi se, al momento del naufragio, le statue fossero solo due o ve ne fossero altre. Sorprendentemente c’è chi sostiene fermamente questa tesi. Non solo: tali sculture mai “rinvenute” sarebbero invece giunte addirittura sino ai nostri giorni.

E’ la tesi dello studioso vibonese Giovanni Braghò [8], la quale infittisce l’aura di mistero che aleggia intorno alla presunta scomparsa di statue ed elementi accessori attinenti ai Bronzi di Riace. I sospetti si svilupparono nel 2007 allorché il giornalista Franco Bruno, durante una intervista [9], prese a descrivere due fotografie che era riuscito eccezionalmente ad osservare, ma che oggi risultano disperse. In esse, secondo Bruno, erano raffigurati i Bronzi completi di una lancia e uno scudo.

La sua fonte sarebbe un personaggio legato al traffico di opere d’arte, che affermava di aver “piazzato” clandestinamente i reperti al Getty Museum di Los Angeles. In seguito a tale evento  il nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, sotto delega della Procura della Repubblica, avviò una serie di indagini al fine di identificare l’esistenza di ulteriori reperti che potessero essere riconducibili ai Bronzi di Riace, ma la verifica non condusse a nessuna conclusione. Giovanni Braghò [8] sostiene che fosse presente addirittura un terzo bronzo, di cui però si sono perse le tracce.

Testimonianze ed atti

Tali asserzioni si basano su alcune testimonianze oculari, nonché sulla dichiarazione presentata dal sub Mariottini alla Soprintendenza di Reggio Calabria, in cui egli parla di un “gruppo di statue”, una di queste con “braccia allargate, gamba sopravanzante” e “sul braccio sinistro uno scudo”, una descrizione che non coincide con quella dei Bronzi attualmente esposti al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Per quanto riguarda l’affermazione sullo scudo, Mariottini ebbe a dichiarare successivamente che si trattava di una errata valutazione.  

Il mistero sulla scomparsa di alcuni reperti  fu inoltre confermato, secondo Braghò, dalla testimonianza di una donna [10], Anna Diano, che avrebbe notato dei movimenti sospetti proprio durante i giorni in cui si stavano svolgendo le operazioni di recupero. In particolare la testimone avrebbe visto alcuni uomini trasportare un pesante scudo e una lancia spezzata in due. Successivamente avrebbe rilasciato una deposizione presso la Procura della Repubblica di Locri.  Molti sono ancora i misteri che rimangono senza una risposta, forse ancora nascosti dalle acque del mar Ionio, o forse celati nello scantinato di qualche museo d’oltreoceano.

Daniela Campus e Samuele Corrente Naso

Note

[1] Isler, P.  “Die Bronzekrieger von Riace”, in Antike Welt, XIV, 1983.

[2] Stucchi S., “Nuove osservazioni sulle statue bronzee di Riace”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Rendiconti, XLIII.

[3] Paribeni, E., I bronzi di Riace, in AA.VV., Due Bronzi da Riace, Rinvenimento, restauro, analisi e ipotesi di interpretazione, a cura di L. Vlad Borrelli e P. Pelagatti, II, Roma 1984; Rolley, C., Les Bronzes grecs, Paris 1983; Dontàs, G. “Some remarks on the bronze statues of Riace Marina”, in Actes du XII Congrès International d’Archéologie Classique, III, 1988.

[4], Ridgway, S., “The Riace Bronzes: a minority viewpoint”, in AA.VV., Due Bronzi da Riace, Rinvenimento, restauro, analisi e ipotesi di interpretazione, a cura di L. Vlad Borrelli e P. Pelagatti, II, Roma 1984 (Bollettino d’Arte, Serie spe­ciale, III).

[5] P. Moreno, I Bronzi di Riace. Il Maestro di Olimpia e i Sette a Tebe, Milano 1998.

[6] P.C. Bol, L’atelier dei Bronzi, in AA.VV., Gli Eroi venuti dal mare, a cura di L.M. Lombardi Satriani e M. Paoletti, Roma 1986; O. Deubner, Die Statuen von Riace, „Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Instituts“ CIII; E. Harrison, Early Classical Sculpture: the Bold Style, in Greek Art, Archaic into Classical. A Symposium, University of Cincinnati, April 2-3 1982 (a cura di C.G. Boulter), Leiden 1985.

[7] Angela, A., “Ulisse, il piacere della scoperta”, 2014.

[8] Bragò, G., Facce di bronzo, 2008, Cosenza.

[9] Il Quotidiano del 16 febbraio 2007; Angela, A., “Ulisse, il piacere della scoperta”, 2014.

[10] https://www.laleggepertutti.it/12989_il-mistero-dei-bronzi-di-riace-un-clamoroso-falso

Autore

Samuele

Samuele è il fondatore di Indagini e Misteri, blog di antropologia, storia e arte. È laureato in biologia forense e lavora per il Ministero della Cultura. Per diletto studia cose insolite e vetuste, come incerti simbolismi o enigmatici riti apotropaici. Insegue il mistero attraverso l’avventura ma quello, inspiegabilmente, è sempre un passo più in là.

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