Un’antica leggenda, sussurrata tra i verdi poggi e i sentieri serpeggianti della Via Francigena, racconta la storia della fondazione di Siena. La tradizione vuole che il capitolino Remo avesse due figli, i gemelli Senio e Ascanio. Così, quando egli fu ucciso dalla mano violenta del fratello Romolo, i fanciulli riuscirono a fuggire nottetempo cavalcando due fieri cavalli, l’uno bianco e l’altro nero. Senio e Ascanio trovarono rifugio su un incantevole colle dell’entroterra toscano, ove fondarono Siena1. La città mantiene ancora il nome e le insigne dei leggendari fondatori: la lupa e la Balzana, lo storico stemma cittadino a bande bianche e nere.

Le origini romane di Siena
Il mito delle origini di Siena reca in sé un fondo di verità. Infatti, sebbene sia nota la presenza degli Etruschi sul territorio prima dell’avvento di chiunque altro2, furono proprio i Romani a costituire una colonia tra i fiumi Merse, Elsa e Arbia, insediamento che le fonti storiche tramandano come Saena Iulia3. Non è facile dedurre la data di fondazione di Siena, soprattutto per la scarsità dei reperti romani rinvenuti nel tessuto urbano, che ha ormai sovrascritto gli strati più antichi. Tuttavia, è probabile che la città sorse in epoca augustea come castrum per controllare la viabilità in quella zona dell’Etruria. La più antica menzione scritta di Saena è riferita da Tacito a un evento del 70 d.C., quando i cittadini senesi avevano percosso e deriso il senatore Manlio Patruito4.

La città medievale
Nel suo attuale aspetto Siena è pienamente medievale e la maggior parte degli edifici si può far risalire al Trecento, epoca aurea e inarrivabile della città. A fatica si ricostruiscono quindi le vicende precedenti dell’urbe altomedievale. Di certo vi fu costituita una diocesi, della quale la tradizione agiografia assegna le origini all’opera di predicazione di Ansano, santo martire del IV secolo5. Nel VI secolo sopraggiunsero i Longobardi e vi instaurarono un gastaldato, importante centro di controllo territoriale alle dirette dipendenze del Re. Nemmeno la fine del Regnum Langobardorum nel 774 e l’instaurarsi in Italia dei Franchi compromise l’egemonia del governo senese sulla regione, ora a guida di un Conte sotto i Pipinidi.
La posizione strategica di Siena, punto di collegamento nell’entroterra tra il nord della Penisola italiana e le lande più a sud, collocata sulle principali vie di comunicazione con Roma, consentì alla città di acquisire grande ricchezza a partire dall’XI secolo. Nel 990 l’arcivescovo Sigerico, diretto a Canterbury dall’Urbe eterna, annoverava Seocine, ossia Siena, tra le tappe della Via Francigena6. Si trattava dell’itinerario di pellegrinaggio più importante dell’epoca, che permetteva di raggiungere Roma e soprattutto i porti della Puglia da cui imbarcarsi per Gerusalemme e la Terra Santa.
Le lotte politiche e la rivalità con Firenze
Di pari passo con l’incremento demografico del XII secolo Siena iniziò ad avere un ruolo di rilievo anche nelle questioni politiche e territoriali. Al 1125 è datata l’elezione del Governo Consolare della nascitura Repubblica Senese. Ben presto gli inevitabili scontri militari con la vicina e rivale Firenze, che contendeva il dominio sugli altri territori dell’Italia Centrale, assunsero le fattezze della più ampia contesa tra Guelfi e Ghibellini. Se Siena e Pisa parteggiavano per l’Imperatore, Firenze era schierata dalla parte dei Guelfi a difesa della supremazia del Papato.
Al tempo di Manfredi di Svevia la lotta politica sfociò in un aperto conflitto che si risolse con la battaglia campale di Montaperti del 1260 e la vittoria dei Ghibellini. Il trionfo dei senesi non ebbe effetti duraturi come essi speravano e appena dieci anni dopo, nel 1270, la città si arrese all’assedio di Carlo I d’Angiò, re di Napoli. Il nuovo governo guelfo insediato in città, inizialmente con un Consiglio di trentasei membri (1270-1280), poi quindici (1280-1286), e infine nove (1287-1355), avrà il merito di condurre Siena attraverso un lungo periodo di pace e prosperità. In questi anni sorsero gli edifici più grandiosi, come il Palazzo comunale con la Torre del Mangia e il Duomo di Santa Maria Assunta.

Nel 1348 la terrificante epidemia di peste che colpì l’Europa, mietendo milioni di morti, si abbatté anche sul borgo toscano, portando a una lenta decadenza economica e militare. Siena riuscì a mantenere una repubblica indipendente sino al 1555, se si fa eccezione per le brevi parentesi delle signorie dei Visconti e Petrucci, finché non venne sconfitta definitivamente da Cosimo I de’ Medici e inglobata da Firenze nel Granducato di Toscana.
Il Duomo di Santa Maria Assunta a Siena
Nulla si conosce della più antica cattedrale paleocristiana di Siena, nemmeno la sua originale collocazione. Un documento altomedievale dell’816 riporta la deposizione di San Crescenzio in un nuovo edificio: si tratta forse della prima menzione al Duomo collocato nell’attuale luogo7. Nell’anno 1000 veniva citata una canonica Sancte Marie domus episcopio Senese, indizio di una dedicazione già attuale a Santa Maria Assunta8. Questa cattedrale doveva essere abbastanza importante, tanto da poter ospitare il conclave che elesse papà Niccolò II nel 10589. Forse venne ben presto ricostruita, in quanto la tradizione tramanda di una nuova consacrazione avvenuta nel 1179, sebbene manchi in merito qualsiasi riferimento certo. Eppure in quella data i lavori di edificazione erano ben lungi dall’essere completati. Nel 1196 abbiamo notizia dell’Opera di Santa Maria, un organo di liberi cittadini istituito per sovrintendere alla costruzione del Duomo.
Le maestranze adoperate presso il cantiere della Cattedrale furono scelte dal Comune sino al 1238. In quella data l’amministrazione dei lavori venne affidata ai monaci cistercensi dell’Abbazia di San Galgano. I religiosi nel 1224 avevano appena completato il complesso religioso di Chiusdino e si potevano annoverare tra i maggiori protagonisti della vita sociale e politica della Toscana. All’ultimo sovrintendente cistercense, Frate Melano, si deve l’idea di commissionare alcuni lavori a Nicola Pisano, al figlio Giovanni, a Lapo, Donato e ad Arnolfo di Cambio. Nicola Pisano e i suoi collaboratori realizzarono il meraviglioso pulpito del Duomo, Giovanni Pisano dal 1284 al 1297 edificò la parte inferiore della facciata10. Nel 1313 fu completato il campanile, alto settantasette metri all’incirca, e solo nel 1317 Camaino di Crescentino terminò i lavori della facciata.

Il Duomo nuovo e il “Facciatone”
Appena qualche anno dopo, nel 1339, i senesi decisero che il già immenso Duomo di Santa Maria Assunta non fosse abbastanza per le ambizioni cittadine. Il Comune deliberò pertanto degli impegnativi lavori di ampliamento per la realizzazione del cosiddetto Duomo Nuovo. Su tale decisione dovette pesare la volontà cittadina di superare in maestosità la cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, l’eterna rivale. Il progetto prevedeva la costruzione di un nuovo corpo longitudinale che avrebbe dovuto inglobare l’attuale Duomo come transetto in una pianta latina. I tempi di costruzione furono stimati in più di cento anni e la gestione finanziaria venne affidata al preposto ufficio cittadino, la Biccherna.
La vicenda della nuova e visionaria Cattedrale rappresenta certamente uno dei punti più curiosi della storia senese. Soprattutto per il fatto, si sarà intuito, che il progetto non verrà mai portato a termine. Vennero infatti a mancare i fondi necessari, non ultimo a causa della peste che nel 1348 decimò la popolazione e abbatté l’economia cittadina. Fatto non meno importante, furono riscontrati dei gravi problemi di statica. I lavori del Duomo Nuovo si interruppero nel 1357 ma nel frattempo i senesi erano riusciti a edificare parte della navata sinistra e parte del prospetto principale, il famoso “Facciatone”, ammirabile ancor oggi.

L’architettura del Duomo di Santa Maria Assunta
Il Duomo di Santa Maria Assunta si presenta su una pianta a croce latina con tre navate e una cupola a base dodecagonale. È contraddistinto dalla ricchezza dei marmi, bianco della Montagnola Senese e una serpentina verde-nerastra, che si alternano con grazioso gioco bicromatico. La facciata tricuspidata, affiancata da due pilastri con guglie e pinnacoli, fu edificata in due distinte fasi. La parte inferiore in stile gotico di transizione, opera di Giovanni Pisano, ospita i tre meravigliosi portali strombati con ghimberghe. Numerose sono le statue con cui lo scultore volle abbellirla, soprattutto profeti, filosofi e patriarchi che annunciano la venuta del Cristo. La parte superiore fu invece realizzata da Camaino di Crescentino. Degno di nota è il rosone centrale attorniato da nicchie con i busti degli apostoli, dei profeti e di una Madonna con bambino.
Il Quadrato del Sator di Siena
Sul lato perimetrale sinistro della Cattedrale senese, non lontano dal palazzo vescovile, ad altezza visiva, è possibile notare una mattonella differente dalle altre. Vi si può leggere l’enigmatica frase palindroma sator arepo tenet opera rotas. Non si tratta di lettere qualsiasi: è il famoso Quadrato del Sator, ritrovato misteriosamente dagli archeologi in molti siti d’Europa e del Medio Oriente risalenti a varie epoche storiche11. La frase latina compare tre le rovine di Pompei (79 d.C.), nel chiostro dell’abbazia di Valvisciolo a Sermoneta (XIII secolo), su un mosaico della Collegiata di Sant’Orso ad Aosta (XII secolo), nella Pieve San Giovanni a Campiglia Marittima (XII secolo) e così via. Nella maggior parte dei casi le parole sono allineate in un quadrato di venticinque lettere palindromo in ogni direzione.

Nel Quadrato del Sator di Siena lo stile scrittorio è di tipo gotico-romanico, con lettere onciali e capitali. Il significato dell’iscrizione resta oscuro, nonostante decenni di studi. Se una possibile interpretazione letterale potrebbe essere “il seminatore tiene con cura le ruote del carro”, bisogna ammettere che il termine latino arepo non abbia altri riscontri in testi scritti conosciuti.
Nessun elemento può indicarci nemmeno chi abbia collocato il Sator senese presso la sua attuale sede. Tuttavia, non è difficile ipotizzare chi vi fosse dietro, ricordandosi che i lavori di costruzione di Santa Maria Assunta erano letteralmente “nelle mani” dei monaci Cistercensi, e forse non è esclusa la partecipazione di quei Cavalieri Templari che rappresentavano l’Ordine a essi più affine. Data la posizione esterna, si può immaginare che il Sator di Siena avesse una funzione apotropaica, ossia di marcare e proteggere la soglia ideale tra il mondo profano e il sacro che dimorava all’interno della Cattedrale.
Gli interni del Duomo
Non basterebbero decine di libri per descrivere gli interni del Duomo di Santa Maria Assunta. Superando l’uscio di uno dei portali d’ingresso si viene avvolti da un mistico abbraccio, una sensazione di celestiale smarrimento, di perdizione estatica. A ciò contribuiscono il verticalismo gotico della struttura, che si eleva gentilmente verso la grande cupola, e la marcata bicromia bianca e nera, che vuole rimembrare le bande della Balzana senese.

Gli interni sono suddivisi in due livelli da un cornicione aggettante, sotto il quale sono ospitati i busti di centosettantuno papi e trentasei imperatori, realizzati a cavallo tra il XV e il XVI secolo. La copertura delle navate è con volte a crociera costolonate, decorate con stelle su sfondo azzurro e sorrette da possenti pilastri cruciformi. I capitelli, istoriati, vennero realizzati dalla bottega di Nicola Pisano (1263-128) e presso il coro da Giovanni di Agostino (1340-1357). Le alte arcate tra i pilastri sono a tutto sesto e permettono una grande diffusione della luce, la quale penetra dalle bifore sul livello superiore e lungo le navate laterali.

Notevole per i suoi affreschi, realizzati tra gli altri dal Pinturicchio (1502-1507), è la libreria Piccolomini, accessibile da un’apertura laterale della navata sinistra. Di grande interesse è parimenti il pulpito di Nicola Pisano (1265-1268), con otto colonne corinzie che sorreggono una loggia. Di queste, quattro poggiano su leoni stilofori. Gli archi a tutto sesto, trilobati, sono abbelliti con sculture di profeti ed evangelisti. I pannelli superiori ospitano scene della vita di Cristo e del Giudizio Universale

Il Pavimento del Duomo di Siena
Tra i tanti capolavori artistici del Duomo di Santa Maria Assunta, l’opera più straordinaria è il pavimento, il “più bello, grande e magnifico che mai fusse stato fatto”, come lo definì Giorgio Vasari. Il tappeto venne realizzato in pregiate tarsie marmoree e appare eccezionale in ricchezza e complessità, vantando ben cinquantatre scene figurate.
Si ha menzione dell’inizio dei lavori pavimentali nel 1369 in relazione a dei pagamenti verso tali Sano di Marco, Antonio di Brunaccio e Francesco di Ser Antonio, con ogni probabilità le prime maestranze impiegate nell’opera12. I temi iconografici affrontati spaziano dal sacro al profano: scene bibliche, immagini legate alla storia dì Siena, profeti e sibille che preannunciano la venuta di Cristo. Furono disegnati dai più importanti artisti dal XIV al XVI secolo, tra i quali annoveriamo Francesco di Giorgio Martini, Luca Signorelli, Pinturicchio e Domenico Beccafumi13, quindi realizzati con la tecnica del graffito e del commesso marmoreo. Nel suo insieme il pavimento del Duomo intendeva rappresentare il percorso dell’umanità verso la salvezza, un cammino che qui diveniva concreto e che il fedele poteva ripercorrere con i suoi stessi passi.

Ermete Trismegisto
In corrispondenza delle prime cinque campate, lungo la navata principale, si incontrano alcuni dei temi portanti di tutta la raffigurazione. Ad accogliere il visitatore, al cospetto del portarle centrale, è la figura di Ermete Trismegisto, considerato nella tradizione medievale e rinascimentale il padre della conoscenza ermetica e dell’alchimia, creatore del cammino sapienziale e ritenuto l’autore del Corpus Hermeticum14. Quale percorso attende l’uomo? È ovviamente la via cristiana della salvezza indicata dalle Sacre Scritture, di cui il pagano Ermete si fa precursore all’alba dei tempi:
“Deus omnium creator secum deum fecit visibilem et hunc fuit primum et solum quo oblectatus est et valde amavit proprium filium qui appellatur sanctum verbum”.
“Dio, creatore di tutte le cose, creò un secondo Dio visibile, e questi fu il primo Dio che egli fece e il solo in cui si compiacque: ed egli amò Suo Figlio, chiamato il Verbo Santo”.
Dal Corpus Hermeticum, II-III secolo

È Lattanzio, fonte storica e iconografica del pavimento del Duomo, a sostenere come le premesse del Cristianesimo fossero esistenti già nell’antichità15. Ermete Trismegisto, contemporaneo di Mosè come indica un cartiglio (“Hermis Mercurius Trismegistus contemporaneus moysi“), è raffigurato mentre consegna le tavole delle leggi alla personificazione dell’Oriente. In particolare all’Egitto: il libro aperto mostra “suscipite o licteras et legis egiptii“, mentre l’Occidente osserva.
Le rappresentazioni “politiche” di Siena
Proseguendo lungo la navata centrale si incontra una rappresentazione musiva di Siena e delle sue città alleate. La lupa senese, in un tondo su sfondo rosso, allatta i gemelli Senio e Ascanio, mentre tutt’intorno di dispongono i simboli delle città alleate. Arezzo è figurata dal un cavallo, Firenze da un leone, Lucca da una pantera, Orvieto da un’oca, Perugia da una cicogna, Pisa da una lepre, Roma da un elefante, Viterbo da un unicorno. Ancora, agli angoli della cornice quadrata, Grosseto da un grifone, Volterra da un’aquila, Pistoia da un drago, Massa Marittima da un leone con tre gigli. Più avanti, entro un rosone decorativo, è raffigurata l’aquila del Sacro Romano Impero, segno della fedeltà ghibellina di Siena.

La fortuna e la sapienza
Un alto poggio, attraversato da un sentiero percorso da pellegrini, compone lo sfondo dell’Allegoria del colle della Sapienza. Sulla cima dell’altura la personificazione della sapienza, assisa su un trono, riceve i filosofi Socrate e Cratete. Il primo ottiene la palma della vittoria, l’altro rinuncia ai suoi beni riversandoli sul capo di una donna nuda che sorregge una vela e la cornucopia dell’abbondanza. È la personificazione della fortuna. La fortuna è un tema molto caro alla scolastica medievale: tutto ciò che l’uomo realizza sulla terra, che arriva a possedere con fatica, è soggetto agli eventi imprevedibili della vita e può essere perduto. Bisogna piuttosto cercare la virtù come Socrate e Cratete, guardare al cielo, unica realtà immutabile, e preoccuparsi della salvezza.

L’ultima tarsia della navata centrale, prima di giungere al transetto, contiene proprio una grande raffigurazione della Ruota della Fortuna. Sulla parte superiore della ruota, a otto raggi, è assiso un re che regge il globo e lo scettro. Alcuni figuri tentano di restare aggrappati al cerchio per non precipitare. Il messaggio simbolico è chiaro: nemmeno i regnanti sono immuni dalla fortuna, espressa dall’immagine di una ruota che gira. La rappresentazione è inscritta in un rombo ai cui lati sono accostati i filosofi dell’antichità Aristotele, Epitteto, Euripide, Seneca.

Le sibille
In corrispondenza delle campate lungo le navate laterali si dispongono le tarsie delle sibille, figure di donne che si credeva avessero il dono della profezia. Esse anticipano e rivelano al Mondo la futura venuta di Cristo. La navata sinistra ospita la Sibilla Libica, Ellespontica, Frigia, Samia ed Albunea mentre a destra vi sono la Sibilla Delfica, Cumea, Cumana, Eritrea, Persica. Ogni sibilla è accompagnata da un cartiglio con una visione profetica cristiana e il nome dello scrittore antico che ne parlò.
“Ipsum tuum cognosce deum qui dei filius est”.
“Conosci il tuo stesso Dio, che è il Figlio di Dio”.
Il cartiglio della Sibilla Delfica fa eco alla celebre frase apposta sull’Oracolo a Delfi, ossia “conosci te stesso”.

I temi iconografici del transetto e del presbiterio
A livello del transetto il pavimento del Duomo ospita temi biblici oppure tratti dalle Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio, del I secolo. Si incontrano così la Cacciata di Erode, la Strage degli innocenti, le Storie di Giuditta, le Storie di Mosè, la Morte di Assalonne e il Sacrificio di Iefte. Sono tutte scene di violenza e di battaglia che, attraverso un’allegoria della storia ebraica, rimandano a quella locale, ossia al conflitto sostenuto da Siena contro Firenze. Per questo tra le varie raffigurazioni pavimentali del transetto è presente l’imperatore Sigismondo, che nel 1431 aveva visitato la città e dal quale i senesi auspicavano di ricevere supporto militare. Chiudono le scene del transetto le Sette età dell’uomo e le Virtù teologali.

Al centro di un grande esagono presso la crociera, proiezione della cupola sul pavimento, si trovano le Storie del profeta Elia. L’area antistante il presbiterio è invece popolata da figure di profeti, tra cui Mosè, Giuda e Davide. Vi si distinguono una scena di Giosuè contro gli Amorrei, le Storie di Davide e quelle di Sansone. L’area del presbiterio, Sancta sanctorum della raffigurazione pavimentale in quanto deputata allo svolgimento della liturgia, è impreziosita dalle quattro Virtù cardinali che circondano un grande Sacrificio di Isacco e altri temi minori.

La Cripta di Santa Maria Assunta
Tra i grandi misteri di Siena si deve annoverare quella che oggi viene chiamata impropriamente “cripta”, ma che un tempo costituiva una sorta di vestibolo d’ingresso alla Cattedrale collocato sul versante absidale16. Il locale, ampio circa centottanta metri quadri, venne riscoperto per caso nel 1999 durante dei lavori di recupero del vicino Oratorio dei Santi Giovannino e Gennaro. Gli archeologi notarono un vano sotterraneo in corrispondenza del coro: di esso si era persa ogni memoria storica e soprattutto giaceva completamente sepolto dalle macerie. Ma l’eccezionalità di tale scoperta doveva ancora essere compresa a pieno.
Gli scavi successivi riportarono alla luce pilastri, volte, tre portali d’accesso e due finestre. Ma soprattutto svelarono degli straordinari cicli pittorici risalenti all’ultimo quarto del Duecento. La “cripta” era stata affrescata in ogni sua superficie, anche quelle strutturali, si ipotizza a opera di Guido da Siena, Guido di Graziano e Dietisalvi di Speme. I dipinti presentano colori vivaci e rappresentano scene del Nuovo e del Vecchio Testamento, disposte su due registri sovrapposti. Tra di essi si citano i pregevoli affreschi della vita di Cristo, tra cui una Crocifissione, una Deposizione dalla Croce e una Deposizione nel Sepolcro.

L’abbandono
Difficile dire con certezza cosa sia accaduto a questo locale, così bello e pieno di tesori d’arte. L’ipotesi più condivisa dagli studiosi è che venne inglobato nelle strutture del Battistero, eretto a partire dal 1317 al di sotto delle ultime due campate del coro, che veniva in tal modo allungato, a opera di Camaino di Crescentino.

L’ipotesi è verosimile in quanto molti dipinti del Vecchio Testamento sul registro superiore appaiono troncati a causa dell’abbassamento del solaio. Quando poi i lavori di ampliamento del Duomo Nuovo naufragarono a causa di problemi economici e strutturali, la “cripta” venne riempita di materiale inerte e dimenticata.

I bottini di Siena e il leggendario fiume Diana
Affascinante è il contesto geologico nel quale si innestano le fondamenta del Duomo e le architetture della cripta. In alcuni punti il pavimento si apre e pare precipitare in profondi cunicoli sottostanti. Si tratta dei bottini, tunnel sotterranei per l’approvvigionamento idrico, che i senesi scavarono nell’arco di diversi secoli durante il Medioevo17. Siena non è attraversata da un fiume, al contrario delle vicine Firenze e Pisa che accolgono l’Arno, pertanto l’unica via per non morire di sete era quella di intercettare la falda acquifera attraverso pozzi e cunicoli.
La grande abbondanza con cui l’acqua continuava a sgorgare dal sottosuolo senese fu motivo di grande meraviglia, a tal punto da suscitare miti e leggende. In molti cominciarono a giurare di aver udito in lontananza come lo scrosciare di un torrente in prossimità dei pozzi. I testimoni asserivano di udirne distintamente il flusso nella zona di Porta Ovile e di Pian dei Mantellini. Ecco, si diffuse la convinzione che sotto Siena si celasse un immenso fiume sotterraneo: la Diana. Secondo alcune ricostruzioni nel Medioevo, il suo ipotetico corso sarebbe dovuto passare proprio sotto il Duomo di Santa Maria Assunta.
La ricerca della Diana
Quando nel 1176 i frati del Convento del Carmine ricavarono un pozzo e trovarono acqua in grande abbondanza, sembrò di aver rintracciato finalmente il fiume sotterraneo. Nei decenni seguenti la Repubblica di Siena finanziò enormi scavi in tutta la città. Gli sfortunati operai, detti “guerchi”, avevano il compito di scavare nella direzione dalla quale pareva provenire lo scrosciare dell’acqua. Ma della Diana non si trovò effettivamente mai alcuna traccia. La vana ricerca dei senesi assurse a simbolo universale di qualcosa senza speranza, tanto che persino Dante Alighieri la citò nella sua Commedia:
Tu li vedrai tra quella gente vana
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch’a trovar la Diana;
ma più vi perderanno li ammiragli.
Dante Alighieri, Commedia, Purgatorio, XIII, 151-154.
Di essa rimasero soltanto leggende e tradizioni scolpite nell’immaginario popolare dell’epoca. Si narra che i guerchi, nell’oscurità dei bottini, di tanto in tanto si imbattessero in inquietanti spiriti che li facevano scappare in preda al terrore. Pare che gli Omiccioli si limitassero a ballare freneticamente, mentre i Fuggisole scatenassero intensi lampi di luce nelle tenebre. Si tratta soltanto di leggende?
Samuele Corrente Naso
Note
- Il mito delle origini di Siena si sviluppò soltanto a patire dal XIII secolo e fu redatto in forma definitiva attraverso l’opera della famiglia Patrizi nel XV secolo: l’umanista Francesco scrisse il De originae et vetustate urbis Senae (BCSi, ms. B III 3), il vescovo Agostino il De antiquitate civitatis Senarum (Biblioteca Apostolica Vaticana Ms. Chig. G I 9). ↩︎
- M. Ascheri, Storia di Siena dalle origini ai giorni nostri, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2013. ↩︎
- Tabula Peutigeriana, sezione IV. ↩︎
- Tacito, Historiae, IV, 45. ↩︎
- L. Fusai, La storia di Siena dalle origini al 1559, Il Leccio, Siena 1987. ↩︎
- Itinerario di Sigerico, British Library di Londra, catalogato come MS Cotton Tiberius B. V, ff. 23v – 24r. ↩︎
- V. Lusini, Il Duomo di Siena, I, Siena 1911. ↩︎
- F. Schneider, Regestum senense. Regesten der Urkunden von Siena, I, Roma 1911. ↩︎
- E. Carli, Il Duomo di Siena, Siena, 1979. ↩︎
- AA.VV., Die Kirchen von Siena, vol. 3, Monaco, Deutscher Kunstverlag, 2006. ↩︎
- R. Cammilleri, Il quadrato magico. Un mistero che dura da duemila anni, Rizzoli, 2004. ↩︎
- Bruno Santi, Il pavimento del Duomo di Siena, Scala, Firenze 1982, ristampa 2001. ↩︎
- Ibidem nota 9. ↩︎
- Corpus Hermeticum, II-III secolo d.C. ↩︎
- Lattanzio, Divinae Institutiones, IV secolo. ↩︎
- R. Guerrini e M. Seidelgiche, Sotto il Duomo di Siena: scoperte archeologiche, architettoniche, figurative, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (MI), 2003. ↩︎
- D. Balestracci, I bottini, acquedotti medioevali senesi, 1987. ↩︎