La misteriosa scomparsa di Ettore Majorana

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“Sono nato a Catania il 5 agosto 1906. Ho seguito gli studi classici conseguendo la licenza liceale nel 1923; ho poi atteso regolarmente agli studi di ingegneria in Roma fino alla soglia dell’ultimo anno. Nel 1928, desiderando occuparmi di scienza pura, ho chiesto e ottenuto il passaggio alla facoltà di fisica e nel 1929 mi sono laureato in fisica teorica sotto la direzione di S.E. Enrico Fermi svolgendo la tesi: “La teoria quantistica dei nuclei radioattivi” e ottenendo i pieni voti e la lode. Negli anni successivi ho frequentato liberamente l’Istituto di Fisica di Roma seguendo il movimento scientifico e attendendo a ricerche teoriche di varia indole. Ininterrottamente mi sono giovato della guida sapiente e animatrice di S.E. il prof. Enrico Fermi1“.

L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, 1975

Il fisico Ettore Majorana

Così si presentò in un tratto autobiografico il fisico italiano Ettore Majorana, componente del brillante gruppo di scienziati noto come “i ragazzi di via Panisperna” facente capo al premio nobel 1938 Enrico Fermi. Il campo di ricerche dello studioso catanese era la meccanica quantistica: insieme ad Heisenberg sviluppò l’importante modello nucleare secondo cui protoni e neutroni interagiscono tra loro con forze di scambio. Majorana ebbe inoltre il merito di gettare le basi per la teoria dei sistemi quantistici aperti. Si occupò anche di spettroscopia atomica e della teoria del legame chimico. Nel campo delle particelle elementari teorizzò l’esistenza di particelle aventi spin arbitrario. In una qualche misura, infine, i suoi studi contribuirono alla scoperta dei neutroni lenti da parte del gruppo di via Panisperna. Si trattò del presupposto per il progetto americano “Manhattan” che qualche anno più tardi portò allo sviluppo della bomba atomica.

Un carattere introverso

Enrico Fermi ebbe a definirlo al pari di un genio puro “come Galileo e Newton”. Eppure Ettore Majorana aveva un carattere riservato e poco socievole, conduceva una vita quasi eremitica del tutto immersa nei suoi calcoli numerici. Il fisico catanese rifuggiva persino l’idea di condividere gli studi e le scoperte che andava sviluppando e solo grazie a una fervente opera di convincimento dei suoi colleghi, come Fermi ed Heisenberg, pubblicò nel corso della vita appena dieci articoli. Così lo descriveva Laura Fermi, scrittrice e moglie di Enrico:

Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell’andare in tram all’Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un’idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all’Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea“.

L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, 1975

Nel 1938, con gran sorpresa di tutti, decise di accettare una cattedra alla facoltà di fisica teorica dell’Università di Napoli e il 13 gennaio di quell’anno tenne la prima lezione. Appena pochi mesi dopo Ettore Majorana scomparve nel nulla. L’avvenimento sembrò da subito avvolto nel mistero più fitto e non vi fu modo di fare luce sulla vicenda. Ancora oggi numerose ipotesi sono al vaglio degli inquirenti e la scomparsa di Majorana è una questione aperta. 

Il mistero della scomparsa di Ettore Majorana

Il 25 marzo 1938 il fisico s’imbarcò su un piroscafo della compagnia Tirrenia a Napoli, in direzione di Palermo. Nulla faceva presagire quello che sarebbe poi accaduto. L’unico ad avere consapevolezza del forte disagio interiore che turbava Ettore Majorana fu Antonio Carrelli, direttore dell’Istituto di Fisica2. La mattina del giorno successivo, il 26 di marzo, questi riceveva uno telegramma dal collega. Majorana gli preannunciava l’arrivo di una missiva e soprattutto lo invitava a non preoccuparsi del suo contenuto. Dopo poche ore Carrelli ricevette effettivamente quella lettera, che recitava:

Napoli, 25 marzo 1938

Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi. Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo”

E. Recami, Il caso Majorana. Epistolario, documenti, testimonianze, 2011

Qualunque cosa dovesse accadere quella notte, non accadde. Il giorno successivo ancora Carrelli ricevette un’altra missiva, scritta su una carta intestata di un hotel di Palermo, il Grand Hotel Sole, a testimonianza che Majorana fosse giunto a destinazione:

Palermo, 26 marzo 1938

Caro Carrelli, spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli“.

E. Recami, Il caso Majorana. Epistolario, documenti, testimonianze, 2011

Ciò nondimeno, la mattina del 28 marzo Majorana non si presentò all’Istituto di Fisica. Fu questa la sua ultima lettera giacché da quel momento di lui non si ebbe più traccia, né vivo né morto.

Carrelli non mancò di avvisare subito la famiglia Majorana. Nella stanza d’albergo in cui soggiornava, a Napoli, fu trovato uno struggente messaggio:

Napoli, 25 marzo 1938

Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi”.

E. Recami, Il caso Majorana. Epistolario, documenti, testimonianze, 2011

Le ricerche iniziarono pressoché immediatamente, coordinate dal capo della Polizia Arturo Bocchini. Mussolini in persona sollecitò il ritrovamento del fisico catanese.

Le indagini: si trattò davvero di suicidio?

All’alba del 27 marzo un altro piroscafo della Tirrenia, che questa volta navigava in direzione inversa, attraccò al porto di Napoli. Si trattò di un viaggio di servizio come un altro, ma un docente dell’Università di Palermo, Vittorio Strazzeri, vi incontrò forse Ettore Majorana. Il professore dichiarò agli inquirenti di aver condiviso la cuccetta con un giovane molto somigliante al fisico catanese. È questa una testimonianza importante giacché in quel momento Majorana risultava già scomparso.

Le indagini si concentrarono sulla ricerca di un corpo in mare. Ma nulla fu ritrovato, tanto da spingere Bocchini a dubitare che si fosse trattato di un suicidio e ad affermare che “i morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire”. Oltretutto, le indagini permisero di scoprire che Majorana aveva prelevato una grande quantità di denaro, circa cinque stipendi arretrati, e aveva probabilmente con sé il passaporto internazionale, documento che non venne più ritrovato3. Un marinaio, inoltre, raccontò di aver avvistato lo studioso in prossimità dell’approdo. La società Tirrenia, secondo alcune fonti mai confermate, sarebbe stata in possesso di un biglietto che ne attestava lo sbarco.

Le ipotesi sulla scomparsa di Ettore Majorana

Ettore Majorana si suicidò realmente, come le lettere inviate all’amico Carelli potrebbero far pensare? O piuttosto preferì scomparire, intuendo le devastanti conseguenze dei suoi studi, che da lì a qualche anno avrebbero portato alla costruzione della bomba atomica? In fondo, negli anni precedenti alla scomparsa andava affermando che “la fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata4

Se Majorana non si era suicidato in mare, si pensò che avesse potuto trovare alloggio in qualche convento della zona di Napoli dopo lo sbarco. In gioventù aveva infatti frequentato l’ordine dei Gesuiti. Leonardo Sciascia riporta a tal proposito la risposta del padre guardiano del convento San Pasquale di Portici, alla domanda su dove potesse essere nascosto il fisico catanese: “Perché volete sapere dov’è? L’importante è che egli sia felice“. Lo stesso Sciascia, tuttavia, non credeva che Majorana si fosse mai imbarcato sul battello della Tirrenia per Napoli, rimanendo a Palermo:

Secondo gli accertamenti della polizia, la sera dello stesso giorno, alle sette, Maiorana si imbarcò sul postale per Napoli; e a Napoli sbarcò l’indomani, alle 5.45. Ma noi abbiamo qualche dubbio: e non nell’ipotesi che si sia gettato in mare nel viaggio di ritorno, ma nell’ipotesi che non sia salito sul piroscafo la sera del 26, a Palermo”.

L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, 1975

Secondo lo scrittore Majorana si rinchiuse nella certosa di Serra San Bruno in Calabria, forse per curarsi da un male o ritirarsi dalla vita sociale in seguito a una crisi di fede. Curiosamente, quando papa Giovanni Paolo II nel 1984 si recò in visita in quel luogo citò Majorana tra coloro che vi soggiornarono5

Le altre ipotesi

Un’altra ipotesi vedrebbe Ettore Majorana emigrato in Germania, per mettersi al servizio del Terzo Reich, e quindi in Argentina dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Più recente è invece la pista che porta in Venezuela6 . In seguito a un’inchiesta della trasmissione “Chi l’ha Visto?” nel 2008 è stato aperto un fascicolo presso la Procura della Repubblica di Roma. Majorana sarebbe stato riconosciuto grazie alla testimonianza di Francesco Fasani, un emigrato che faceva il meccanico a Caracas. Majorana avrebbe vissuto lì sotto il falso nome di Bini negli anni Cinquanta. A sostegno di ciò vi sarebbero una comparazione fotografica e la copia di una cartolina ritrovata da Fasani nell’autovettura di quegli mentre effettuava delle riparazioni. La missiva sarebbe stata spedita negli anni Venti dallo zio di Majorana, Quirino, per discutere di problemi di fisica. La Procura della Repubblica ha chiesto l’archiviazione del caso nel 2015 stabilendo che Majorana si fosse “trasferito volontariamente all’estero permanendo in Venezuela almeno nel periodo tra il 1955 e il 1959”.

Un mistero ancora senza soluzione definitiva

Non tutti hanno concordato con le conclusioni d tali indagini, basate su fragili prove indiriziarie. Il caso della scomparsa di Ettore Majorana rappresenta ancora oggi un rompicapo di difficile soluzione, dove tutto pare possibile e nulla è scontato. Gli avvenimenti, le modalità, i contorni del mistero sono sintomatici della personalità del fisico, persino degli studi che egli stesso effettuava e di cui temeva le future conseguenze per l’umanità. Non resta che concludere con le parole di Enrico Fermi, le quali hanno il potere di racchiudere e riassumere l’intera vicenda:

Con la sua intelligenza, una volta che avesse deciso di scomparire o di far scomparire il suo cadavere, Majorana ci sarebbe certo riuscito. Majorana aveva quello che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso“. 

Samuele Corrente Naso

Note

  1. L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, Milano, Adelphi, 1997. ↩︎
  2. E. Recami, Il caso Majorana. Epistolario, documenti, testimonianze, Di Renzo Editore, Roma, 2011. ↩︎
  3. Tutti i documenti delle indagini sono oggi conservati a Roma presso l’Archivio Centrale dello Stato, Serie PS-1939-A1, busta 51. ↩︎
  4. Ibidem nota 1. ↩︎
  5. Ibidem nota 1. ↩︎
  6. Ibidem nota 2. ↩︎

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