La Porta Alchemica e la perduta Villa Palombara

in , aggiornato il

Lungo le vie di Roma coesistono due anime, giacché al passato storico, sì manifesto e imponente, se ne contrappone un’altra più nascosta, intima. È la dimensione legata all’occultismo e agli antichi rituali alchemici del XVII secolo, la cui memoria è per molti perduta nel tempo, eppure ancora vivida e presente si rivela a chi sa dove guardare. Sparsi per il borgo resistono ancora sparute vestigia di questo passato misterioso, come la Porta Alchemica, vero manifesto delle conoscenze esoteriche dell’Urbe.

Porta Alchemica
I giardini di Piazza Vittorio e la Porta Alchemica

La Porta Alchemica

All’interno dei Giardini di Piazza Vittorio Emanuele II è possibile imbattersi in una strana costruzione: sopra una parete, che nulla sostiene né separa, sono addossati degli stipiti e un architrave in pietra bianca, sormontati da un tondo in marmo di Carrara. Ma il portale è murato, non conduce in luogo alcuno e la soglia, che non può essere traversata, è custodita da sculture di naneschi vegliardi. Decine sono le incisioni che ornano il manufatto, esoterici motti in latino e simbologie arcane: la Porta Alchemica di Roma, monumento nascosto, quasi separato dal piano della realtà fisica in cui si trova, dava accesso a un laboratorio in cui si praticava l’alchimia.

La composizione attuale del portale risale al 1888: sappiamo che soltanto allora venne collocata quella cornice squadrata, in pietra calcarea d’Appennino, lungo una parete in tufo. Furono quindi aggiunte due statue raffiguranti il dio egizio Bes, rinvenute nei giardini del Quirinale dove sorgeva nell’antichità un tempio dedicato a Serapide. E non a caso: Al Kemet, da cui l’etimo di alchimia, era per gli antichi Egizi il terriccio fertile e nerastro che il Nilo rilascia durante le piene, simbolo di rinascita e trasformazione. Ma dove si trovava in origine la Porta Alchemica? E chi la realizzò?

La Porta Alchemica
La Porta Alchemica di Villa Palombara

Il marchese Massimiliano Savelli Palombara

In principio, invero, il manufatto non era troppo distante dall’attuale collocazione. La Porta Alchemica si trovava all’interno della famosa “Villa Palombara” dell’Esquilino, proprietà e luogo d’otium del Marchese di Pietraforte, Massimiliano Savelli Palombara (1614-1685). Il nobile era un appassionato di occultismo: frequentava il cenacolo ermetico che la regina Cristina di Svezia aveva voluto a Roma, e si riteneva erede della tradizione rosacrociana1. Palombara aveva ereditato la Villa sull’Esquilino dal padre Oddo V, ma l’aveva fatta modificare in accordo a dei criteri rituali, iniziatici. Ad esempio, ordinò l’apertura di cinque porte e presso ognuna di esse fece incidere simboli esoterici.

Il marchese Palombara non mancò di mettere per iscritto le sue idee, e nei suoi testi è possibile rintracciare la stessa dottrina ermetica che fu ispiratrice della Villa. Così nella Bugia egli alludeva alla menzogna e parimenti all’oggetto che regge la candela, quindi la luce che illumina e disvela la verità2. Villa Palombara fu dunque concepita come una grande raffigurazione dell’Opera Alchemica, cammino di iniziazione per raggiungere la Pietra Filosofale. V’era infatti la credenza che, attraverso procedimenti alchemici, fosse possibile trasmutare qualsiasi metallo in oro, ottenere l’immortalità e raggiungere l’onniscenza, ossia poter discernere il bene dal male in ogni momento. L’accesso alla Villa, pertanto, era consentito solo a chi intendeva intraprendere il cammino iniziatico con cuore puro; e dovevano tenersi a distanza i profani, accecati dalla bramosia del potere e dei beni materiali.

La misteriosa Villa Palombara

Purtroppo oggi non è più possibile osservare Villa Palombara com’era: l’edificio è stato demolito nel 1883 per far posto alle abitazioni rionali. Ciò che di essa conosciamo è per merito di Francesco Girolamo Cancellieri (1751-1826), che trascrisse il testo delle incisioni originali3 nelle Dissertazioni epistolari di G. B. Visconti e Filippo Waquier de la Barthe. L’autore attesta come, agli inizi dell’Ottocento, la Porta fosse già stata traslata presso il muro di cinta della Villa, dinanzi la Chiesa di Sant’Eusebio. Ma in origine essa costituiva l’ingresso del laboratorio personale del Marchese, luogo ctonio dove si svolgevano gli esperimenti alchemici e dove transitavano importanti personalità dell’epoca legate all’occultismo, come Athanasius Kircher e Giuseppe Francesco Borri. Un’iscrizione, ch’era situata su un arco, permetteva invece di collocare la data di realizzazione del progetto alchemico di Palombara al 16804.

La Porta Alchemica come si presentava a Villa Palombara in un’incisione di M. di Pietro, contenuta nelle Dissertazioni del Cancellieri del 1806

L’iscrizione di benvenuto di Villa Palombara

Il saluto di benvenuto della Villa apposto su uno dei muri di cinta, che il Cancellieri riporta fedelmente nelle Dissertazioni5, invitava a disporsi nello spirito giusto per intraprendere il cammino iniziatico:

“In questa villa, rugiada di cielo, dai campi arati e dalle acque correnti, la terra dissodata dà frutto, mentre per il salnitro e per il sole s’alza il fumo del letame sparso. Questo bosco, di poca entità, immutabile conserva sempre l’aspetto, mentre sono nati spontaneamente viti, peri e frutti schietti. E vi è un lago, vicino al bosco, dove non il lupo, ma la lepre gioca spesso; e non lede le pecore miti e gli uccelli; il cane custode fra gli agnelli innocenti mette in fuga le fiere, e soltanto l’aria di questa campagna è mezzo di guarigione per il malato, e riempe di verdure le vie della città. I solchi coltivati danno coppe di vino, per la sete”.

“Hoc in Rure, Coeli Rore, fusis Aequis, Physis Aquis, Solum fractum, reddit fructum, dumcum Sale Nitri, Ac Sole, surgunt Fumi sparsi fimi. Istud Nemus, parvus Numus tenet forma sempre firma, dum sunt ortae sine arte Vites, pyra, et Poma pura. Habens Lacum, prope Lucum, ubi Lupus non, sed Lepus saepe ludit; dum non laedit mites Oves, atqua Aves; Canis Custos inter castos agnos Feras mittit foras, et est aegri huius Agri Aer solus vera salus, replens herbis vias Urbis. Sulci sati dant pro siti Scyphos Vini”.

Entra uomo sincero

E ancora, l’iscrizione proseguiva:

“Entra, uomo sincero. Fuori Venere. A voi, ladri, chiudo le porte. Bevi lieto, a profusione, vino sincero, secondo il costume di Bacco. Tra le uve, se tu vuoi, esulta, e prendi liberamente tutto ciò che desideri. A te preparo, con cuore schietto, qualunque cosa tu voglia chiedermi. Qui le chiare api forniscono in abbondanza dolce miele, sempre morbido. Salve a te, che qui piangi nell’ombra della selva. Se leggi ora questi segni stando qui l’estate mista alla primavera; mai piangeresti con la fronte mesta, se restassi tra i fiori, né gronderesti di lacrime, mentre qui soffiano le brezze, donde le anime malinconiche sperano fra i monti, fra i colli, fra i sentieri, e nella vallata di questa villa, dove una palizzata recinge le pecore. Ti faccio buon augurio, così sia per sempre. Ma tu, appena lo potrai, scrivi qui, su questa porta, generata dal fango – perché le pietre nascono dalla putrefazione – che il tempo sorride, ma in breve tempo distrugge ogni cosa”.

“Intro veni, Vir non vanus. Extra Venus. Vobis, Fures claudo Fores Labe lotus, bibas laetus Meri Mare, Bacchi more.Inter Uvas, si vis, ovas, et quod cupis, gratis capis. Tibi paro, corde puro, quicquid putas, a me petas. Dant hic Apes claras opes dulcis mellis. semper mollis. Hic in Sylvae umbra salve Tu,qui luges. Nunc si leges notas istas, stans hic Aestas, vere mista; fronte moesta nunquamfleres, inter flores si maneres, nec manares inter fletus, dum hic platus aure spirant, undesperant mestae mentes inter Montes, inter Colles, inter Calles et in Valle huius Villae, ubi Vallus Claudit Vellus Bonum Omen; sempre Amen. Etiam Petrae dum a putre surgunt Patre, ita notas hic vix natus, in hac Porta, Luto parta, tempus ridet, brevi rodet”.

Raffigurazione delle tre fasi della Magnum Opus, Georges Aurach, Pretiosissimum Donum Dei, 1415

Le altre iscrizioni di Villa Palombara

Si riporta qui, per completezza, il testo delle altre iscrizioni che Massimiliano Savelli Palombara aveva fatto apporre nella sua Villa6. Sul portone d’ingresso, ad esempio, v’era la scritta:

“Oltrepassando la porta di questa villa, lo scopritore Giasone ottiene il vello di Medea. 1680”.

“Villae ianuam tranando recludens iason obtinet locuples vellus medeae. 1680”.

È interessante notare il riferimento al mitico Giasone, eroe che conquista il Vello d’oro durante l’impresa degli Argonauti. Tale analogia ricorre spesso nell’opera letteraria del marchese Palombara e, come vedremo, anche sulla Porta Alchemica. Ad esempio, nella Bugia, egli scrive “se sarai costante, paziente e prudente, conforme deve essere un vero filosofo, resterai certo vincitore con prerogativa particolare fra tanta infinità di mortali qual novello Giasone”. Il Vello d’oro è chiaramente metafora della pietra filosofale, unico bene che l’alchimista è chiamato a ricercare nel corso della vita. Le lettere iniziali della frase impressa sul portone iniziale componevano infatti l’acrostico ermetico VITRIOLUM, ossia Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam, che può essere tradotto come: “Visita l’interno della Terra e operando con rettitudine troverai la pietra nascosta, vera medicina”.

Con il medesimo sguardo, volto alla ricerca alchemica, possono essere lette anche tutte le altre iscrizioni che un tempo ornavano Villa Palombara:

1) “L’acqua dalla quale gli orti sono irrigati non è l’acqua dalla quale sono alimentati”.

“Aqua a qua horti irrigantur non est aqua a qua hort aluntur”.

2) “Resta tranquillo con il solo sale e con il sole”.

“Cum solo sale et sole sile.”

3) “La pietra filosofale non è data ai lupi”.

“Sophorum lapis non datur lupis”.

4) “Colui che rivela gli arcani della natura al potente desidera la morte”.

“Qui potenti naturae arcana revelat mortem quaerit”.

5) “Oggi con il denaro si può comprare una nobiltà illegittima, ma non la legittima sapienza”.

“Hodie pecunia emitur spuria nobiltas sed non legitima sapientia”.

Il marchese Palombara e la leggenda dell’avvenuta trasmutazione

Una leggenda, riportata dal Cancellieri nelle Dissertazioni, racconta che un “pellegrino” fu ospitato a Villa Palombara per una notte. Poté allora addentrarsi nei giardini della residenza, giacché stava cercando un’erba necessaria per produrre l’oro. Quando il mattino seguente il pellegrino abbandonò la Villa, lasciò dietro di se una scia di pagliuzze d’oro, segno che la trasmutazione alchemica fosse riuscita! Inoltre, consegnò al marchese Palombara delle carte, piene di enigmi e simboli magici, che contenevano i segreti della pietra filosofale. Il marchese avrebbe quindi deciso di far incidere sulle porte della Villa quei segni, a memoria di quanto accaduto. Pietro Bornia identificò il pellegrino con l’alchimista Giuseppe Francesco Borri7, ma questi si trovava a quel tempo rinchiuso in una cella poiché era stato condannato dalla Santa Inquisizione Romana.

La Porta Alchemica e il manoscritto Voynich

Secondo alcune congetture, le carte che il pellegrino consegnò al Marchese farebbero addirittura parte del manoscritto Voynich, un codice illustrato del XV secolo conosciuto per la bizzarria del suo contenuto, e tutt’oggi indecifrato. Il volume si compone di quattro sezioni in duecentoquattro pagine, le quali contengono raffigurazioni di botanica, astronomia, biologia e farmacologia, ma soprattutto sono scritte in un linguaggio incomprensibile, forse criptato. Inoltre, ci si può imbattere in immagini di piante e vegetali sconosciuti, di inquietanti umanoidi senza vestiti. Ben si comprende la fama del manoscritto Voynich, che viene considerato a buon ragione il “libro più misterioso del Mondo”, come lo definì il docente di filosofia medioevale Robert Brumbaugh8.

Due pagine del misterioso manoscritto Voynich

Le origini del manoscritto Voynich e Athanasius Kircher

Il nome del manoscritto si deve a Wilfrid Voynich, che lo trovò all’interno del collegio gesuita di Villa Mondragone, a Frascati. All’interno del volume fu rinvenuta una lettera del rettore dell’Università di Praga, Johannes Marcus Marci, indirizzata all’amico Athanasius Kircher. L’accademico aveva inviato il manoscritto a Kircher nella speranza che potesse decifrarlo, poiché questi aveva fama di essere un esperto di esoterismo e delle scienze alchemiche. Non a caso, lo stesso  Kircher fu il maestro dell’alchimista Giuseppe Francesco Borri, proprio colui che la leggenda ricollega alla Porta Alchemica di Roma.

È possibile dunque che Athanasius Kircher avesse lasciato in eredità il prezioso manoscritto Voynich al suo più fidato discepolo Francesco Borri? Quali segreti contiene l’indecifrabile volume? Segreti, forse, che avrebbero permesso a Borri di trasmutare il vile metallo in oro.

Il simbolismo della Porta Alchemica

I simboli incisi sulla porta sopravvissuta di Villa Palombara appartengono alla ricca tradizione esoterica del XVII secolo, di cui ci è pervenuta testimonianza storiografica. Un sigillo di Salomone è quindi circoscritto entro un disco litico, il quale sovrasta l’architrave del portale e reca il motto:

“Tria sunt mirabilia deus et homo mater et virgo trinus et unus”.

“Tre son le cose mirabili: Dio e uomo, Madre e vergine, trino e uno”.

Si tratta di un riferimento ai principi dell’Opera Alchemica, ossia spirito, anima e corpo, a cui rimandano le tre fasi principali del processo di trasmutazione: nigredo, albedo, rubedo.

La stella a sei punte del sigillo è intersecata da una raffigurazione solare in basso, oculus alchemico che simboleggia l’oro, e da cui diparte una croce rivolta verso il cielo. Lungo la circonferenza dell’oculus si può leggere:

“Centrum in trigoni centri”.

“Il centro è nel triangolo centrale”.

Il marchese Palombara dovette certamente reperire questa simbologia dai testi dell’alchimista tedesco Adrian von Mynsicht (1603-1638), che aveva pubblicato il trattato rosacrociano Aureum Seculum Redivivum sotto lo pseudonimo di Henricus Madatanus9. Ebbene, proprio sul frontespizio di tale volume, in una stampa postuma del 1677, era disegnato l’esagramma poi riprodotto nella Porta Alchemica.

La cornice del portale regge una vasta allegoria di simboli alchemici, ripresa di certo dal Chymica vannusCommentatio de pharmaco catholico di Johannes de Monte-Snyder (1655)10. In particolare, si susseguono sette segni di pianeti associati ai corrispondenti metalli: Saturno-piombo; Giove-stagno; Marte-ferro; Venere-rame; Mercurio-mercurio; Solo-oro; Luna-argento. Ogni simbolo è associato a un breve motto ermetico che indicava le operazioni da svolgere durante il processo alchemico. I segni vanno quindi letti secondo un andamento bustrofedico.

I motti sugli stipiti della Porta Alchemica

Così per Saturno la Porta Alchemica rivela:

“Quando nella tua casa neri corvi partoriranno bianche colombe, allora sarai chiamato sapiente”.

“Quando in tua domo nigri corvi parturient albas columbas tunic vocaberis sapiens”.

È questo un riferimento alla nigredo, prima fase dell’Opera Alchemica. Di Giove si dice invece:

“Il diametro della sfera, il tau del circolo, la croce del globo non giovano alle persone cieche”.

“Diameter spherae thau circuli crux orbis non orbis prosunt”.

Epigrafe in cui si fa riferimento al salnitro, il diametro della sfera, al Vitriolum, qui tau del cerchio, e infine all’antimonio, ossia la croce del globo. Per intraprendere il cammino alchemico non si può essere ciechi, bisogna possedere la conoscenza di cui è simbolo Giove. A Marte la Porta Alchemica associa l’iscrizione:

“Chi sa bruciare con l’acqua e lavare col fuoco, fa della terra cielo e del cielo terra preziosa”.

“Qui scit comburere aqua et lavare igne facit de terra caelum et de caelo terram pretiosam”.

Come si può bruciare con l’acqua e lavare con il fuoco? Bisogna leggere questo paradosso in termini allegorici: l’anima dell’uomo deve essere limpida come l’acqua e leggera come il cielo, e ciò è possibile soltanto passando attraverso la fiamma purificatrice del fuoco spirituale. In termini pratici ciò si traduceva nell’unione materiale tra zolfo e mercurio. Ancora a questo processo di elevazione dell’anima si riferisce l’iscrizione associata a Venere:

“Se avrai fatto volare la terra al di sopra della tua testa con le sue penne tramuterai in pietra le acque dei torrenti”.

“Si feceris volare terram super caput tuum eius pennis aquas torrentium convertes in petram”.

Si dice quindi di Mercurio:

“Azoto e Fuoco: sbiancando Latona, verrà Diana senza veste”.

“Azot et Ignis dealbando latonam veniet sine veste diana”.

Latona era la dea del progresso e della trasformazione; Diana va qui intesa come immagine della luce, come vuole l’etimologia dal protoindoeuropeo dyeu, ossia “luminoso”. Viene invocata l’immagine della risurrezione per il sole, che ogni sera tramonta e poi ritorno al mattino:

“Nostro figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto”.

“Filius noster mortuus vivit rex ab igne redit et coniugio gaudet occulto”.

L’alchimista è chiamato a rinascere come uomo nuovo e sperimentare la pienezza della conoscenza.

La soglia della Porta Alchemica

Sulla soglia la Porta Alchemica esorta colui che ha trovato la pietra filosofale a mettere tale conoscenza al servizio di tutti, a non tenerla soltanto per sé:

“È opera occulta della vera persona saggia aprire la terra, affinché faccia germogliare la salvezza per il popolo”.

“Est opus occultum veri sophi aperire terram ut germinet salutem pro populo”.

E soprattutto v’è qui il motto palindromo che più esorta a perseverare nella ricerca alchemica:

“Se siedi non vai” oppure “Se non siedi vai” invertendo la direzione di lettura.

“Si sedes non is”.

Lo Spirito divino

Tutta la natura e l’Universo obbediscono allo Spirito di Dio, qui evocato presso l’architrave attraverso la dicitura ebraica רוח אלהים, Ruach Elohim. La Porta Alchemica rappresenta dunque la soglia che l’uomo deve attraversare per raggiungere l’illuminazione divina, la gnosi spirituale che possa elevarlo a uno stadio di conoscenza superiore, non senza fatica.

Porta Alchemica
Porzione superiore della Porta Alchemica11

Tale concetto è richiamato ancora una volta per mezzo della figura di Giasone, che nel mito deve addormentare un drago per raggiungere il Vello d’oro:

“Il drago Esperio custodisce l’ingresso del magico giardino, e senza Ercole Giasone non potrebbe gustare le delizie della Colchide”.

“Horti magici ingressum Hesperius custodit draco et sine Alcide colchicas delicias non gustasset Iason” .

La pietra filosofale come percorso interiore dell’uomo

La Porta Alchemica di Roma, come si evince dalla simbologia e dalle epigrafi incise su di essa, è un’allegoria del principio “solve et coagula”, tanto caro agli ermetisti del XVII secolo. Tale era il logos fondante della trasformazione spirituale dell’uomo, esplicato attraverso i passaggi tra differenti stadi della materia (piombo, argento, mercurio etc.). “Sciogliere e riunire”: trasmutare il piombo nel più nobile oro voleva significare disgregare l’uomo vecchio per accedere alla vera essenza del proprio io, percorso difficoltoso riservato ai soli iniziati (È opera occulta della vera persona saggia) e non adatto ai profani ([…] la croce del globo non giovano alle persone cieche).

La Porta Alchemica raffigurava dunque la soglia che l’iniziato doveva oltrepassare per accedere al cammino, essa era metafora della volontà interiore che lo spingeva al perfezionamento (Se siedi non vai). Tale trasmutazione interiore si esplicava attraverso il solve della materia più elementare (chiamata anche sale) e, man mano che si eliminavano le impurità, terminava con il raggiungimento dello stadio di purezza più alto, la Pietra Filosofale. Questo era lo stadio della conoscenza più profonda, di colui che morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto.

Samuele Corrente Naso

Mappa dei luoghi

Note

  1. M. F. Iovine, Massimiliano Palombara filosofo incognito. Appunti per una biografia di un alchimista rosacrociano del XVII secolo, La Lepre Edizioni, 2016. ↩︎
  2. M. Savelli Palombara, La Bugia. Rime del Marchese Massimiliano Palombara, MDCLX; nel Codice Reginense Lat. 1521 conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana. ↩︎
  3. F. Cancellieri, E. Q. Visconti, Dissertazioni epistolari di G. B. Visconti e Filippo Waquier de la Barthe sopra la statua del discobolo scoperta nella Villa Palombara, Fulgoni, 1806. ↩︎
  4. C. Lucarini, La porta magica di Roma: Le epigrafi svelate, Edizioni Nuova Cultura, 2017. ↩︎
  5. P. Bornia, La Porta Magica di Roma, Studio storico, Luce e Ombra, 1915. ↩︎
  6. Ibidem nota 3. ↩︎
  7. Ibidem nota 5. ↩︎
  8. R. Brumbaugh, The World’s Most Mysterious Manuscript, Londra, Weidenfeld & Nicolson, 1977 ↩︎
  9. Ibidem nota 4. ↩︎
  10. Iohnannes de Monte-Snyder, Chymica vannus-Commentatio de pharmaco catholico, Amsterdam, Apud Joannem Janssonium à Waesberge & Elizeum Weyerstraet, 1666. ↩︎
  11. [Fig. 1] Foto di Sailko – Opera propria, CC BY 2.5., immagine. ↩︎

Autore

Avatar Samuele
error: Eh no!