Verona, attraverso le sue popolate vie, il cielo nebuloso e persino le fredde acque del fiume Adige, rammenta forse la tragedia d’amore più cantata degli ultimi secoli: due giovani che preferirono il sentimento agli egoismi, ai dissidi familiari, una scelta che pagarono con la morte. È l’amore sanguinoso di Romeo e Giulietta, come vuole la commedia del poeta William Shakespeare. Verona, altresì, è la città dell’Arena, maestoso anfiteatro che si estende imperioso a lato della piazza Bra, ma pure dei numerosi ponti che collegano le sponde dell’Adige. Fra essi, i più noti sono il ponte delle Navi, il ponte di Pietra ed il ponte Scaligero, meglio noto come Ponte di Castelvecchio.


Cenni storici
Dalla preistoria all’età classica
E’ possibile che l’area di urbanizzazione dell’attuale città di Verona vide i primi insediamenti sin dall’età preistorica, grazie alla posizione strategica tra la Pianura Padana e la Valle dell’Adige. In quei luoghi, infatti, si snodava l’antica via del sale e dell’ambra, che conduceva sino in Germania. La leggenda vuole che i Paleoveneti avessero origini addirittura troiane. Difatti, si narra che Antenore e gli Eneti, sopravvissuti alla distruzione della loro città, Troia, trovarono rifugio nell’Alto Adriatico cacciando gli Euganei, i quali popolavano il territorio in tempi antecedenti. Lo stesso Plinio il Vecchio, citando Catone, scrive nel suo Naturalis Historia “Venetos Troiana stirpe ortos”, conferendo valore al mito delle origini della città veneta.
Che si tratti di mito o realtà, è altresì vero che il Veneto fu terra di passaggio, di scambi, di accoglienza e di commistione di civiltà. A partire dal III secolo a.C. Verona iniziò a intrattenere i primi rapporti commerciali con Roma, con la quale alcuni storici ritengono si fosse instaurata una amicitia: un rapporto di neutralità che in taluni casi poteva sfociare in alleanza.

Progressivamente i rapporti tra le città s’intensificarono, tanto che le mura del castrum furono estese per volontà dei Romani, mentre l’importanza commerciale del centro veneto cresceva sempre di più. Verona visse un periodo di grande splendore e ricchezza in concomitanza con l’età augustea, durante la quale furono costruite nuove vie di comunicazione, nonché la famosa Arena (I secolo d.C) e la porta Borsari.

Nel II secolo la città perse il suo ruolo di primaria importanza, divenendo teatro delle guerre civili romane.
Età paleocristiana e bizantina
Tre secoli più tardi, dopo un periodo di relativa tranquillità, durante la quale vi fu una lenta conversione verso il Cristianesimo, Verona fu invasa dai Goti di Odoacre. Questi permise alla città di divenire un centro militare di primaria importanza. Tuttavia, pochi anni dopo, essa dovette capitolare in favore di Teodorico il Grande, che detenne il potere della città a partire dal 493 d.C. In seguito al dominio bizantino, longobardo e carolingio, il dominio fu acquisito dalla famiglia dei Della Scala, che regnò per ben 100 anni.

Dal Medioevo ai nostri giorni
Fu soprattutto con Cangrande della Scala (XIV secolo) che Verona visse un periodo di grande ricchezza ed espansione, giungendo ad ospitare persino Dante Alighieri durante il suo esilio. Per tale ragione, il sommo poeta dedicò alla città una menzione d’onore nella sua Commedia (canto XVII del Paradiso).

Dopo la morte improvvisa e prematura di Cangrande la Signoria scaligera iniziò una lenta decadenza che culminò con la perdita della città.. Essa dovette essere governata dapprima dalla famiglia dei Visconti (1388) e poi dai dogi veneziani (inizi del XV secolo).


Verona romana
Una leggenda medievale narra che un gentiluomo veronese, condannato a morte, volle provarle tutte pur di salvarsi. Quindi, promise ai capi della città che avrebbe costruito un edificio tanto grande da essere in grado di ospitare tutti gli abitanti di Verona. Per mantenere la sua promessa, tuttavia, dovette fare un patto con il demonio! Quest’ultimo si sarebbe servito di tutti i diavoli dell’Inferno per edificare un’imponente costruzione in cambio della sua anima. Il malcapitato gentiluomo, pentitosi, pregò la Madonna affinché gli concedesse la grazia, facendo sorgere il sole due ore prima. Il monumento pertanto non sarebbe mai stato finito; questa è la spiegazione che, durante il Medioevo, i Veronesi raccontavano sull’incompiutezza dell’opera più maestosa della città: l’Arena. Anche a quell’epoca, infatti, spiccava l’Ala dell’edificio, parte del terzo anello dell’anfiteatro semidistrutto.
In realtà il monumento, di epoca romana, fu completato nel I secolo d.C e solo successivamente andò rimaneggiato a seguito del terremoto del XII secolo d.C.



L’Arena di Verona
L’Arena, costruita in blocchi di marmo veronese, fu il terzo anfiteatro romano per grandezza dopo il Colosseo a Roma e l’anfiteatro a Capua. Si ritiene che essa avesse principalmente funzione ludica, come attesta Plinio il Giovane, il quale descrive uno spettacolo di gladiatori. Al suo interno è caratterizzata per la presenza di un ampio palcoscenico, le cui dimensioni sono più ridotte rispetto a quelle originarie. Particolare è anche il perimetro della platea, in cui ogni piano presenta ben 72 arcate. Una serie di iscrizioni funerarie, sparse per la città di Verona, ricordano i combattenti morti durante i combattimenti ma pure i numerosi eretici che vi furono arsi al rogo durante la signoria Scaligera.

Porta Borsari
Un altro monumento, impronta della dominazione romana, è la porta Borsari. Essa fu eretta nel I secolo d.C. su un’area che, secondo quanto riportato dagli studiosi, ospitava dapprima una porta ancora più antica. Limitare d’ingresso della città, a quel tempo punto d’incrocio tra le quattro strade consolari (via Gallica, via Claudia Augusta, vicum Veronensium e via Postumia), fu costruita con blocchi di pietra calcarea bianca locale.

Inizialmente fu denominata Porta Iovia, grazie alla vicinanza al tempietto di Giove Lustrale, di cui è tutt’oggi possibile ammirare alcuni resti nell’area circostante. In origine la porta presentava due fronti, uno in direzione del foro (l’attuale piazza delle Erbe) e l’altro verso l’agro.




La porta presentava probabilmente un cortile centrale, con strutture murarie che univano i due fronti. Di questi ultimi è attualmente possibile ammirare alcuni basamenti nel vicino palazzo Serenelli-Benciolini, incastonati in strutture moderne. Fra questi frammenti emerge una lapide in marmo locale che corrisponde al magico Quadrato del Sator.
La facciata decorativa verso l’agro è caratterizzata da due costruzioni con archi a tutto sesto, ognuna inquadrata da semicolonne con capitelli corinzi, che sorreggono la trabeazione e il frontone. Al di sopra si articolano due livelli con dodici finestre arcuate, alcune delle quali inserite in piccole edicole con frontone triangolare. Sull’architrave sovrastante vi è un’incisione, fatta apporre dall’imperatore Gallieno nel 265 d.C., per celebrare le opere di ampliamento e ripristino della cinta muraria.

Si suppone, inoltre, che ai fianchi della porta fossero situate delle torri di guardia e dei passaggi di ronda che univano i due fronti, in modo da tenere sotto controllo i passaggi in entrata e in uscita dalla città.
La Porta dei Leoni
Di notevole rilevanza è anche la Porta dei Leoni, la quale collegava anticamente il Cardo Maximus con la via Hostilia. Costruita in epoca repubblicana per volontà dei quattroviri “P. VALERIVS/Q. CAECILIVS/Q. SER- VILIVS/P. CORNELIVS”, i cui nomi sono iscritti nel pennacchio tra i due fornici, deve il suo nome alla vicinanza ad un vicino sarcofago romano in pietra con due leoni sdraiati l’uno di fianco all’altro.
Essa costituiva la facciata di un edificio alto circa tredici metri, con pianta quadrata e corte interna, doppi fornici sulle facciate e gallerie nei piani superiori. Infine, due torri cilindriche ai lati fiancheggiavano la porta, annettendosi alle mura su cui si aprivano numerose finestre. Oggi, invece, è possibile osservare solo una parte della porta, caratterizzata da semicolonne doriche con capitello corinzio che inquadrano l’unico fornice, sormontato da finestre centinate e riquadrate e, ancora più in alto, da ciò che rimane di un’esedra affiancata da colonnine tortili.

Verona medioevale
La Chiesa di San Zeno
La Chiesa di San Zeno, a croce latina, costituisce uno dei principali capolavori del romanico in Italia. Dedicata al santo di origini africane Zeno, vissuto nel IV secolo d.C, al quale vengono attribuiti numerosi miracoli e la conversione al cristianesimo delle popolazioni venete.

La facciata
L’esterno dell’edificio presenta una facciata in tufo e marmo, caratterizzata da un ampio rosone circolare che domina la parte superiore. Opera del maestro Brioloto de Balneo, esso è decorato da sei statue che raffigurano Dio in trono (in cima) oppure personificano varie condizioni umane: si tratta della raffigurazione allegorica della ruota della fortuna medioevale, a dodici raggi. Dall’esterno la ruota si chiude in quattro cerchi in marmi bianchi, azzurri e tufo, mentre sul secondo cerchio esterno si ergono in altorilievo altre statue.

Il richiamo alla fortuna viene inoltre sancito dalla presenza di una scritta in latino, a livello dello stesso rosone. Essa recita: “En ego fortuna moderor mortalibus una, Elevo, depono, bona cunctis vel mala dono Induo nudatos, denudo veste paratos. In me confidit si quis, derisus abibit”, ovvero “Ecco, solo io Fortuna, governo i mortali; elevo, depongo, dono a tutti i beni ed i mali; vesto chi è nudo, spoglio chi è vestito. Se qualcuno confida in me, se ne andrà deriso”.
Il protiro della facciata
Sotto il rosone è situato il protiro del maestro Niccolò, sostenuto da colonne che poggiano su leoni stilofori. Al modo di possenti guardiani della chiesa essi impediscono l’ingresso delle anime immeritevoli. Il protiro è inoltre arricchito con decorazioni scultoree che rappresentano figure di mesi, profeti e piante. La copertura poggia su due telamoni rannicchiati, sui quali sono scolpiti bassorilievi raffiguranti san Giovanni Battista e san Giovanni Evangelista. Sull’arco, invece, vi è la raffigurazione dell’Agnus Dei. Una scritta in latino recita: “La destra di Dio benedica le genti che entrano per chiedere cose sante”.
Presso la lunetta san Zeno consegna un vessillo ai veronesi, il quale reca scritto “Il Vescovo dà al popolo la bandiera degna di essere difesa / San Zeno dà il vessillo con cuore sereno”.
Il frontone, interamente in marmo bianco, segna la sommità della navata centrale.

Gli altri elementi della facciata
La parte inferiore è dominata dal maestoso portale, rivestito da ben 48 formelle in bronzo, realizzate da vari autori tra il X e XII secolo, le quali raffigurano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. Lateralmente, alcuni bassorilievi risalenti al XII secolo, e raffiguranti soggetti sacri e profani, sono opera dei maestri Guglielmo e Niccolò.
L’imponente campanile di 72 metri, caratterizzato dall’alternarsi di strisce di tufo e cotto, si innalza nella fiancata laterale della Basilica, mentre sulla sinistra sono siti il chiostro ed una torre merlata, resti dell’antica abbazia benedettina.
Interno
L’interno è costituito da tre navate su pianta basilicale. Il presbiterio rialzato contiene alcune opere scultoree e pittoriche di altissimo profilo. Tra queste la Pala di San Zeno di Andrea Mantegna, considerata uno dei più grandi capolavori del rinascimento italiano.
La cripta è situata nella parte più bassa. Essa si articola in dodici navate con volte a crociera. Al suo interno è collocato il sarcofago a vista contenente il corpo di San Zeno.
La Torre dei Lamberti
Verona è anche la città della Torre dei Lamberti, che svetta in piazza delle Erbe, anticamente foro romano. Alta 72 metri, venne fatta costruire dall’allora potente famiglia dei Lamberti nel XI secolo. Come numerosi monumenti veronesi, essa si caratterizza per la realizzazione in tufo e cotto.

Verona scaligera
La Signoria di Cangrande II della Scala regalò a Verona uno dei ponti più affascinanti che attraversano il fiume Adige: il Ponte di Castelvecchio. Facente parte del complesso di Castelvecchio, esso fu fatto costruire dall’allora signore della città tra il 1354 e il 1356. La funzione del ponte era quella di assicurare una via di fuga verso il Tirolo, nel caso di sommosse cittadine da parte delle fazioni nemiche.



Si tratta di un’imponente struttura che si sviluppa a partire dalla Torre del Mastio, posta al centro dell’intero complesso. Si estende poi sino al ponte con tre arcate, costituite da un basamento, e da arcate inferiori interamente costruite in pietra. La parte rimanente è, invece, in cotto. Una serie di capitelli corinzi, murati nella prima pila rivolta verso Castelvecchio testimoniano l’utilizzo di materiale laterizio di origine romana. Il castello che fa parte dell’intero complesso, fu invece voluto come roccaforte militare.



Inizialmente denominato Castello di San Martino in Acquaro, fu chiamato “di Castelvecchio” quando, dopo la costruzione del nuovo castello visconteo sulla sommità del colle di San Piero (1398), esso di conseguenza divenne “vecchio”.
Alla dominazione scaligera risalgono anche le famose Arche Scaligere: si tratta di monumenti funebri dedicati a membri della famiglia della Scala. Esse costituiscono uno delle più grandi testimonianze di arte gotica a Verona. Al loro interno sono contenuti i sarcofagi di alcuni degli esponenti dell’omonima famiglia. In particolare, le spoglie di Cangrande I, Mastino II e Cansignorio riposano al fianco della chiesa di Santa Maria Antica. Tutte le arche sono riccamente impreziosite con bassorilievi. Quest’ultimi rappresentano scene del Vangelo o celebrano le gesta militari del defunto.


Daniela Campus e Samuele Corrente Naso