I simboli dei cavalieri crociati a Siponto

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Dal principio del XII secolo la Puglia guardava a Oriente. Non solo da questa terra si imbarcavano i crociati diretti in Terra Santa, ma vi si producevano gran parte delle derrate alimentari necessarie al sustentamento dei regni cristiani lì stabiliti. Le fertili pianure della regione venivano sfruttate per la coltivazione di grano, cereali, legumi e altri beni agricoli da inviare in Outremer. A tal fine ben si prestava la vasta Capitanata, in cui la città di Siponto costituiva un importante centro politico ed economico. Un ruolo fondamentale nella gestione delle terre, nella raccolta e nella spedizione delle merci era svolto dai più potenti ordini monastico-cavallereschi del tempo: i Cavalieri Teutonici, dalla metà del XIII secolo attestati nell’abbazia di San Leonardo, gli Ospitalieri di San Giovanni e soprattutto i Templari1.

Un esauriente spaccato dei possedimenti crociati in Capitanata è contenuto nel Quaternus de excadenciis et revocatis Capitinatae di Federico II, redatto nel 1249-1250. Era questo il registro dei beni immobiliari posseduti dagli ordini crociati ma la cui locazione era scaduta. Pertanto, l’Imperatore li aveva confiscati per incamerarli nella corona2. Da tale preziosa fonte si scopre che a Siponto l’Ordine del Tempio possedeva estese proprietà. Esse comprendevano pressappoco quindici case con alcuni orti, tre saline, un vigneto e un terreno dove si coltivavano cereali, situato iuxta ecclesiam Sancti Georgii3.

I Templari a Siponto

Il Quaternus dell’Imperatore attesta la significativa presenza dei Pauperes commilitones a Siponto. Tuttavia, non offre un quadro completo del patrimonio templare in città, che doveva essere ben più esteso. Al novero dei beni citati, infatti, per ovvie ragioni non vi sono gli edifici di culto, sebbene sia difficile credere che i Templari non avessero in quella città della Capitanata una chiesa in cui officiare i propri servizi spirituali. La damnatio memoriae cui l’Ordine fu sottoposto dopo lo scioglimento del 1312, per ordine di Clemente V con la celebre bolla Vox in excelso, ha cancellato quasi ogni traccia materiale del loro passaggio in questi luoghi.

Eppure sopravvive qualche sparuto indizio: simboli di un passato lontano e affascinante, immagini che raccontano di cavalieri e di terre lontane da conquistare. Chi vuole rintracciare le orme dei Templari a Siponto deve recarsi in un luogo mistico e affascinante: la basilica di Santa Maria Maggiore.

I simboli dei Templari a Santa Maria Maggiore

Un vialetto precede la basilica di Santa Maria Maggiore, edificio singolare nella sua architettura, che trasmette sensazioni d’Oriente. I suoi magistri costruttori romanici si ispirarono a modelli bizantini, come rivelano la pianta centrale quadrata e la copertura con cupola a vela. Fatto insolito, la facciata è rivolta a nord-ovest, mentre due absidi sono affiancate in direzione sud-ovest e sud-est. La planimetria rivela che, con ogni probabilità, l’abside occidentale era contrapposta a una più vetusta facciata, in seguito traslata sul lato attuale. Sul nuovo prospetto, entro una losanga, spicca il segno di riconoscimento per eccellenza dei Cavalieri Templari, la Croce Patente, simbolo della santa missio in Terra Santa e degli ideali crociati.

Possiamo ipotizzare che il nuovo prospetto monumentale di Santa Maria Maggiore venne realizzato non prima del 1200. Intorno al 1155 Siponto era stata distrutta da un assedio di Guglielmo il Malo, sovrano dei Normanni. Inoltre, nel 1223 si era abbattuto sul borgo un tremendo terremoto. La chiesa di Santa Maria fu rinnovata all’indomani del sisma, venne realizzata la cripta e innalzato il piano di calpestio. È possibile che ciò avvenne sotto la sapiente guida dei Templari, a quel tempo diffusi in maniera capillare in tutta la Capitanata. Sull’archivolto di una monofora, e tra le volute di un capitello, nell’abside occidentale troviamo scolpita ancora la croce patente, concessa all’Ordo Templi da papa Eugenio III nel 1147.

Sullo stesso prospetto una losanga ospita un altro simbolo caro ai Templari: la scacchiera. Le caselle del tavoliere si alternano bianche e nere al pari del vessillo bipartito templare, il Beauceant, ma soprattutto sono espressione del dualismo tra bene e male, luce e tenebre. La scacchiera rappresentava lo spazio della battaglia escatologica per la salvezza dell’umanità, alla quale i Cavalieri contribuivano con la loro missione in Terra Santa.

La basilica di Santa Maria Maggiore a Siponto

Dalla facciata, scandita da arcate cieche su semicolonne, si accede alla chiesa oltrepassando un bel portale scolpito, preceduto da un protiro con leoni stilofori. Una volta varcata la soglia si viene colpiti dalla disposizione spaziale degli elementi, che sono investiti da una luce calma e diffusa proveniente da quattro monofore sulla cupola, sormontata da un lanternino. Ampi archi si elevano su quattro pilastri, ai quali vennero addossate delle colonne angolari in marmo cipollino, chiari elementi di reimpiego, come i capitelli corinzi di età costantiniana che le sormontano. La cripta sottostante è a cinque navate, con volte a crociera sostenute da venti colonne e quattro piloni circolari.

Santa Maria Maggiore fu edificata nello spazio attiguo alla grande e diruta cattedrale paleocristiana. La cattedrale, esistente già dalla fine del IV secolo, era stato ricostruita dai vescovi Felice (V secolo) e Lorenzo (entro il 545)4. La disposizione assiale dei due edifici fa supporre che sul luogo della basilica di Santa Maria potesse esservi in origine un battistero dedicato a San Giovanni5.

Su di esso venne impiantata una chiesa romanica a cavallo tra l’XI e il XII secolo, quando erano vescovi i benedettini Guisardo (1062 circa) e Geraldo (1064-1076 circa). Abbiamo notizia di una solenne consacrazione alla presenza di papa Pasquale II nel 1117. La cerimonia accompagnò la reposizione delle reliquie di San Lorenzo Maiorano nell’altare maggiore e forse proprio in quell’occasione avvenne il passaggio delle funzioni liturgiche dal vecchio edificio, ormai in rovina, al nuovo. Dall’antica basilica di Siponto provengono l’icona di una Madonna nera e una statua lignea con bambino, custodite nell’odierna cattedrale di Manfredonia.

L’abbazia di San Leonardo in Lama Volara a Siponto e i Cavalieri Teutonici

Lungo la via che conduceva i pellegrini al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano, iuxta stratam peregrinorum6, venne costruita l’abbazia di San Leonardo in Lama Volara a Siponto. Il complesso monastico fu quasi certamente opera dei canonici di Sant’Agostino, che lo innalzarono a cavallo tra l’XI e il XII secolo, sebbene manchino le fonti documentali sulla sua fondazione. La chiesa si compone di tre navate absidate: quella centrale coperta da una coppia di cupole innestate su tamburi ottagonali; le laterali possiedono volte a botte. Il nome dell’abbazia deriva dal fatto che in epoca normanna quella valle era probabilmente frequentata da banditi (voleurs), da cui Lama Volara7.

L’abbazia fu costruita proprio per ospitare e assistere i pellegrini diretti al Gargano, perciò vi era annessa una domus hospitalis8. La prima attestazione del complesso di San Leonardo è contenuta in una donazione del 1127 con la quale i cittadini sipontini Cataldus, Maraldus, Guiso e Sbimmirus cedevano ad esso le loro terre9.

Simbologia e architettura di San Leonardo in Lama Volara

La facciata è rivolta a occidente ed è scandita da archetti, in serie suddivise da lesene, motivo che ricorre in tutto il perimetro dell’edificio. Un grande portale ispirato a modelli francesi, di fine XII secolo, s’innesta invece sul fianco settentrionale. L’ingresso è introdotto da un corto protiro del secolo seguente, le cui colonne sono sovrastate da grifoni, rimando alla doppia natura celeste e terrestre del Cristo. Due leoni stilofori, posti alla base, sono colti mentre azzannano un uomo e un pesce, metafora del peccatore e forse del mostro marino che ingoiò Giona, allegoria del male. Come un leone implacabile Cristo veglia sulla sua chiesa.

L’ingresso è racchiuso da una cornice esterna con elegante motivo ornamentale a tralci, presente anche sulla porzione esterna dei piedritti, ove è popolato da animali e creature mostruose del bestiario romanico. Lungo gli stipiti interni e le ghiere dell’archivolto si distende una decorazione a palmette. Al centro della lunetta è raffigurato Cristo giudice entro una mandorla. Il Salvatore è affiancato da due angeli e sovrastato sulla ghiera dai simboli degli Evangelisti. Vi sono poi altre figure scolpite che richiamano la salvezza e il combattimento contro il male. Tra queste, si riconoscono il re David che suona la cetra nelle vesti di un centauro e un cervo, simbolo di Cristo vittorioso. Ad essi opposti ecco un drago e un’altra figura malefica che suona un corno, allegoria dell’anticristo.

I capitelli dei piedritti ospitano un’Adorazione dei Magi e la visita di un pellegrino a Michele presso il Santuario sul Gargano. Entrambe le scene appaiono di straordinaria resa plastica ed emozionante realismo. L’Arcangelo è rappresentato mentre solleva la sua spada e poi nell’atto di colpire il drago con la sua lancia. Il prospetto settentrionale è incorniciato da pregevoli mensole con peducci, a ridosso del tetto a spiovente.

L’arrivo dei Cavalieri Teutonici

Nella prima metà del Duecento San Leonardo visse un periodo di grande prosperità sotto la sapiente guida del priore Riccardo (in carica dal 1152). Dagli inizi del XIII secolo, tuttavia, l’Abbazia entrò in una profonda crisi economica, le cui prime avvisaglie dovettero esservi già sotto il priorato di Pietro (1184-1224). Alla metà del secolo il monastero versava ormai in condizioni di grande incuria, dovute alla mancanza di risorse e alla distruttiva incursione dei Saraceni che risiedevano a Lucera. Inoltre, il terribile terremoto, che nel 1223 rase al suolo Siponto, di certo causò ingenti danni anche a San Leonardo in Lama Volara10.

Per salvare il monastero, papa Alessandro IV ne affidò le strutture ai Teutonici, i quali avevano la sede principale in Santa Maria di Corte di Barletta, con una bolla datata 26 novembre 1260. Presso l’absidiola di destra della chiesa, sulla parete affrescata, si possono osservare le insegne dell’Ordine. A San Leonardo in Lama Volara di Siponto, dopo tutti questi secoli, su bianchi scudi campeggia ancora la croce nera di quei fieri cavalieri crociati.

Samuele Corrente Naso

Note

  1. K. Toomaspoeg, Gli insediamenti templari, giovanniti e teutonici nell’economia della Capitanata medievale, in Federico II e i cavalieri teutonici in Capitanata. Recenti ricerche storiche e archeologiche, Atti del Convegno internazionale, (Foggia-Lucera-Pietra Montecorvino, 10-13 giugno 2009), Galatina, 2012. ↩︎
  2. G. De Troia, Foggia e la Capitanata nel Quaternus excadenciarum di Federico II di Svevia, Foggia, 1994. ↩︎
  3. L. Petracca, L’Ordine dei Templari in Capitanata. Storia, sviluppi, aspetti e problematiche, in Mélanges de l’École française de Rome, Moyen Âge, 2016. ↩︎
  4. A. Campione, Lorenzo di Siponto: un vescovo del VI secolo tra agiografia e storia, Vetera Christianorum, 2004. ↩︎
  5. M. Cagiano De Azevedo, Le due ‘vite’ del Vescovo Lorenzo e il mosaico ‘delle città’ a Siponto, in Puglia paleocristiana, vol. 3, 1979. ↩︎
  6. F. Camobreco, Regesta Chartarum Italiae, Roma, 1913. ↩︎
  7. S. Mastrobuoni, S. Leonardo di Siponto, Manfredonia, 1951. ↩︎
  8. J. Mazzoleni, Le carte del monastero di S. Leonardo della Matina in Siponto, Società di Storia Patria per la Puglia, Bari, 1991. Si veda l’atto pontificio di Innocenzo II datato 30 giugno 1137. ↩︎
  9. Ibidem nota 6. ↩︎
  10. A. D’Ardes, Note intorno alle vicende architettoniche del complesso abbaziale di San Leonardo in “Lama Volara” presso Siponto, in A. Ventura, Cabreo di San Leonardo (XVII secolo), E.S.I. editrice, Manfredonia, 1999. ↩︎

Autore

Samuele

Samuele è il fondatore di Indagini e Misteri, blog di antropologia, storia e arte. È laureato in biologia forense e lavora per il Ministero della Cultura. Per diletto studia cose insolite e vetuste, come incerti simbolismi o enigmatici riti apotropaici. Insegue il mistero attraverso l’avventura ma quello, inspiegabilmente, è sempre un passo più in là.

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