La città di Messina vanta origini remote. L’antica Zancle, toponimo che si fa derivare dal siculo Ζὰγκλης, ossia “falce”, venne fondata da coloni Cumani e Calcidesi nell’VIII secolo a.C., come testimoniato dallo storico Tucidide1. Il nome derivò certo dalla forma della penisola di San Ranieri, dove oggi è collocato il porto della città.
“Fu fondata in origine quando dalla colonia calcidese di Cuma, nel territorio degli Opici, arrivarono dei pirati; in seguito venne un gran numero di coloni anche da Calcide e dal resto dell’Eubea […]”.
Tucidide, Guerra del Peloponneso, VI, 4
Brevi cenni storici
La città fu poi occupata dagli ioni Sami e Milesi, che fuggivano dai Persiani in seguito alla sconfitta nella battaglia di Lade del 494 a.C., al seguito dal tiranno di Rhegion Anassilao. Questi, dopo aver sterminato parte della popolazione, ripopolò il luogo con cittadini dorici della Messenia, giacché era originario di quel luogo, e perciò la città assunse il nome di Messana. Da qui nacque l’odierno toponimo di Messina.
Le guerre puniche e il dominio romano
La città combatté al fianco dei Siracusani contro i Cartaginesi, giacché sin dall’epoca in cui era tiranno Gerone I (478 a.C.- 466 a.C.) si trovava sotto la sfera d’influenza della potenza aretusea. Dal 405 a.C. entrava così a far parte dei possedimenti del tiranno Dionisio I, che si proclamava Arconte di Sicilia.
Messana rimase sotto il controllo dei Siracusani sino al 288 a.C., quando fu occupata dalle legioni dei Mamertini, mercenari italici provenienti dalla Campania, che ne fecero la base delle loro razzie piratesche. E non appena sorsero contrasti con Gerone II di Siracusa2, il tiranno aveva infatti ottenuto un’importante vittoria presso il torrente Longano presso i Campi Milesi (270 a.C.), i Mamertini chiesero l’aiuto di Cartagine, che prese possesso di parte della città. Tuttavia, poi si rivolsero ai Romani per respingerne l’ingombrante presenza, evento che determinò lo scoppio delle guerre puniche. Una spedizione militare guidata dal console Appio Claudio Cadice traversò lo Stretto e occupò Messina nel 264 a.C.3, e da allora la città si poté dire romana. Fino all’età augustea conobbe quindi un periodo d’espansione demografica e discreta ricchezza.
Fino all’anno mille
Messina fu sede vescovile nel periodo bizantino e roccaforte dei Goti. Nell’843 fu invece conquistata dagli Arabi, evento a cui seguirono quasi due secoli di dominazione musulmana.
Nel 1061, con l’avvento del normanno Ruggero d’Altavilla, Messina fu liberata dagli invasori mediorientali. Da questo momento in poi, la città iniziò a potenziare i traffici marittimi e commerciali, soprattutto grazie all’ampia zona portuale di cui era provvista. Il culmine del progresso economico e sociale fu raggiunto sotto l’imperatore svevo Enrico VI, il quale le donò ampi privilegi. Messina, a cavallo del tredicesimo secolo, rappresentava un punto di riferimento fondamentale per i traffici marittimi del Mediterraneo.
Messina dal Medioevo ai nostri giorni
Messina passò quindi nelle mani di Federico II di Svevia e successivamente di Manfredi (1258). Durante i Vespri Siciliani (1282) si ribellò al dominio degli Angioini; fu elevata al grado di capitale dagli Aragonesi, con il privilegio di poter stampare moneta. Nel 1347 alcune navi genovesi provenienti da Caffa approdarono presso il porto cittadino, introducendo in Europa quel terribile morbo chiamato peste nera, di cui Messina fu purtroppo primissimo testimone.
Dal XVI secolo Messina entrò a far parte dell’Impero spagnolo, soggiacendo al medesimo destino di tutta la Sicilia. Gli iberici provvedettero ad ampliare il porto e a fondare l’Università (1548), oltre a edificare l’importante arsenale militare cittadino.
Nel 1674 Messina si ribellò agli Spagnoli e resistette a un lungo assedio ma, sebbene sostenuta da alleati Francesi, dovette infine sottomettersi agli invasori, che imposero condizioni durissime. Da quel momento la città entrò in una profonda crisi economica che si trascinò per decine di anni, acuita dalla peste del 1743 e dal terremoto del 1783, che tra le altre cose devastò il Duomo.
Messina combatté strenuamente contro gli invasori napoleonici e, in epoca di restaurazione borbonica, partecipò ai moti del 1848, evento per il quale subì ingenti bombardamenti. Essa entrò nel nuovo Regno d’Italia nel 1860, dovendosi arrendere all’avanzata delle truppe di Giuseppe Garibaldi.
Il terremoto del 1908 ed i bombardamenti
La mattina del 28 dicembre del 1908 Messina fu colpita da un devastante terremoto, forse l’evento sismico più tragico che mai interessò la penisola italiana. La città venne rasa al suolo completamente e perirono circa ottantamila persone. Si stima che il sisma perdurò per trentasette infiniti secondi, fu di magnitudo 7.1 e provocò un catastrofico maremoto che investì Messina, con onde alte dai sei ai dodici metri di altezza.
Una volta ricostruita, Messina fu nuovamente distrutta dagli alleati nel corso della Seconda Guerra Mondiale; le cronache narrano che fu probabilmente la città più colpita dai bombardamenti aerei. I palazzi, ricostruiti con criteri antisismici in seguito al terremoto del 1908, erano infatti restii a crollare, e per tale ragione vennero bersagliati con maggiore insistenza.
Il tesoro dei Cavalieri Teutonici si trova a Messina?
A Messina esiste una chiesa molto particolare, una delle poche ad aver resistito al terremoto del 1908, chiamata Santa Maria Alemanna o “degli Alemanni”, in onore del priorato a cui appartenne per lunghi decenni: i Cavalieri Teutonici4. Ciò nondimeno, l’edificio ha origini più antiche. È probabile che le strutture primitive appartenessero all’Ordine Cistercense; soltanto per opera dell’Imperatore Enrico VI di Svevia furono date in concessione ai “Fratelli della Casa Ospitaliera di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme”.
Qualche anno dopo, nel 1220, Federico II vi annesse un ospedale per assicurare ai Cavalieri, di ritorno dalle crociate in Terra Santa, accoglienza e ristoro. Il complesso di Santa Maria degli Alemanni appartenne ai Teutonici sino al 1485. Esso è indicato tutt’oggi come altissima espressione dell’arte gotica nel Sud Italia. Dopo la Battaglia di Lepanto (1571), vi trovò ristoro persino lo spagnolo Miguel de Cervantes, l’autore della celebre opera Don Chisciotte della Mancia.
Ebbene, secondo una tradizione popolare messinese, nei sotterranei della chiesa di Santa Maria degli Alemanni sarebbe sepolto nientemeno che il tesoro dei Cavalieri Teutonici. La leggenda afferma che alcuni operai, mentre svolgevano dei lavori di restauro, avrebbero rinvenuto numerose monete d’oro; si narra ancora che sotto la chiesa sarebbero presenti dei vani, posti a molti metri di profondità e racchiusi da robustissime porte di ferro, alle quali nessuno è mai riuscito ad accedere. L’ingresso ai sotterranei, infatti, sarebbe andato perduto nel tempo e dimenticato per sempre.
La leggenda della Fata Morgana
La Fata Morgana è un fenomeno ottico, assai simile a un miraggio, spesso documentato sulle rive dello Stretto di Messina. Il nome richiama la leggendaria strega celtica che, nei racconti della mitologia, provocava visioni in mare di castelli ed enormi navi, per catturare gli ignari marinai che tentavano di raggiungerli. La distorsione ottica si manifesta attraverso l’ingrandimento dell’immagine percepita, in condizioni di forti gradienti di temperatura tra differenti strati d’aria. Sullo Stretto di Messina è il lembo di mare ad assumere contorni incerti e ballerini, facendo sì che le case, da una riva all’altra, appaiano talmente ingigantite da sembrare a portata di braccio. Il fenomeno può interessare chiaramente anche le barche che sovente lo attraversano, tanto da apparire rarefatte al pari delle mitologiche navi fantasma, come l’Olandese Volante.
Secondo il mito, la Fata Morgana spesso si sarebbe manifestata per giungere in aiuto della città di Messina. Le leggende tramandano di una prima visita allorché un re barbaro si era ripromesso d’invadere la Sicilia. Giunto sullo Stretto, e ingannato dal tremendo incantesimo ottico, il sovrano avrebbe visto l’altra riva assai più prossima di quanto fosse nella realtà. Quindi si sarebbe tuffato, convinto di poter raggiungere l’Isola a nuoto. Ma più s’affannava ad avanzare, più la riva s’allontanava, tanto che infine, si racconta, annegò miseramente.
Ancora, la Fata Morgana avrebbe condotto lungo le acque uno splendente carro, trainato da cavalli, al fianco di Ruggero d’Altavilla, che s’appressava a liberare la Sicilia dagli Arabi.
I misteri di Antonello da Messina
Antonello da Messina fu forse il più importante pittore rinascimentale del Quattrocento siciliano. Il suo stile è caratterizzato dal connubio tra dettami artistici di gusto fiammingo e una sorprendente profondità artistica e psicologica. In questo aspetto si cela la straordinaria aura di mistero del pittore messinese, che si rivela attraverso celebri dipinti, come il Ritratto d’ignoto marinaio.
Chi era costui? Si tratta di un marinaio dell’epoca, o piuttosto di un nobile uomo? L’opera ha ispirato le più disparate interpretazioni per via del suo enigmatico sorriso, al pari della Gioconda di Leonardo da Vinci. Seduttore, pungente, ironico, beffardo… Si tratta di un uomo che conosceva una scomoda verità? Egli ha il sorriso di uno che “molto sa e molto ha visto”, come ebbe a dire Vincenzo Consolo nel 19765. Ma chi realmente fosse è un mistero avvolto nella nebbia.
Un altro celebre dipinto di Antonello da Messina, è l’Annunciata. L’opera è assai particolare perché, contrariamente alla tipica iconografia rinascimentale, manca un protagonista indiscusso della scena: l’arcangelo Gabriele.
Anche in questo caso il quadro manifesta la forte caratterizzazione psicologica del protagonista. Maria, con aria di profonda accettazione, sembra ascoltare e accogliere le parole dell’Arcangelo, che tuttavia… non c’è!
La città sommersa di Risa
Una leggenda, tornata alla ribalta negli ultimi anni, racconta di una perduta città sommersa, che oggi giace sotto il lago di Torre Faro a Messina. Si dice che l’insediamento, in onore della principessa che lo governava, si chiamasse Risa, e che esistesse prima della venuta dei Greci in Sicilia. Un terribile terremoto dell’antichità l’avrebbe quindi sommersa per sempre e tale borgo si troverebbe ancora sotto le acque lacustri del Lago Piccolo di Ganzirri, l’estrema punta orientale di Messina. I resti dell’abitato, secondo alcuni, sarebbero ancora visibili quando l’acqua è particolarmente chiara. Inoltre, avvicinandosi alla superficie del lago durante l’approssimarsi di una tempesta, si udrebbe chiaramente il rintocco di una campana: quella della sommersa città di Risa.
La leggenda, pure, narra che in prossimità di essa si trovasse un tempio dedicato al Dio Nettuno ma che, per la presenza di uno spaventoso mostro marino, sarebbe stato col tempo abbandonato. Si tratta forse del mitologico e gigantesco Cariddi, che affondava le navi in transito per mezzo di terribili vortici marini, e che la mitologia colloca proprio in prossimità dello Stretto di Messina?
Shakespeare era di Messina?
Agli inizi degli anni duemila cominciò a circolare una clamorosa ipotesi sulla vera identità di William Shakespeare, in seguito alle pubblicazioni dello studioso Martino Iuvara6. Il grande drammaturgo e poeta, infatti, potrebbe non essere inglese come sostiene la storiografia ufficiale, ma siciliano! In particolare, secondo Iuvara, le sue origini sarebbero da ricercarsi proprio nella città di Messina. Il vero nome dello scrittore corrisponderebbe a quello di Michelagnolo Florio Crollalanza, figlio del medico Giovanni Florio e Guglielma Crollalanza. Il Siciliano Michelagnolo si sarebbe convertito al protestantesimo e, per sfuggire all’inquisizione, sarebbe stato costretto a rifugiarsi in Inghilterra. Qui avrebbe assunto il nome della madre, che in inglese può essere tradotto come William Shakespeare.
Testimonianza tangibile dell’identità messinese dell’autore sarebbe, secondo i sostenitori della tesi, la commedia Molto rumore per nulla, interamente ambientata nella città siciliana. La traduzione “Tantu trafficu pe’ nnenti” è una tipica espressione molto in voga sullo Stretto. Shakespeare, d’altronde, dimostrava di conoscere molto bene gli usi, i costumi, la geografia e finanche i detti della città di Messina. È proprio il caso di dire “Mìzzeca, eccellenza!”, per citare Shakespeare con le parole del comandante Carruba.
Samuele Corrente Naso
Mappa dei luoghi
Note
- Tucidide, Guerra del Peloponneso, V secolo a.C. ↩︎
- Polibio, Storie, 1:9.7-9.8. ↩︎
- Polibio, Storie, 1:11.3. ↩︎
- G. Agnello, L’architettura civile e religiosa in Sicilia nell’età sveva, 1961. ↩︎
- V. Consolo, Il sorriso dell’ignoto marinaio, Einaudi, 1976. ↩︎
- M. Iuvara, Shakespeare era italiano, Ispica 2002. ↩︎